2019-04-26
Su Siri Lega e M5s si menano ancora. E dai grillini colpo basso sulla mafia
Dopo la nostra rivelazione sulla registrazione fasulla, Matteo Salvini è convinto che «i magistrati faranno in fretta». Luigi Di Maio richiede le dimissioni e attacca il leghista: «Se dici di combattere le cosche non puoi avere ombre». Ma il finto audio preoccupa i 5 stelle. Lo stato maggiore pentastellato faceva conto sull'intercettazione per la campagna delle europee. Senza «pistola fumante» la rincorsa al Carroccio diventa più accidentata. Procedura Ue, Paolo Savona e troll russi. Quante fake news da Via Solferino. Tra le notizie farlocche spicca la stangata mai arrivata da Bruxelles (con annesso litigio tra inviato e vicedirettore) e l'orda di «agenti» che avrebbero attaccato il Colle via Web. Lo speciale contiene tre articoli. Nessuna voglia di festeggiare, ieri, al Corriere della Sera. Lo scoop del nostro Giacomo Amadori ha svelato che l'intercettazione con tanto di virgolettato, pubblicata in prima pagina venerdì scorso dal Corriere, «Ci è costato 30.000 euro», riferita a Siri, per i pm non esiste. Identico discorso per il contenuto dell'articolo, firmato da Fiorenza Sarzanini: «“Questa operazione ci è costata 30.000 euro" dice l'imprenditore Paolo Arata al figlio Francesco, riferendosi ai compensi destinati ad Armando Siri per modificare i provvedimenti legislativi. Una cimice della Dia (Direzione investigativa antimafia, ndr)», scriveva il Corriere venerdì scorso, «registra la conversazione». Bene (anzi, male): quella conversazione, quel virgolettato, agli atti, non c'è, come hanno confermato alla Verità gli stessi inquirenti: «Le intercettazioni sui giornali? Sono false. Quelle frasi non ci sono nel fascicolo». Non potendo far finta di nulla, ma evidentemente in imbarazzo per la fake news propinata ai suoi lettori, ieri il Corriere ha pubblicato sul suo sito internet un articolo firmato dalla stessa Sarzanini che, invece di smontarlo, conferma al 100% lo scoop della Verità e rappresenta una piena anche se involontaria confessione da parte del quotidiano. La Sarzanini non fa alcun riferimento a quanto rivelato dalla Verità, ma pubblica il decreto di perquisizione eseguito nei confronti dell'imprenditore Paolo Franco Arata. Il pm Mario Palazzi scrive: «Siri Armando, senatore della Repubblica e sottosegretario di Stato, in tale duplice qualità di pubblico ufficiale, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, asservendoli a interessi privati (…) riceveva indebitamente la promessa e/o la dazione di 30.000 euro da parte di Paolo Franco Arata». Carta canta: nel documento pubblicato ieri dal Corriere non c'è traccia di quel virgolettato così pulp, «Ci è costato 30.000 euro», che il quotidiano sparò in prima pagina una settimana fa. Molto pulp, ma pure molto fiction: quel virgolettato, come ammette la stesso Corriere pubblicando le carte di indagine, è comparso dal nulla. Non solo: la Sarzanini rivela anche, pubblicando il documento, che nemmeno l'accusa afferma con certezza che Siri abbia ricevuto quei denari. «Riceveva indebitamente la promessa e/o la dazione di 30.000 euro da parte di Paolo Franco Arata», c'è scritto nel documento, pubblicato dal Corriere con tanto di evidenziatore fosforescente e lente di ingrandimento. A proposito di fosforo, al Corriere evidentemente sono convinti che i loro lettori ne siano scarsamente dotati: prima pubblicano una bufala grande quanto il Colosseo, e poi, dopo che LaVerità ha smascherato la fake news, imbastiscono una difesa senza ammettere esplicitamente l'errore, nel tentativo maldestro di confondere le acque e salvare la faccia. Diversa la strategia di Repubblica, giornale che pure sparò l'intercettazione tarocca in prima pagina, ma che ieri, sull'edizione Web, non faceva alcun cenno alla bufala, confidando probabilmente nella scarsa memoria dei suoi lettori (anche questi, evidentemente, carenti di fosforo secondo i responsabili del quotidiano). Lo scoop della Verità ha avuto inevitabili ripercussioni sul piano politico. «Stamattina», ha detto ieri Matteo Salvini, «ho letto che le intercettazioni non esisterebbero. Se così fosse sono sicuro che giudici, magistrati e avvocati faranno bene e in fretta il proprio lavoro. Ho parlato con Siri: gli ho chiesto sei tranquillo? Mi ha risposto di sì, e allora sono tranquillo pure io. In un Paese civile se si indaga qualcuno bisogna ascoltarlo un'ora dopo, non settimane dopo. Siri resta dov'è? Ci mancherebbe. Il presidente del Consiglio ha il diritto di incontrare chi vuole», ha aggiunto il ministro dell'Interno, «le polemiche sono lontane». Il riferimento di Salvini è all'incontro in programma lunedì prossimo tra Armando Siri e il premier Giuseppe Conte. Chi invece attacca ancora ad alzo zero la Lega è Luigi Di Maio: «Siri», ha detto ieri il leader del M5s, «si deve dimettere da sottosegretario, e lo dico a tutti, anche al presidente del Consiglio, perché noi in qualche modo lo abbiamo disinnescato e neutralizzato togliendogli le deleghe, ma quella è una indagine di corruzione che riguarda anche fatti di mafia. Puoi anche andare a Corleone a dire che vuoi liberare il Paese dalla mafia», ha aggiunto Di Maio, riferendosi a Salvini, che ieri era appunto a Corleone, «ma per farlo devi soprattutto evitare che la politica abbia anche solo un'ombra legata a inchieste su corruzione e mafia. La mafia la elimini se prima di tutto dai l'esempio. Quell'inchiesta che mi auguro veda prosciolto il sottosegretario Siri è un'inchiesta che non può assolutamente contemplare il concetto di garantismo». «Mi sono impegnato», ha commentato serafico Salvini, «a non rispondere sulle polemiche, sono in modalità zen». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/su-siri-lega-e-m5s-si-menano-ancora-e-dai-grillini-colpo-basso-sulla-mafia-2635559448.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="ma-il-finto-audio-preoccupa-i-5-stelle" data-post-id="2635559448" data-published-at="1758064561" data-use-pagination="False"> Ma il finto audio preoccupa i 5 stelle Lo scoop di ieri del nostro Giacomo Amadori ha avuto sul partito guidato da Luigi Di Maio un effetto diverso rispetto a quello che ci si poteva aspettare. Invece di gioire perché quella intercettazione così cruda, «Ci è costato 30.000 euro», relativa all'inchiesta sul sottosegretario leghista Armando Siri, non esiste, il Movimento pentastellato sembra aver accolto la notizia con un pizzico di fastidio. Invece di sentirsi sollevati, gli alleati di governo della Lega avrebbero pensato soprattutto al fatto che la rivelazione della Verità, alleggerendo almeno sul piano mediatico la posizione di Siri, e finisce con il rendere più difficoltosa la battaglia senza esclusione di colpi che il M5s sta portando avanti contro l'alleato di governo. Per parare il colpo, ieri il M5s ha continuato a sparare a zero contro Siri con dichiarazioni di fuoco da parte dei big. «Il governo deve andare avanti», ha detto il capo politico, Luigi Di Maio, «ma noi diciamo che il sottosegretario Siri deve andare a casa. Tutti possiamo sbagliare, ma la differenza sta nella reazione della politica. Cortesemente facessero il loro dovere morale e rimuovessero Siri». «I magistrati devono avere i loro tempi», ha sottolineato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, «ma la politica deve avere altri tempi, la sua risposta non può essere: aspettiamo i tempi della giustizia. Borsellino diceva che un politico non deve essere solo onesto ma deve apparire onesto». «Augurando a Siri di essere assolutamente estraneo a tutto», ha attaccato il sottosegretario Stefano Buffagni, «io credo che quando un membro del governo viene coinvolto in un caso così grave in cui addirittura è coinvolta la mafia, il governo del cambiamento debba assolutamente dare dei segnali di taglio netto con quei mondi. E spero che, visto che Salvini è andato a Corleone, oggi abbia capito quanto è importante che questo governo dia un taglio secco con la mafia». «C'è l'innocenza fino a prova contraria», ha esternato il presidente della Camera, anima dell'ala più oltranzista grillina, Roberto Fico, «ma quando ci sono situazioni particolarmente gravi i partiti devono senza dubbio dare una risposta forte». La tolda di comando della comunicazione pentastellata, che pare aver accolto lo scoop della Verità con una certa delusione, ha evidentemente sguinzagliato i «pezzi grossi» del M5s, dando ordine di attaccare la Lega tirando in ballo la mafia, visto che sui 30.000 euro non si può più azzannare apertamente l'alleato. Considerato che l'accostamento tra Siri e la mafia esiste solo nei comunicati stampa e nelle dichiarazioni degli esponenti del M5s, appare evidente che i grillini, più che ragionare sui provvedimenti di cui ha bisogno l'Italia, si stanno dedicando 24 ore su 24 alla delegittimazione della Lega, sperando di arginare l'emorragia di consensi registrata in tutte le ultime tornate elettorali e segnalata dai sondaggi. Il giustizialismo, però, è un'arma a doppio taglio: i leghisti preferiscono non alimentare polemiche, ma qualcuno dovrebbe spiegare perché casi come, ad esempio, quello della capolista alle Europee del M5s, nel collegio Nord ovest, Maria Angela Danzì, indagata dalla Procura di Brindisi per «invasione di terreni pubblici», non meritano lo stesso trattamento da parte dei vari Di Maio, Fico, Bonafede, Buffagni e compagnia dichiarante. Per non parlare di Marcello De Vito, presidente M5s del Consiglio comunale di Roma, arrestato lo scorso 20 marzo per corruzione, che da regina Coeli ha scritto una lettera al sindaco Virginia Raggi con la quale ha comunicato di non volersi dimettere. Mors tua vita mea, sembra ormai la parola d'ordine dei vertici del M5s, ai quali - almeno a giudicare dalle dichiarazioni - sta più a cuore indebolire l'alleato che salvaguardare la stabilità del governo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/su-siri-lega-e-m5s-si-menano-ancora-e-dai-grillini-colpo-basso-sulla-mafia-2635559448.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="procedura-ue-savona-e-troll-russi-quante-fake-news-da-via-solferino" data-post-id="2635559448" data-published-at="1758064561" data-use-pagination="False"> Procedura Ue, Savona e troll russi. Quante fake news da Via Solferino Sbagliare è umano, perseverare è… Corriere. Ormai da molti mesi, con la - diciamo - «sfortunata» direzione di Luciano Fontana, a Via Solferino si susseguono casi, uno più grave dell'altro, di svarioni e incidenti, non di rado oggetto di furiose polemiche interne, malamente sedate. Infatti, oltre allo svarione sull'intercettazione inesistente contro Armando Siri, solo per limitarci all'ultimo anno, ce ne sono almeno altri quattro. Il primo è forse il più clamoroso, perché a svelarlo è stato il corrispondente da Bruxelles del Corriere, Ivo Caizzi, in una lettera al Comitato di redazione (poi integralmente pubblicata dalla Verità l'8 gennaio). Oggetto del contendere un retroscena «sparato» in prima pagina dal Corriere il 1° novembre scorso, a firma del vicedirettore Federico Fubini, su una procedura di infrazione Ue contro l'Italia. Piccolo dettaglio: nessuna procedura di infrazione era stata o sarebbe stata decisa. La denuncia-ricostruzione di Caizzi è feroce quanto lucida: chiede di «verificare e valutare il comportamento del direttore Luciano Fontana», parla di una procedura Ue «inesistente», e aggiunge di «non ricordare in 30 anni un'altra “notizia che non c'è" simile in quella collocazione sul Corriere». La requisitoria di Caizzi è spietata: chiede tra l'altro «se il direttore ritenga che le “notizie" con annuncio della procedura e smentita della trattativa Ue-Italia possano aver influito - magari anche marginalmente e inconsapevolmente - sui mercati finanziari: favorendo di fatto mega speculatori, che in quei giorni scommettevano capitali ingenti sulla destabilizzazione dell'Italia (e sui conseguenti crolli in Borsa e aumenti degli spread sui titoli di Stato italiani)». E il direttore Fontana? Si limita a una replica piuttosto balbettante: «È davvero inverosimile che si giudichi il risultato finale (l'accordo tra Italia e Ue) per dire che i passi iniziali verso la procedura d'infrazione non fossero veri». E ancora: «La manovra italiana presentata con un deficit al 2,4% è stata respinta categoricamente e in tutte le sedi è stata giudicata passibile di procedura d'infrazione. Il Corriere ha raccontato con rispetto dei fatti sia le minacce di procedura che la trattativa...». Appunto, e qui sta l'evidentissima debolezza della risposta di Fontana: «passibile» e «minacce», il che è molto diverso dal dare al lettore la sensazione di una decisione quasi certa o pressoché acquisita, come obietta Caizzi. Il secondo episodio (ancora a firma dell'infaticabile Fubini) è l'indimenticabile campagna del Corriere contro i presunti «troll russi» che avrebbero partecipato a un attacco online contro il Quirinale. Titolo-choc del 2 agosto: «Le manovre dei russi sul Web e l'attacco coordinato a Mattarella». Salvo leggere a metà dello stesso articolo la retromarcia: «È impossibile sapere se i troll russi abbiano avuto un ruolo anche nell'alimentare l'ultima campagna contro il capo dello Stato». Insomma, bombe a mano nel titolo, e mani avanti nel corpo dell'articolo. Il terzo - più che un episodio - è una sequenza di retroscena e annunci di dimissioni imminenti del ministro Giovanni Tria, che infatti, molti mesi dopo, siede ancora sulla sua poltrona al Mef. Il quarto è (di nuovo Fubini all'attacco) il presunto «giallo» sul ruolo dell'ex ministro Paolo Savona nel fondo Euklid. Il 13 ottobre Fubini spara a palle incatenate, ma Savona lo gela («il suo è il nulla mascherato da un falso», scrive perfidamente l'ex ministro ora alla guida della Consob) facendo sapere di essersi dimesso da quell'incarico già il 20 maggio 2018. Come si vede, nonostante anni di campagne contro le presunte fake news altrui, nonostante editoriali dai toni sprezzanti e sussiegosi, Via Solferino sembra avere un serio problema con il rischio-bufala. Peraltro - coincidenza? - sempre contro il governo, sempre con l'effetto oggettivo di danneggiare questo esecutivo. Mai - guarda caso - un errore con un'eventuale ricaduta positiva per i gialloblù. Torna alla mente la memorabile battuta di Donald Trump all'inviato della Cnn: «You are fake-news».