
Il Papa emerito inaugura una fondazione con il settimanale «Die Tagespost» per sostenere il giornalismo cristiano e dare battaglia sui principi ortodossi. Un tentativo di scuotere la Chiesa mentre i vescovi tedeschi portano avanti il loro sinodo ultra progressistaÈ una notizia apparentemente secondaria quella uscita ieri sul Die Tagespost, il settimanale cattolico tedesco che rappresenta una voce controcorrente rispetto ai mass media ufficiali della Chiesa in Germania. Il papa emerito Benedetto XVI, in collaborazione con il settimanale, ha lanciato la «Fondazione Die Tagespost per il giornalismo cattolico», una organizzazione senza scopo di lucro che sostiene quello che potremmo definire un giornalismo indipendente.Oliver Maksan, amministratore delegato delle rivista, ha spiegato che lo scopo della fondazione è fare investimenti mirati nella formazione dei giovani giornalisti cattolici, finanziare progetti di ricerca rilevanti per la bioetica e aiutare i media cattolici a raggiungere maggior diffusione. «Spero che la voce cattolica venga ascoltata», ha detto Benedetto XVI che già da cardinale aveva collaborato con il Tagespost che fino al 2018 era un quotidiano. L’operazione del Papa emerito è rilevante se consideriamo che quella del Tagespost è una voce dell’ambito «conservatore» all’interno del dibattito ecclesiale, tanto che Thomas Sternberg, presidente dello Zdk, l’organizzazione dei cattolici laici tedeschi, lo ha definito «aggressivo» in una recente intervista che è stata pubblicata nientedimeno che sul portale katholisch.de.Questo portale può essere considerato come l’agenzia di stampa di riferimento per la Conferenza episcopale tedesca guidata dal cardinale Reihnard Marx, e il giudizio di Sternberg sul Tagespost espresso su quelle pagine Web è significativo della posizione della Chiesa ufficiale. La battaglia in corso nella Chiesa tedesca, impegnata in un incandescente sinodo che potrebbe avere ripercussioni sulla Chiesa universale, si manifesta anche in questa precisa scelta del Papa emerito. Si può notare che tra gli scopi della fondazione ci sono esplicitamente anche la protezione del matrimonio e della famiglia, due realtà che nell’ambito della Conferenza episcopale tedesca sono spesso poste in discussione nelle loro fondamenta dottrinali e antropologiche.La Chiesa tedesca, che ha aperto il proprio sinodo lo scorso 1 dicembre, il giorno 5 ha diramato un comunicato stampa per rendere noti i risultati del consulto della Commissione per il matrimonio e la famiglia. Gli esperti hanno concluso, tra l’altro, che «la preferenza sessuale dell’essere umano si sviluppa durante la pubertà ed assume una direzione etero o omossesuale. Entrambe le direzioni appartengono alle forme normali delle predisposizioni sessuali». Una affermazione che ha portato a numerose proteste e discussioni in ambito cattolico e che potrebbe preludere a una sorta di benedizione per coppie gay che alcuni vescovi tedeschi non nascondono di voler attuare. Ma non è tutto. La compagine progressista tra i vescovi tedeschi è ben rappresentata, con uomini forti e di sicura presa anche in Vaticano, come i cardinali Marx e Walter Kasper, e gli obiettivi sono molteplici: l’intercomunione tra cattolici e protestanti, l’abolizione in certi casi del celibato sacerdotale, le diaconesse, una applicazione larga di Amoris laetitia per la comunione ai divorziati risposati. Il piano è talmente scoperchiato che dal Vaticano hanno in qualche modo tirato il freno attraverso un altolà firmato dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, ma il cardinale Marx non sembra per nulla preoccupato e appare determinato a portare fino in fondo il suo cammino sinodale. «Non sarà Roma a dirci cosa dobbiamo fare in Germania», ha detto in più occasioni il porporato.La fondazione promossa da Benedetto XVI, dice alla Verità una fonte esperta del mondo ecclesiale e mass mediatico tedesco, ha probabilmente una funzione materiale di aiuto economico a una realtà in difficoltà come il Tagespost, ma è riduttivo considerarla solo in tal senso. Si tratta, dicono, di una chiara scelta di campo soprattutto per promuovere una narrazione cattolica della situazione della Chiesa in Germania, dal momento che gli organi ufficiali evidentemente spingono un’agenda molto sbilanciata in senso progressista.Peraltro l’11 settembre 2018, a Roma, a Palazzo Montecitorio, monsignor Georg Gänswein,prefetto della Casa pontificia e segretario storico di papa Ratzinger, fece un passaggio molto significativo durante la sua relazione a presentazione del libro di Rod Dreher, L’opzione Benedetto. I titoli dei giornali allora si soffermarono in particolare sull’affermazione di Gänswein secondo cui lo scandalo abusi è l’11 settembre della Chiesa. Ma il vescovo sottolineò anche come Dreher non sia «affatto un religioso», bensì «un laico che cerca di conquistare anime al Regno di Dio» e agisce «non sulla base di un incarico ingiuntogli da altri, quanto sulle ali di un entusiasmo e di una volontà assolutamente personali». Ebbene, di fronte alla crisi del clero, affermò Gänswein, «è scoccata l’ora dei laici forti e decisi, soprattutto nei nuovi mezzi di comunicazione cattolici indipendenti, esattamente come incarnati da Dreher». Questo passaggio sui mezzi di comunicazione «cattolici indipendenti» assume un nuovo significato oggi, dopo il lancio di questa fondazione promossa da Benedetto XVI. Come a dire che la narrazione ufficiale dei fatti di Chiesa e di fede probabilmente non è così equidistante come si vorrebbe far credere.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





