2018-04-26
Tra Stato-mafia e 007, ora un renziano può diventare il capo dei servizi segreti
Mario Parente, vicino al condannato Mario Mori per la Trattativa, puntava alla riconferma per 4 anni. Ma dopo il verdetto si fa largo il «gigliato» Valerio Blengini.Le condanne di primo grado per la trattativa Stato-mafia rischiano di avere ripercussioni sulla riconferma di Mario Parente come direttore dell'Aisi, il nostro servizio segreto interno. C'è grande confusione e attesa, non solo per le incertezze sulla formazione del nuovo governo, tra i vertici del nostro comparto sulla sicurezza. Parente, tra i fondatori del Ros (Raggruppamento operativo speciale) di Mario Mori, è l'unico a non aver beneficiato dei rinnovi decisi il mese scorso dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e dal ministro dell'Interno, Marco Minniti: Alberto Manenti è rimasto un altro anno a capo dell'Aise, il nostro controspionaggio, così come Alessandro Pansa al Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza del governo italiano. A quanto pare sarebbe stato proprio Parente a non chiedere proroghe, confidando sul fatto di poter essere rinnovato per altri quattro anni come numero uno della nostra Agenzia di informazioni per la sicurezza interna, quella addetta a sorvegliare il territorio italiano, «a protezione degli interessi politici, militari, economici scientifici e industriali dell'Italia». Parente ha 61 anni, quindi non ha problemi di pensione (il limite è 65). Fu nominato nel 2016 per due anni (il massimo sono due mandati da quattro). In più è slegato da logiche politiche. E ha ricevuto nel 2015 il grado di prefetto, proprio per essere tutelato: in assenza di quello altri generali di corpo d'armata militari (non Ros) avrebbero potuto aspirare al suo posto. Non solo. Fonti dell'intelligence spiegano che passando all'Aisi non ha commesso l'errore di «Ros-sizzarlo», come invece fece Mori ai tempi del Sisde: all'epoca infatti il servizio segreto civile veniva chiamato ironicamente il «Ros-de». Eppure tra i gangli dello Stato circola un certo malumore non solo tra le forze dell'ordine - Polizia e Guardia di Finanza in particolare - ma pure a livello politico, con il solito assalto da parte del Giglio Magico di Matteo Renzi a occupare le caselle più importanti dei nostri servizi segreti. Se rimarrà all'opposizione l'ex segretario del Pd punta a occupare il Copasir in questa legislatura, ma se dovesse accettare un accordo con il Movimento 5 stelle a livello di governo allora i piani potrebbero cambiare. Non a caso, il 2 dicembre del 2016, a due giorni dal referendum istituzionale, l'allora presidente del Consiglio promosse a caporeparto dell'Aisi il suo «007 preferito», ovvero Valerio Blengini, per più di dieci anni capocentro a Firenze, ora vicedirettore. L'altro vicedirettore è Vincenzo Delle Femmine. È proprio Blengini l'uomo su cui Renzi vuole puntare il 10 giugno per sostituire Parente. In più c'è chi fa notare che da troppi anni ai vertici dell'Aisi ci siano esponenti dell'Arma dei carabinieri. Dalla riforma del 2007, infatti, oltre al passaggio di consegne tra Mori e il «poliziotto» Franco Gabrielli (2007-2008), i numeri uno sono stati il generale dell'Arma Giorgio Piccirillo, il generale Arturo Esposito e infine appunto Parente. È venuto il momento di un ricambio? Di sicuro potrebbe pesare la sentenza sulla trattativa Stato-mafia della settimana scorsa, che ha messo alla sbarra tutti i vertici del Ros, tra cui gli ufficiali Antonio Subranni, lo stesso Mori e il suo ex braccio destro, l'allora capitano Giuseppe De Donno. L'accusa è quella di violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato. Parente è stato uno dei fondatori di quel reparto che lavorava con il magistrato di Palermo Giovanni Falcone, ammazzato a Capaci. Che negli anni ha arrestato il boss Salvatore Riina, ma che soprattutto ha combattuto con successo la mafia e la 'ndrangheta, colpendole al cuore - ovvero sui soldi - lavorando spesso anche con Ilda Boccassini a Milano. Ci è entrato nel 1991 e lo ha diretto dal 2012 al 2015, in una fase delicatissima, a cavallo dell'arrivo al governo Renzi nel 2014 e dopo la condanna del generale Giampaolo Ganzer nel 2010. Del resto quell'organo investigativo dell'Arma, troppo scomodo per la sua autonomia e per le sue ingerenze tra le competenze delle forze dell'ordine in ambito territoriale - come più volte ha ricordato Mori - è sempre più nell'occhio del ciclone. Anche Sergio De Caprio, il capitano Ultimo, è stato tra i fondatori del Ros, quando poi sempre all'inizio degli anni Novanta lanciò il Crimor per poi finire al Noe. Ultimo è tornato alla ribalta negli ultimi tempi per la vicenda Consip, insieme con il capitano Giampaolo Scafarto, e dopo la sua entrata-uscita dall'Aise, non senza una lunga scia di polemiche che continuano a trascinarsi all'interno di Forte Braschi. In sostanza è «grande confusione sotto al cielo» dei nostri servizi segreti, tale da rendere «una situazione favorevole», direbbe Mao, a una rivoluzione in piena regola. È quella che vogliono i vincitori alle ultime elezioni, ovvero il Movimento 5 stelle, che secondo un articolo dell'Espresso della scorsa settimana, spingerebbero «un nuovo modello organizzativo che possa finalmente eliminare la nefasta competizione tra Aisi e Aise. Una concorrenza che talvolta danneggia la qualità delle indagini e rallenta la ricerca delle informazioni sensibili alla sicurezza nazionale, con strutture che si sovrappongono e che spesso non comunicano». L'ultimo caso, si spiega in ambienti di intelligence, è stato quello di Zhang Naizhong, il capo dei capi della mafia cinese in Italia e in Europa, arrestato poi a gennaio ma che l'11 dicembre del 2017 avrebbe accompagnato un sottosegretario del governo di Pechino durante visite istituzionali con il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda. Ne ha dato conto il settimanale Panorama il 12 aprile scorso, ponendo appunto una domanda inquietante, sul fatto che un indagato in Italia per reati così gravi potesse occuparsi di scortare e portare in giro autorità di Pechino. Forse il nostro servizio segreto interno avrebbe dovuto avvertire prima le forze dell'ordine? Chissà che la promozione di Blengini, via Renzi, o di un nome gradito ai pentastellati di Luigi Di Maio, oppure un accordo tra i due, non possa aiutare.