2019-05-07
Suicidio Pd, sponsor per le elezioni è l’ultrà anti italiano Moscovici
Stasera il candidato dem Roberto Gualtieri si presenta agli elettori con Paolo Gentiloni e il commissario europeo che più ci ha attaccato in questi anni. È solo l'ultimo degli atti di soggezione al mondo macroniano e filo austerity.Vogliamo chiamarlo «harakiri Pd»? Alle 18 di oggi, martedì 7 maggio, Roberto Gualtieri, cioè uno dei candidati forti del Partito democratico alle elezioni europee, aprirà la sua campagna a Roma. Gualtieri, che il Pd mette terzo in lista nella circoscrizione Centro Italia dopo la «quota rosa» obbligatoria Simona Bonafé e dopo il più noto volto televisivo di David Sassoli, ha 52 anni e da dieci è eurodeputato, mentre da quasi cinque presiede la commissione per i Problemi economici del Parlamento di Bruxelles. Nel suo programma, Gualtieri sostiene di essere stato «in prima linea nella lotta contro l'austerità europea e per una riforma del Patto di stabilità», e di essere «tra gli artefici dell'introduzione delle nuove regole sulla flessibilità, che hanno consentito all'Italia di evitare 43 miliardi di tagli e tasse».Con queste premesse da grande lottatore per gli interessi italiani, volete sapere chi stasera Gualtieri schiererà sul palchetto, accanto a sé? Tenetevi forte: perché è Pierre Moscovici, dal 2014 commissario europeo agli Affari economici e monetari, cioè il supremo responsabile dell'economia Ue. So già che cosa vi state chiedendo, increduli: proprio quel Moscovici? Ma sì lui, proprio lui: il mitico camaleonte francese che tra 2012 e 2014, da ministro socialista dell'Economia sotto François Hollande, scavallava con clamorosa strafottenza il limite invalicabile del 3% nel rapporto tra deficit e Pil del suo Paese (per l'esattezza: il 4,8% nel 2012, il 4,2% nel 2013, il 3,9% nel 2014) e poi, una volta entrato nella granitica Commissione Ue di Jean-Claude Junker, ha scelto l'Italia come suo personale punching-ball e da allora l'ha stalkerata, brutalizzata, massacrata per i suoi ben più modesti sforamenti. Sì, sì: proprio quel Moscovici. Quello che, con il fare arrogante tipico di chi in gioventù è stato militante trotskista, oggi va in giro dichiarando che per l'Europa (ma soprattutto in Italia) girano tanti «petits Mussolini», con l'accento sulla i. Quello che, con la faccia tosta dello sciovinista che fino a ieri plaudiva al blocco delle frontiere francesi contro i «noirs» accampati sugli scogli di Ventimiglia, oggi sentenzia che «gli italiani hanno scelto un governo risolutamente xenofobo, che anche sulle questioni migratorie tenta di disfarsi degli obblighi europei». Quello stesso Moscovici che lo scorso autunno, con le sue improvvide dichiarazioni in tv, godeva nel far balzare all'insù lo spread italiano. Negli annali sono rimaste tante sue sparate, ma basta ricordarne due del 28 settembre: «L'Italia sta facendo scelte che rischiano d'impoverire i suoi cittadini», e «Chi fa rilancio economico quando è indebitato ottiene il risultato opposto, e alla fine paga sempre il popolo». Quel giorno, anche grazie alle parole pronunciate a Parigi da monsieur Moscovici, a Roma in poche ore lo spread saltava da 236 a 282 punti. In dicembre perfino il Corriere della Sera, che proprio non è un foglio sovranista, era arrivato a scrivere che «i maligni arrivano a raffigurare Moscovici come portatore di precisi interessi d'Oltralpe: quelli che non vedono male un crollo dell'economia e della Borsa italiane per fare shopping a buon mercato nel nostro sistema industriale e finanziario». Ecco. Questo è il simpatico personaggio che oggi alle 18 si troveranno di fronte gli elettori romani del Pd, accorsi speranzosi all'inaugurazione della campagna per le europee. La salita del bombastico Pierre sul palco, accanto al mite Gualtieri, darà la plastica dimostrazione finale che il Pd è caduto vittima dell'ultima versione aggiornata della «Sindrome di Stoccolma», la psicopatologia che lega la vittima al carnefice: colpiti dall'«immunodeficienza acquisita» a Bruxelles, i dem hanno deciso di iniziare la corsa al voto del 26 maggio abbracciando il commissario Ue che più si è divertito a trasformarsi in stalker dell'Italia. Speriamo soltanto che stasera, sul palco, tra Moscovici e Gualtieri non finisca come nelle manesche comiche dei Brutos: i mitici personaggio di Carosello che negli anni Sessanta diventarono star della tv per i sonori schiaffoni che uno dava e l'altro godeva a ricevere in faccia. Del resto, il Pd ha trovato un posto in lista anche a Beatrice Covassi, che dal 2016 è stata al vertice della Rappresentanza in Italia della Commissione europea di Junker. E sempre il Pd ha deciso di candidare la bresciana Caterina Avanza, che è coordinatrice per le elezioni europee di En Marche, oltre che curatrice della campagna elettorale del presidente francese, Emmanuel Macron. La Covassi ha subito scelto il suo slogan elettorale, «Riapriremo i porti»: un motto efficace, in un Paese in cui il 70% degli elettori dice di rifiutare la presenza dei troppi immigrati. Quasi in permuta per l'Avanza, il Pd ha poi prestato ai francesi Sandro Gozi, già sottosegretario agli Affari europei con Matteo Renzi, e non vi sorprenderà che a candidarlo Oltralpe sia il partito di Macron. Insomma, c'è un legame sempre più stretto ed evidente tra i dem italiani e i francesi odiatori dell'Italia.È per tutto questo se può venire in mente che il Pd, in qualche maniera, stia masochisticamente puntando al karakiri. Non bastava, del resto, che il nuovo segretario Nicola Zingaretti avesse ripescato le parole d'ordine di alcune disastrose campagne del passato, per esempio tornando a proporre lo «ius soli» proprio nel momento in cui le cronache continuano a proporre con frequenza inquietante casi di omicidi e di violenze sessuali attribuiti a immigrati. No. Ci voleva qualcosa di più forte. Pensa e ripensa, è spuntato Moscovici: perfetto testimonial del nuovo Pd.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
Continua a leggereRiduci