2025-02-11
Starmer come Trump. La sinistra «deporta» clandestini
Il premier britannico pubblica i video delle espulsioni: immigrati scortati, qualcuno è in manette. Immagini identiche a quelle viste con Trump. Londra fa da apripista in Europa alla sinistra (tranne quella italiana) che rivede le politiche di accoglienza. Mi è venuta un’idea. Visto che, grazie ai magistrati italiani, non si riesce a far funzionare i centri di trattenimento per migranti in Albania e dato che, dopo le sentenze delle Corti specializzate, il governo sta pensando di attribuire direttamente a Tirana la competenza sulle strutture di Shengjin e Gjader, prendiamo una decisione che tagli la testa al toro una volta per tutte. Adottiamo il modello inglese. La Gran Bretagna è una delle più antiche democrazie, dove fin dai tempi della Magna Charta esiste il rispetto dei diritti umani e perciò un nostro giudice, fosse anche di sinistra, dovrebbe essere contento e inchinarsi alla giurisprudenza britannica. Per di più ora che a Downing Street c’è un primo ministro laburista e, dunque, in teoria più in linea con la visione di Elly Schlein che con quella di Giorgia Meloni. Perché propongo di copiare il modello inglese? Perché Keir Starmer mi pare l’unico in Europa, anche se il Regno Unito non fa parte della Ue, ad avere, oltre alle idee chiare sul da farsi per fermare i clandestini, anche la capacità di agire senza perdere tempo e senza dover aspettare che si pronunci la Corte europea.Sì, la magistratura ha bloccato prima a Rishi Sunak e poi anche al suo successore la deportazione dei migranti in Rwanda, ma diciamo che quella era una misura un po’ estrema. In compenso, da quando Starmer ha ricevuto da sua maestà re Carlo l’incarico di primo ministro, sono cominciate le espulsioni e i rimpatri, che a Londra, come a Washington, chiamano «deportation».Il sistema adottato è praticamente uguale a quello introdotto da Donald Trump ma, a quanto pare, essendo Starmer laburista e, dunque, di sinistra, la cosa fa assai meno clamore. E, però, i video pubblicati sono simili. Gli immigrati illegali vengono scortati dalla polizia, caricati su un autobus e poi sull’aereo che li riporterà in patria. In alcuni casi, probabilmente con i clandestini più pericolosi o più recalcitranti, si vedono le manette, proprio come negli Stati Uniti. In poco più di sette mesi (Starmer è diventato primo ministro a luglio dello scorso anno), l’Inghilterra avrebbe rimpatriato 16.400 migranti, al ritmo di circa 2.400 persone ogni mese. Un record che in Gran Bretagna non si raggiungeva da anni. Del resto, nel solo ultimo mese la polizia ha compiuto più di 800 blitz alla ricerca di clandestini. Nel mirino sono finiti i migranti illegali, gli stranieri condannati per vari reati e i richiedenti asilo a cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale. Probabilmente la politica inaugurata dal premier britannico è obbligata, dato che le sue quotazioni in patria sono al minimo e, se si tornasse a votare oggi, non è detto che i laburisti la spuntino. Dopo l’iniziale entusiasmo, l’opinione pubblica inglese pare essersi raffreddata molto, anche a causa di una serie di misure poco popolari che hanno ridotto il potere d’acquisto della classe media. Al contrario, i sondaggi segnalano in grande ascesa la stella di Nigel Farage, il controverso leader di Reform Uk, uno dei più accesi sostenitori di una politica inflessibile contro l’immigrazione clandestina. Così, per contrastare il populista Farage, il primo ministro laburista ha deciso di mettere da parte la linea morbida che ha contraddistinto il suo partito per dare un giro di vite contro chi non ha titolo per restare in Gran Bretagna. Per questo il sito Politico ha deciso di ribattezzarlo, con una certa dose di ironia, Sir Donald Starmer, accostandolo alla figura del nuovo presidente degli Stati Uniti.Può darsi che la sinistra inglese si senta in imbarazzo e che la stampa progressista si mostri sconcertata. Sta di fatto che Starmer anticipa i tempi rispetto ai colleghi del Vecchio continente. Anche se imbottiti di ideologia, tutti i compagni stanno un po’ rivedendo le loro opinioni in materia di immigrazione. Forse perché incalzati dall’avanzare dei gruppi di destra, forse perché colpiti da episodi di violenza, cominciano a riflettere sulle conseguenze di un’invasione senza controllo. Fa eccezione la sinistra di casa nostra, che ancora oggi rifiuta di parlare di sicurezza e di adottare politiche di contenimento dei clandestini.Per i compagni, con la toga o senza, i migranti vanno accolti sempre, senza distinzioni. Che fuggano da una guerra o siano inseguiti dalla polizia, per loro è la stessa cosa al punto che rifiutano non soltanto l’idea dei rimpatri (in inglese, come detto, «deportation»), ma pure quella del trattenimento in un centro, in attesa che le commissioni decidano in merito alla richiesta di protezione. Per loro i migranti non vanno fermati ma soltanto accolti. È per questo che ogni volta perdono le elezioni.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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Da sinistra in alto: Piero Amara, Catiuscia Marini, Sergio Sottani e Luca Palamara (Ansa)
Ansa
A Chisinau gli azzurri faticano a sfondare il muro moldavo e sbloccano solo negli ultimi minuti con Mancini e Pio Esposito. Arriva la quinta vittoria consecutiva della gestione Gattuso, ma per la qualificazione diretta al Mondiale si dovrà passare dai playoff di marzo.