2025-04-28
Stati Uniti e Iran continuano cautamente a parlarsi
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Le bandiere degli Stati Uniti e dell'Iran esposte a Muscat, in Oman, in occasione del terzo round di colloqui sul nucleare (Ansa)
Prosegue cautamente il dialogo tra Stati Uniti e Iran sul nucleare. Sabato, si è tenuta in Oman la terza tornata di colloqui tra le parti: in particolare, si è parlato di un'eventuale revoca delle sanzioni a Teheran e delle limitazioni a cui Washington vuole che il programma nucleare iraniano sia sottoposto. «C'è ancora molto da fare, ma sono stati compiuti ulteriori progressi verso il raggiungimento di un accordo. Abbiamo concordato di incontrarci di nuovo presto, in Europa, e ringraziamo i nostri partner omaniti per aver facilitato questi colloqui», ha dichiarato un alto funzionario americano. «I negoziati sono estremamente seri e tecnici. Ci sono ancora delle divergenze, sia sulle questioni principali che sui dettagli», ha detto, dal canto suo, il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, per poi aggiungere: «C'è serietà e determinazione da entrambe le parti. Tuttavia, il nostro ottimismo circa il successo dei colloqui resta estremamente cauto». «I colloqui tra Stati Uniti e Iran di oggi hanno evidenziato un'aspirazione comune a raggiungere un accordo basato sul rispetto reciproco e su impegni duraturi. Sono stati affrontati i principi fondamentali, gli obiettivi e le questioni tecniche», ha affermato infine il ministero degli Esteri dell’Oman. Insomma, il disgelo pare procedere, anche se in modo particolarmente cauto. La partita è infatti assai complessa. Non dimentichiamo che, prima di avviare i negoziati tre settimane fa, Donald Trump aveva ripristinato la politica della «massima pressione» sugli ayatollah, ordinando inoltre vari bombardamenti contro gli Huthi: organizzazione terroristica storicamente spalleggiata dal regime khomeinista. La strategia del presidente americana è quella di impiegare la diplomazia della coercizione: non ha infatti del tutto escluso l’eventualità di un attacco ai siti nucleari iraniani, qualora le trattative dovessero fallire. «Possiamo raggiungere un accordo senza l'attacco. Spero di sì», ha affermato Trump in una recente intervista alla rivista Time. La possibilità dell’opzione militare ha del resto due scopi interconnessi: spaventare il regime degli ayatollah e, al contempo, rassicurare Israele. Tra l’altro, a guidare i negoziati con l’Iran è Steve Witkoff: l’inviato americano per il Medi Oriente che si sta occupando anche dei colloqui con la Russia. Si tratta d’altronde di dossier correlati. Mosca è uno dei principali alleati mediorientali di Teheran. Tutto questo, mentre il Cremlino ha perso significativamente influenza nella regione a seguito della caduta di Bashar al Assad in Siria. Se Trump usa la sponda russa per negoziare con gli ayatollah, Vladimir Putin ha bisogno di questo ruolo di mediazione per recuperare terreno nell’area. Più in generale, il presidente americano ha un obiettivo chiaro: impedire che l'Iran ottenga la bomba atomica. Parliamo di una condizione fondamentale, agli occhi dell'inquilino della Casa Bianca, per tranquillizzare sia gli israeliani che i sauditi e rilanciare, così, gli Accordi di Abramo. Il quadro generale resta complesso. Ma intanto la diplomazia sembra fare piccoli passi in avanti.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.