2024-05-15
Sudan, già 10.000 morti. E si muovono i sauditi
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Al centro, il generale Abdel-Fattah al Burhan (Getty Images)
La guerra civile nel Paese africano è uno dei peggiori disastri umanitari della storia recente. Dopo 13 mesi di combattimenti si è trasformata in un conflitto etnico. In Darfur le atrocità peggiori ai danni della popolazione. L’Arabia Saudita, in accordo con gli Stati Uniti, sta organizzando a Jeddah un nuovo incontro fra le parti anche grazie alla mediazione di al-Sisi.Oltre un anno di guerra civile in Sudan non ha riempito le pagine dei media internazionali che hanno derubricato il conflitto sudanese ad un evento ormai cronicizzato. Ma a Khartoum si continua a combattere e a morire tutti i giorni. Il 15 aprile del 2023 iniziavano gli scontri fra l’esercito regolare guidato dal generale golpista Abdel-Fattah al Burhan e le Forze di Supporto Rapido del generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti. Questa feroce battaglia coinvolgeva tutte le province del grande stato africano ed in tredici mesi di guerra provocavano circa 15mila morti, 30mila feriti ed oltre 8 milioni di sfollati stando ai dati della Ong International Rescue Committee. Le Nazioni Unite parlano di uno dei peggiori disastri umanitari nella storia recente e solo dopo un anno si è aperta una conferenza internazionale promossa da Germania, Francia e Unione Europea. Una conferenza alla quale non parteciperanno le fazioni in guerra e che ha tutta l’aria di non portare a nessun risultato concreto. I due grandi contendenti facevano parte della stessa giunta militare che aveva preso il potere in Sudan, rovesciando il governo civile di Abdalla Hamdok e dopo una lunga serie di minacce e ritorsioni avevano deciso di affrontarsi militarmente schierando le forze in campo. La capitale Khartoum era diventato il principale campo di battaglia con l’aviazione rimasta fedele ai governativi che martellava le postazioni dei paramilitari di Hemeti asserragliati nei quartieri settentrionali della città. Le Forze di Supporto Rapido forti di oltre centomila uomini avevano cercato di prendere il controllo delle principali vie di comunicazione, soprattutto nella provincia occidentale del Darfur, luogo di origine della maggior parte di questi uomini. L’esercito governativo composto da circa trecentomila soldati ha risposto pesantemente con artiglieria e mezzi corazzati, quasi tutti nelle mani dei regolari. I paramilitari di Hemeti ricevono finanziamenti dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti e sono stati addestrati ed armati dai mercenari dell’ormai ex Wagner Group. L’esercito di al-Burhan è appoggiato dall’Egitto e riceve soldi dal Qatar e può vantare un certo riconoscimento internazionale. Lo scontro ha colpito pesantemente la popolazione che è stata depredata di tutto da entrambi i combattenti e che per settimane non è riuscita ad uscire di casa per cercare cibo e acqua potabile. Le scuole sono chiuse da un anno e funzionano soltanto un terzo degli ospedali. Ma la guerra sudanese si è anche trasformata in un conflitto etnico che ha travolto ancora una volta il Darfur. Qui i paramilitari di Hemeti hanno iniziato una vera e propria pulizia etnica ai danni delle tribù Masalit e Fur, popolazione africane stanziali da sempre perseguite dai pastori nomadi arabi fra i quali le Forze di Supporto Rapido arruolano. Si calcola che oltre 10mila persone siano state uccise nell’area di Geneina dall’inizio del conflitto e gli uomini di Hemeti, diretti eredi dei Janjaweed (diavoli a cavallo) che avevano provocato 200mila vittime fra il 2002 ed il 2003 sempre in Darfur, imperversano incontrollati. Hussen Awad Ali, viceministro degli Esteri e ministro degli Esteri ad interim dopo le dimissioni del suo predecessore non usa mezzi termini. «Mohamed Hamdan Dagalo ed i suoi mercenari sono dei ribelli criminali che stanno massacrando il nostro popolo e cercando di rovesciare il legittimo governo del Sudan. Come ha detto il nostro leader generale al Burhan non ci sarà nessun negoziato, né trattativa con le Forze di Supporto Rapido e non smetteremo di combattere finchè non saranno definitivamente sconfitti ed il loro capo consegnato alla giustizia internazionale. Hanno distrutto il Sudan e privato la nostra gente di tutto. I mercenari di Dagalo commettono atrocità a Khartoum, a Al Geneina ad Al Jazira. Li stiamo cacciando dal Kordofan e dalla città di El Obeid, ma è in Darfur che stanno commettendo le peggiori atrocità. Hanno in mano una parte importante della provincia ( in realtà tutte le principali città sono controllate dai ribelli ndr) e stanno commettendo ogni genere di crimine. Ho incontrato personalmente gli emissari del Qatar per spiegare chi sono questi mercenari, ma ancora ricevono finanziamenti dall’estero e noi vogliamo che questo fiume di denaro cessi immediatamente». L’Arabia Saudita, in accordo con gli Stati Uniti, sta organizzando a Jeddah un nuovo incontro fra le parti anche grazie alla mediazione di al-Sisi vero mentore di al-Burhan, ma difficilmente porterà a qualcosa stando alle parole del responsabile esteri di Khartoum. “Vogliamo sradicare le milizie di Dagalo dal sacro suolo del Sudan, non accettiamo nessun compromesso con lui ed i suoi ribelli criminali. Noi rappresentiamo il legittimo governo del Sudan e lottiamo per il nostro popolo che vuole la vittoria e la pace.” Entrambi i combattenti chiedono l’arresto dell’avversario, ma la Corte Penale Internazionale che sta indagando sulla guerra civile sudanese sospetta che entrambi gli schieramenti si siano già macchiati di crimini contro l’umanità.
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