La serie danese The Rain racconta l'apocalisse causata dai cambiamenti climatici. Niente zombie o maledizioni: a uccidere questa volta sono piogge acide. La seconda stagione partirà il 17 maggio e verrà trasmessa in tutto il mondo sulla piattaforma di streaming.
La serie danese The Rain racconta l'apocalisse causata dai cambiamenti climatici. Niente zombie o maledizioni: a uccidere questa volta sono piogge acide. La seconda stagione partirà il 17 maggio e verrà trasmessa in tutto il mondo sulla piattaforma di streaming. All'interno una gallery fotografica.La lezione di Greta Thunberg, la piccoletta con la treccia bionda e lo sguardo corrucciato che, in Svezia, s'è rifiutata di entrare a scuola per dare una sveglia al proprio governo lassista, è arrivata alla plenaria della Cop 24, nei salotti italiani. S'è sparsa per il mondo con la virulenza che i fenomeni mediatici portano con sé. E al mondo ha ricordato quanto pericolo e concreto sia quel che va sotto il nome di "climate change". «La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso», ha sentenziato Greta, nei suoi abiti da quindicenne, standosene tutta fiera davanti alla platea di Katowice, in Polonia. «Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo», ha continuato, ignara che il futuro di orrori paventato nel suo intervento pubblico ha già avuto una rappresentazione per immagini su Netflix, dove il 17 maggio debutta la seconda stagione di The Rain.The Rain è una serie danese: un dramma piuttosto giovanile nel quale si racconta l'apocalisse. Un apocalisse che, diversamente da quanto visto nella televisione più recente, non ha le sembianze di un qualche virus zombificante né di una guerra aliena, ma di un pericolo climatico. La popolazione danese, nella serie Netflix, è decimata da una pioggia acida, conseguenza di orripilanti azioni umane. La pioggia cade sul suolo danese e ne bagna gli abitanti. È un attimo. Lo spazio di un tuono e questi cadono a terra, preda di convulsioni e febbri. I danesi si ammalano e, uno ad uno, muoiono. I sopravvissuti, pochi, lasciano le città, le case nelle quali sono cresciuti e si ritirano in zone sicure, consapevoli che, con il calare del solo, puntuale ogni giorno, la pioggia tornerà a battere.«Tantissimi show, film, serie e libri sono ambientati in scenari post-apocalittici simili a quello di cui tratta The Rain», ha raccontato Lucas Lynggaard Tønnesen, che nella produzione Netflix è Rasmus Andersen, un ragazzino problematico che sembra essere immune al virus. «Penso che sia un tema molto vicino a noi al momento, basti pensare al cambiamento climatico e a quel che sta generando. È un tema, questo, con il quale penso che chiunque possa relazionarsi: è molto convincente, molto forte, è un tema che chiunque, in questo momento storico, può comprendere», ha continuato l'attore che, ospite a Milano del Seriescon, è parso ben consapevole del carico d'attualità che la produzione danese si porta appresso. Riferimenti alla piccola Greta Thunberg non ce ne sono stati. Né Lucas Lynggaard Tønnesen ha voluto esibirsi in panegirici sul ruolo che i governi occidentali hanno giocato nell'emergenza. Tuttavia, l'apocalisse così come l'ha descritta The Rain, nelle parole del ragazzo, ha assunto i contorni di un evento, se non reale, quanto meno possibile. Ipotetico.The Rain, a differenza di una The Walking Dead qualsiasi, è giocata sulle conseguenze di un'emergenza reale. E questo, almeno in parte, potrebbe servire a spiegarne il successo. La prima stagione del dramma danese, che nella seconda dovrebbe concentrarsi maggiormente sulla metamorfosi in atto nel personaggio di Lucas Lynggaard Tønnesen, ha saputo attrarre a sé un pubblico composito. Ha saputo dare adito ad un dibattito. «The Rain è il primo show danese visto in tutto il mondo. È incredibile, non riesco ancora a realizzare che così tante persone possano guardare questo show», ha ammesso l'attore, diciannove anni a luglio. «Dopo aver girato la prima stagione, non avevamo idea di come sarebbe andata: chi l'avrebbe visto, se avrebbe avuto successo. Abbiamo scoperto che la prima stagione è piaciuta molto ai giovani e quindi abbiamo cercato di trovare una formula per parlare a loro» ha continuato, presentando una seconda stagione in cui al realismo dell'apocalisse climatica sembra mescolarsi il surrealismo dovuto alle mutazioni genetiche. Cose da supereroi, o quasi.
Nadia Battocletti (Ansa)
I campionati d’atletica a Tokyo si aprono col secondo posto dell’azzurra nei 10.000. Jacobs va in semifinale nei 100 metri, bronzo nel lancio del peso per Fabbri.
Ansa
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Maria Sole Ronzoni
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Prima puntata del viaggio alla scoperta di quel talento naturale e poliedrico di Elena Fabrizi. Mamma Angela da piccola la portava al mercato: qui nacque l’amore per la cucina popolare. Affinata in tutti i suoi ristoranti.