2021-09-29
Il mostro Morisi è perfetto per oscurare le indagini più fastidiose
Matteo Salvini e Luca Morisi (Ansa)
Cancellate in un colpo solo le battaglie anti proibizionistiche e quelle a favore della legge Zan pur di colpire Salvini e il suo guru. Sui media oscurati i grandi scandali giudiziari come Consip e Ilva e l'inchiesta sulle super consulenze agli amici di GiuseppiSi è aperta la stagione di caccia: con Luca Morisi (e Matteo Salvini, inutile far finta che non sia così) nella scomoda parte delle prede, inseguiti da cacciatori armati fino ai denti e da una muta di cani famelici.L'odore del sangue eccita il branco politico e mediatico, e libera certi istinti antichi della sinistra: altro che garantismo, altro che presunzione di innocenza, e (cosa ancora più rivelatrice) altro che stile di vita libertario difeso e rivendicato in mille altre occasioni. Stavolta, in nome della possibilità di massacrare il nemico, è volato via ogni travestimento, è perfino svanita la preoccupazione di rifarsi un minimo di maquillage tollerante ed empatico. La caccia è caccia, a maggior ragione a pochi giorni da un voto amministrativo.Così, con sprezzo del pericolo, la casetta veneta di Morisi è divenuta - a testate alternate - una specie di covo di Pablo Escobar, il leggendario narcotrafficante colombiano, oppure una succursale di Sodoma e Gomorra. E sarebbe naturalmente graditissimo un eventuale cumulo delle ipotesi, che già ingolosisce chi spera di trovare chissà cosa nei telefoni di Morisi.Il Corriere e il Fatto puntano sulla droga: «Due grammi di cocaina», strilla il Corrierone, fingendo di non sapere che esattamente quell'informazione trasmette più che altro l'idea dell'uso personale (che di per sé non è reato) ed eventualmente della condivisione con persone consenzienti. Ma il tono tambureggiante della cronaca sembra più adatto all'eventuale cattura di Matteo Messina Denaro: si legge di una «retata» (parola attribuita ai mitici «vicini» di casa), poi di un «incrocio di testimonianze» e di una «perquisizione», quest'ultima avvenuta più di un mese fa, anche se - casualità? - la notizia dell'inchiesta è esplosa solo nella settimana pre-elettorale. Il Fatto resta sulle sostanze stupefacenti e parla anche di una «boccetta con dentro del liquido incolore». L'analisi non è ancora avvenuta, e la sostanza potrebbe anche non risultare illegale, come il pezzo aggiunge correttamente, ma il titolo è da giallo-pulp: «Il via vai in cascina, il flacone “in coda" e la coca di Morisi».Eppure, tutto questo dev'esser sembrato ancora poco ai giornaloni del gruppo Gedi, che la buttano nemmeno troppo subliminalmente sul lato sessuale. Ecco la Stampa: «Quel festino è durato due giorni». Anche qui c'è l'inseguimento dei vicini, con esiti tragicomici. La signora Serafina ammette: «State cercando un fantasma. Non ha mai partecipato a un'assemblea di condominio». Mentre la signora Cristina ci rende partecipi del dramma della sua cagnolina rispetto ai rumori dell'insolito (e presunto) festino: «La cagnolina non ci faceva dormire». Roba grossa, capite bene: altro che trattativa Stato-mafia…In cerca di emozioni forti, Repubblica la spara ancora più grossa in prima pagina, a caratteri cubitali: «Morisi, droga dello stupro». Poi, con toni da stampa reazionaria degli anni Cinquanta, il racconto ci porta tra Sodoma e Gomorra: «Morisi […] non è solo. Morisi e il suo ospite ricevono due ragazzi romeni di circa vent'anni […] e che probabilmente hanno conosciuto online». Non manca un bel virgolettato attribuito agli investigatori, forse - si potrebbe pensare - non troppo ansiosi di mantenere il riserbo sulle indagini: «Non sappiamo i dettagli del rapporto di Morisi con queste due persone, ma si tratta di una frequentazione assolutamente saltuaria». Insomma, ci siamo capiti: l'essenziale era trasmettere al lettore il senso di un'atmosfera. Missione compiuta.E, se non parlassimo di cose serie e delicate, ci sarebbe perfino da ridere nel ricordare la piccola valanga di articoli in cui, con sopracciglio alzato e matita blu in mano, gli editorialisti di Rep si sono scagliati per anni contro l'uso dispregiativo dei riferimenti alle nazionalità straniere (ma stavolta dire «romeni» tornava utile alla narrazione, probabilmente). Per non dire delle campagne contro l'omofobia e a favore della legge Zan: stavolta, invece, il raccontino pepato sul possibile incontro di Ferragosto tra quattro maschi dev'essere piaciuto in redazione. E le campagne antiproibizioniste dove le mettiamo? Fino all'altro ieri, pagine su pagine a favore dei referendum per la legalizzazione delle droghe: salvo però, da ieri, mostrificare un caso di uso personale.Intendiamoci bene: la storia è massimamente imbarazzante a destra, inutile negarlo. Predicare posizioni rigide o addirittura ultrarigide e poi smentirle nella pratica determina un innegabile cortocircuito. Ma è un cortocircuito uguale e contrario a quello di chi, a sinistra, difende un certo lifestyle (se si tratta degli amici) e poi pubblica paginate di criminalizzazione e risatine (se si tratta dei nemici).Da ultimo, e non si tratta certo di una considerazione marginale in questi giorni politicamente roventi, Morisi è tornato utile ai giornaloni (e ai partiti) avversi anche come il più prezioso dei parafulmini. In un colpo solo, sono sparite (Verità a parte, e con altre rare eccezioni) l'inchiesta Consip, l'inchiesta Ilva e l'inchiesta che riguarda alcuni ex colleghi di studio di Giuseppe Conte. Per carità: la presunzione di innocenza deve valere anche in quei casi. Intanto però in prima pagina ci va solo Morisi, descritto come un mostro.
La leggendaria bacchetta svela le ragioni che l’hanno portato a fondare una vera e propria Accademia per direttori d’orchestra, che dal 2015 gira il mondo per non disperdere quel patrimonio di conoscenze sul repertorio operistico che ha ereditato dai giganti della scuola italiana.
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa). Nel riquadro la copertina del numero di «Panorama» da oggi in edicola