2025-05-17
La stampa con l’elmetto cerca ancora il massacro in Ucraina
Forse in crisi di astinenza da kolossal di guerra, qualche collega sembrava augurarsi che i colloqui di pace a Istanbul tra russi e ucraini fallissero. La riflessione mi è venuta spontanea l’altra sera nel corso della trasmissione Dritto e rovescio, ascoltando Alan Friedman, giornalista americano con un passato da corrispondente del Financial Times. Secondo lui Vladimir Putin, non partecipando al negoziato in Turchia, ha mostrato il suo vero volto. «Il re è nudo», ha cominciato a dire con enfasi, spiegando che la mancata presenza al vertice bilaterale dimostra che il leader russo non vuole la pace.Dunque, ho chiesto, quale sarebbe la mossa successiva dopo la constatazione che Mosca sta bluffando? Mandare truppe europee in Ucraina? Quelle americane le ho escluse, perché mi pare evidente che Donald Trump non abbia alcuna intenzione di inviare un solo marine a Kiev. Se si parte dal presupposto che il Cremlino nasconda la vera intenzione di prendersi tutta l’Ucraina, ne conseguono solo due possibilità: o lo si lascia fare, facendo finta di niente, oppure si entra in guerra con la Russia. A me pare che chi continua a demonizzare la trattativa buttando benzina sul fuoco («l’Europa deve prendere l’iniziativa», «ci vogliono altre sanzioni», «dobbiamo prepararci e armarci perché Putin non si fermerà a Kiev») più che sulla pace scommetta sulla guerra. Forse, come dicevo, hanno visto troppi kolossal e sognano un nuovo sbarco in Normandia, ma questa volta con dispiegamento di truppe nei Paesi baltici e incursione in territorio nemico passando dal mare di Bering. Non so quale cognizione di negoziati abbiano Friedman e compagni, ma io non ho mai visto una trattativa che non sia preceduta da un lungo lavoro degli sherpa, ovvero da quanti si fanno carico di negoziare i dettagli prima di far incontrare i leader. Davvero qualcuno ha pensato che bastasse convocare un vertice a Istanbul per far sedere Putin e Zelensky uno di fronte all’altro? Forse non ci si rende conto che li divide un milione di vittime e dunque, prima di arrivare alla firma di un possibile trattato di pace o anche solo a un cessate il fuoco, serve un minuzioso lavoro per definire i confini, non del territorio (certo, anche quelli) ma della tregua.Nei giorni scorsi ho riassunto un’inchiesta condotta da Foreign Affairs sugli incontri che nel febbraio del 2022, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, avrebbero potuto far tacere le armi. Fu un lavoro paziente quello delle due delegazioni, durò mesi e vennero predisposte numerose bozze di accordo. Non solo era previsto che l’Ucraina non entrasse a far parte della Nato, ma pure che non ospitasse basi militari americane o europee. Si arrivò anche al punto di stimare di quanti soldati potesse dotarsi l’esercito di Kiev e di quali e quanti mezzi. Tra le clausole inserite c’era l’obbligo dei cosiddetti garanti dell’intesa, in particolare Stati Uniti e Ue, di intervenire militarmente, con propri aerei e truppe, in caso di aggressione dell’Ucraina. A un certo punto l’accordo saltò e i negoziati a metà maggio si interruppero. Non è chiaro quali furono le cause. Qualcuno dice che fu Boris Johnson a sabotare la trattativa, altri parlano dello scetticismo di Washington, ma c’è pure chi ipotizza che i successi militari avessero ringalluzzito Kiev o forse Putin stava semplicemente provando a prendere tempo visto che la sua avanzata si stava rivelando una ritirata.Una cosa però è certa: la trattativa deve ripartire da dove si è fermata, cioè da quelle clausole, che possono piacere oppure no, ma servono a siglare il cessate il fuoco. Secondo Friedman, il fatto che a Istanbul Putin abbia mandato dei militari significa che non ha nessuna intenzione di firmare la pace. Ma il capodelegazione è lo stesso della volta scorsa e i generali sono necessari se si vuole discutere di tregua, di stazionamento di eserciti e di armamenti. Non so se si giungerà a un’intesa, la strada è lunga e accidentata, ma lo scambio di prigionieri può essere d’aiuto. O per lo meno lo spero, a differenza di chi spera che salti tutto per poter dire: ve lo avevo detto che non c’era da fidarsi.Comunque vada, resta ridicola l’idea che bastasse far incontrare Putin e Zelensky, offrendogli un caffè a Istanbul, per ottenere la pace. Forse può essere la scena madre di un film, ma purtroppo non è la realtà. Come quasi mai sono state realtà le previsioni formulate in questi tre anni dai nostri inviati da salotto, i quali erano convinti che a sconfiggere il cattivo bastassero le sanzioni invece dei soldati. Dopo un milione di vittime, sappiamo che erano stupidaggini. Ma molti di quelli che credevano a tutto ciò ancora insistono con le sanzioni.