2024-03-27
Stellantis taglia 2.500 posti in Italia. In un anno di Algeria già 2.000 assunzioni
Lo stabilimento Stellantis di Cassino (Getty Images)
Intesa sugli esuberi incentivati a Mirafiori e Cassino. In Africa cresce la produzione. Urso tratta con Tesla per i camion elettrici.Agnelli-Elkann: per la difesa, sulla successione non c’è reato penale. A giorni il verdetto sui sequestri.Lo speciale contiene due articoli.Che Stellantis stesse abbandonando l’Italia spostando una parte consistente del suo baricentro in Africa, l’avevamo già detto. Che la strategia full electric del colosso dell’automotive stesse iniziando a mostrare le prime crepe (ordini sotto le aspettative e costi superiore alle attese), pure. Ma che questi due fenomeni si manifestassero con numeri così chiari ed evidenti a strettissimo giro era difficile da prevedere. Eppure, ieri è stata la Fiom a comunicare con grande solerzia i circa 2.500 esuberi nei siti di Mirafiori, Cassino e Pratola Serra. In realtà si tratta di uscite volontarie che rientrano nell’accordo quadro che Cisl e Uil avevano formato a differenza dei metalmeccanici della Cgil. Stiamo quindi parlando di persone che prendono un incentivo per lasciare l’azienda e che, in molti casi (evidenziano le due sigle firmatarie) erano vicine alla pensione. Certo. Ma comunque parliamo di tagli. A fronte dei quali non sono previsti altri ingressi. Tagli che portano i lavoratori Stellantis in Italia ad appena 40.000 unità. E tagli che confermano appunto quanto si diceva sopra: la scarsa centralità del Belpaese rispetto agli obiettivi del gruppo e i risultati fino a oggi fallimentari della strategia sull’elettrico. Più nello specifico: a Torino ci saranno 1.560 uscite volontarie, a Cassino 850 (di cui 300 in trasferta a Pomigliano) e a Pratola Serra 100. E gli esuberi potrebbero non essere ancora finiti, visto che ci sono ancora in ballo i siti di Pomigliano e Melfi. Se le reazioni dei sindacati rientrano anche in una logica di rapporti tra le diverse sigle (per la Fiom la situazione è drammatica, per Cisl e Uil si sono evitati i licenziamenti), fanno più riflettere la dichiarazione di un portavoce di Stellantis Italia che vanno dritte al cuore del problema: «Questi accordi», precisa, «rientrano nell’ambito delle iniziative attuate da Stellantis per affrontare gli effetti del processo di transizione energetica e tecnologica in corso e che sta interessando il settore automotive in tutti i suoi aspetti (fornitori in tutta Europa) [...]. L’automotive mondiale sta cambiando velocemente e l’Italia ha un ruolo cruciale da svolgere attraverso questa trasformazione epocale».Al di là di alcune parole di circostanza, il senso è abbastanza chiaro: siamo nel pieno della transizione green e questo è il prezzo che tocca pagare. Certo, verrebbe, da dire, se la transizione fosse stata affrontata in modo più graduale forse gli impatti sarebbero stati minori. Anche perché tocca vedere, nelle stesse ore, Samir Cherfan, il direttore della regione Africa e Medio Oriente di Stellantis, annunciare via social i risultati oltre le miglio aspettative del gruppo in Algeria. Il confronto si fa impietoso se guardiamo alle assunzioni che in appena un anno hanno raggiunto quota 1.124 dipendenti per lo svolgimento delle operazioni commerciali (con l’aggiunta di 18.600 ore di formazione), mentre nella fabbrica di Orano sono stati già creati oltre 650 posti (e 95.000 ore di formazione) destinati a breve ad aumentare. Non solo. Perché gli altri numeri messi nero su bianco dal manager dicono che in un solo anno sono stati importati 97.000 veicoli, il tasso di soddisfazione del cliente ha raggiunto quota 90% sia per i servizi di vendita sia per quelli post-vendita e che con 50 concessionari distribuiti su 30 province è stato raggiunto un tasso di copertura pari al 76% del territorio dell’Algeria. «Stiamo mantenendo le nostre promesse», spiega Cherfan su LinkedIn, «per plasmare il futuro dell’industria, contribuire alla crescita economica della nazione, sviluppare professionisti locali altamente qualificati e fornire un’incredibile valore ai nostri clienti algerini».Torniamo però all’Italia. Perché il Sole 24 Ore ha parlato di contatti del ministero delle Imprese di Adolfo Urso con Elon Musk per portare la Tesla in Italia: produrrebbe camion e furgoni elettrici. Il famoso secondo player del quale tanto si parla. Interlocuzioni ci sono state anche con tre produttori cinesi, sempre per eventuali investimenti nell’elettrico: Byd, Great Wall Motors e Chery Automobile. Con quest’ultimo, in particolare, il dialogo sarebbe entrato in uno stadio più avanzato dopo una serie di sopralluoghi in ex aree industriali del Sud proposte dai funzionari del Mimit come possibili localizzazioni. Portare un altro costruttore nel Paese avrebbe un duplice obiettivo: da una parte «strappare un grande investimento in Italia», dall’altra «scuotere il dialogo con Stellantis prospettando al gruppo guidato da Carlos Tavares una scomoda concorrenza in Italia». Sul risultato non ci sono garanzie, sui tempi sarebbe meglio affrettarsi perché il rischio è che al suo insediamento, il secondo produttore non trovi più il primo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/stellantis-tagli-francia-2667610692.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gli-avvocati-dei-fratelli-elkann-vogliono-cavarsela-con-una-multa" data-post-id="2667610692" data-published-at="1711531490" data-use-pagination="False"> Gli avvocati dei fratelli Elkann vogliono cavarsela con una multa Il mancato versamento della tassa di successione contestata ai fratelli Elkann per l’eredità della nonna Marella Agnelli non è previsto tra i reati penali nel nostro ordinamento, ma è punito con una semplice sanzione amministrativa. È quanto hanno sostenuto, secondo quanto ricostruito, i legali della difesa nelle quattro ore di udienza al tribunale del Riesame per determinare la legittimità del secondo decreto di sequestro emesso dalla procura di Torino per l’inchiesta sull’eredità Agnelli. Tesi, quella della difesa, respinta dai pm che conducono le indagini, che hanno sostenuto come il fatto che non sia espressamente prevista la fa comunque ricadere tra le norme generali. Oggetto del confronto tra i legali degli indagati - John, Lapo e Ginevra Elkann e il commercialista torinese Gianluca Ferrero - e i pm torinesi che conducono l’inchiesta, la legittimità dell’atto con il quale i magistrati inquirenti hanno trattenuto tutto il materiale sequestrato nel corso delle perquisizioni dello scorso 8 febbraio, nell’ambito dell’indagine partita da un esposto di Margherita Agnelli del 2022, che metteva in dubbio la residenza svizzera di Marella, vedova di Gianni Agnelli, sostenendo che in realtà la donna avesse trascorso la maggior parte del tempo in Italia e dunque la successione avrebbe dovuto essere regolata dalla legge italiana. Sui sequestri di febbraio si è pronunciato una prima volta il tribunale del Riesame, alla fine del mese scorso, accogliendo in parte i rilievi sollevati dalle difese e disponendo la restituzione di parte del materiale. In particolare quello riguardante la Dicembre, ovvero la società che a cascata controlla la holding Exor e le sue partecipazioni in Ferrari, Stellantis, Cnh, Philips. Dopo la prima decisione del Riesame, i pm hanno quindi emesso un nuovo decreto di sequestro, che ha aggiunto la nuova ipotesi di reato - la truffa ai danni dello Stato per la mancata tassa di successione sul patrimonio di Marella - alla dichiarazione fiscale fraudolenta contestata in precedenza. E ha ampliato il numero degli indagati per includere, oltre a Ferrero, il notaio svizzero Urs Von Grunigen e John Elkann, anche i fratelli di quest’ultimo. Da qui il nuovo ricorso al Riesame. Durante il lungo confronto i legali della difesa - Paolo Siniscalchi, Federico Cecconi e Carlo Re per i fratelli Elkann, Marco Ferrero e Paolo Davico Bonino per Ferrero - secondo quanto ricostruito, hanno contestato davanti al giudice anche la «pertinenza» e la «proporzionalita» del nuovo materiale sequestrato ai fini dell’ipotesi accusatorie. Tra le contestazioni dei difensori il principio ne bis in idem per quale non sarebbe possibile un secondo sequestro sugli stessi documenti già in parte dissequestrati dal Riesame. Secondo i pm, invece, la legittimità del secondo sequestro sarebbe basata sulla nuova ipotesi di reato, la truffa ai danni dello Stato, mancante al tempo del primo sequestro. E in virtù dell’allargamento del numero di indagati. Al termine dell’udienza il giudice del riesame si è riservato la decisione, attesa nei prossimi giorni. Uscendo dall’aula, i legali delle difese si sono detti «fiduciosi» sull’esito del giudizio. Come preannunciato nei giorni scorsi, i difensori degli indagati hanno anche formalizzato la richiesta dell’incidente probatorio per i dispositivi elettronici sequestrati: telefoni, pc, tablet e schede di memoria dai quali andranno estratti i dati potenzialmente rilevanti per l’indagine. Nei giorni scorsi, i pm hanno anche presentato ricorso in Cassazione contro la prima decisione del Riesame.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
Continua a leggereRiduci