2021-04-10
Strega comanda color. Il governo gioca con gli indici e ci tinge un po’ più d’arancione
La politica si nasconde dietro all'Rt per non riaprire. Punitala Sardegna, fino a poco fa bianca. Il giallo resta «vietato»Il venerdì è ormai il giorno dell'oracolo: dopo l'illustrazione monocorde di una serie di dati da parte degli scienziati, si ufficializzano i passaggi o le permanenze delle Regioni da un colore a all'altro, previa ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza. Un rito che, di settimana in settimana, di decreto in decreto, con la sempre maggiore fumosità dei criteri di giudizio e la progressiva complessità dei parametri, sembra aver perso ogni barlume di buon senso ed essersi sganciato definitivamente dalla realtà. E così può capitare che una Regione come la Sardegna si ritrovi in zona rossa, stando alle perifrasi utilizzate dal ministero della Salute e dell'Iss, a causa dell'abuso della zona bianca (in cui era stata promossa dalle stesse autorità sanitarie) fatto fino a due settimane fa. Oppure che, sulla base dello stesso criterio che ha portato in rosso i sardi, al momento vi siano ben quattro Regioni e due province autonome con numeri da giallo e una addirittura da bianco, che però devono tenere bar, ristoranti, palestre e piscine chiuse, perché è stato deciso che per tutto il mese di aprile si potrà tenere conto solo dei peggioramenti ma non dei miglioramenti della situazione. Sullo sfondo, la disperazione delle categorie di lavoratori più esposte alla crisi, che stanno cominciando a rivivere lo spettro di un anno fa, quando la mancanza di date e procedure certe per la riapertura delle attività ha compromesso la possibilità di sfruttare al meglio la naturale tregua estiva offerta dal virus. Ma andiamo a quanto stabilito ieri: come si è detto, la Sardegna, che era in zona arancione, si aggiunge a Puglia, Campania e Valle d'Aosta nella lista delle Regioni «rosse», in base a un Rt pari a 1,54. Un numero che, in sostanza, quando è in salita può determinare il sostanziale lockdown nel giro di una settimana, mentre quando scende necessita di almeno un paio di settimane di «osservazione» per giustificare provvedimenti meno restrittivi. Poi c'è il «gruppone» delle Regioni che dal rosso passano all'arancione, che sono la Calabria, l'Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, il Piemonte e la Toscana, che si aggiungono a quelle che erano state già inserite nel Purgatorio del Covid, vale a dire l'Abruzzo, la Basilicata, il Lazio, la Liguria, le Marche, il Molise, la Sicilia, l'Umbria, il Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano. La cosa curiosa è che, se non ci fosse stato il decreto del governo che ha vietato le zone gialle fino al 30 aprile, il Trentino Alto Adige, il Veneto, l'Umbria, le Marche e l'Abruzzo sarebbero con ogni probabilità stati in questa fascia, avendo sia l'Rt che l'incidenza al di sotto delle soglie di maggiore allarme, con il Molise addirittura in odore di «bianco». E se seguissimo il governo nel suo approccio fideistico ai numeri, vedremmo che anche l'incidenza nazionale per 100.000 casi è sensibilmente diminuita negli ultimi giorni (185 contro 232 della scorsa settimana) e l'Rt nazionale è ormai stabilmente sotto l'1 (0,92 contro lo 0,98 di sette giorni fa). Non basta: sono ben 13 le Regioni con un indice Rt inferiore all'unità, un indice che, per fare un altro esempio, nell'Emilia Romagna di Stefano Bonaccini è precipitato a 0,81 per cento, senza però che nessun barista o ristoratore possa rialzare la saracinesca. Numeri da tenere senza dubbio d'occhio, ma che potrebbero indurre l'esecutivo a riconsiderare la scelta di tenere tutto chiuso fino a fine mese. L'impressione, però, è che quando la situazione richiederebbe iniziative di natura politica, la politica preferisca eclissarsi dietro a delle combinazioni di dati che, in un modo o nell'altro, danno sempre lo stesso risultato, che è quello di lasciar tutto così com'è. Intanto, da lunedì chi è in zona rossa, oltre a trovare aperti solo i negozi di prima necessità, non potrà spostarsi liberamente e potrà farlo solo per un giustificato motivo. Sono inoltre vietate le visite ad amici e parenti, sempre se non lo richieda un giustificato motivo, mentre le lezioni in presenza saranno garantite per le scuole materne, elementari e per la prima media. Per la gran parte degli italiani che si troveranno in zona arancione, invece, sarà possibile muoversi liberamente all'interno del proprio Comune e andare a trovare, una volta al giorno, amici e parenti in numero massimo di due persone, accompagnate da minori di 14 anni. Chi vive in un Comune con meno di 5.000 abitanti potrà spostarsi per un raggio di 30 chilometri, senza però poter raggiungere il capoluogo. Resta ovviamente il coprifuoco dalle 22 alle 5, così come restano chiusi bar e ristoranti, che potranno fare solo asporto e consegna a domicilio fino alle 22 (salvo che per i bar senza cucina, dove l'asporto è consentito fino alle 18), mentre riaprono i negozi, i parrucchieri e i centri estetici. Quanto alla scuola, nelle aree arancioni la didattica in presenza è estesa alle classi fino alla terza media e per gli alunni delle scuole superiori è garantita almeno al 50 per cento fino a un massimo del 75 per cento.