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2025-04-21
La resa dei conti di Joe Goldberg nella stagione finale di «You»
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«You 5» (Netflix)
L'amore che si fa ossessione, la furia omicida che monta piano, portando con sé un insieme di giustificazioni e attenuanti. Joe Goldberg ha speso quattro delle cinque stagioni di You a raccontarsi di essere nel giusto: non un mostro incapace di metabolizzare il rifiuto e il distacco che gli è sotteso, ma un essere caritatevole, la cui colpa - a doverne trovare una - risieda unicamente nell'eccesso di sentimento. Goldberg, il volto perfettamente inquietante di Penn Badgley, si è costruito un alibi morale, si è dato delle attenuanti che potessero concedergli di sopravvivere a ogni morte per riprogrammare poi un'esistenza nuova.
New York, scenario della prima stagione, è diventata Los Angeles, poi gli Stati Uniti sono stati abbandonati in favore dell'Europa, e c'è stata Parigi, quindi Londra. Goldberg ha cambiato nome, professione, identità. Dietro di lui, una scia di sangue cui le forze dell'ordine, insieme ai media, non sono riusciti a dare alcuna spiegazione logica. Nessuno ha mai capito chi fosse davvero quell'uomo all'apparenza mite, perché abbia ammazzato le donne che diceva di amare, se le abbia ammazzate di suo pugno, poi. L'unica che avrebbe potuto incastrarlo, Marianne, ha giurato di non parlare, per sé e per la figlia. Goldberg ha creduto fosse morta. Così, l'uomo - che in Europa ha scelto di ribattezzarsi Jonathan Moore e fingersi un professore - si è dato l'occasione di provare a ripartire. Accanto a lui, una cerchia di amici ricchi, non dissimile da quella che aveva negli Stati Uniti.
You, capitolo quarto, è finito con la scoperta di una dissociazione impossibile da ignorare. Goldberg-Moore, che a se stesso diceva di essersi rabbonito, di aver perso l'istinto truculento delle stagioni passate, si è reso conto sul finale dello show di aver proiettato ogni devianza su un alter ego, affidando a lui il compito di uccidere. Poi, è stato un attimo. Goldberg, in un impeto di lucidità che gli ha consentito di guardare dentro la propria anima, ha scelto di saltare: giù da un ponte, un suicidio che avrebbe dovuto mettere fine al tormento, alla dannazione. Ma il salto non ha avuto l'esito sperato. Goldberg si è salvato. Peggio, è stato salvato da una donna, Kate, bella e famosa, della quale poi si è innamorato. Con lei, ormai proiettato all'interno dello star system, si è trasferito nuovamente a New York, città che metterà fine al suo calvario.
You 5, i cui dieci episodi saranno disponibili su Netflix da mercoledì 24 aprile, sarà l'ultima stagione della serie tv. L'ultima volta di Goldberg, la sua resa dei conti. A New York, l'assassino sarà costretto a scendere a patti con l'uomo che era prima degli omicidi, di un amore che non era tale, ma possesso. Tornerà, quell'uomo, e con lui i sogni, le allucinazioni, gli incubi. Torneranno alcuni dei personaggi delle stagioni passate, le donne che pensava di amare e ha, invece, ucciso. Poi, verrà scritta la parola fine. Senza spin-off, si spera.
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You 5, i cui dieci episodi saranno disponibili su Netflix da mercoledì 24 aprile, sarà l'ultima stagione della serie tv. L'ultima volta di Joe Goldberg, la sua resa dei conti. A New York, l'assassino sarà costretto a scendere a patti con l'uomo che era prima degli omicidi, di un amore che non era tale, ma possesso.L'amore che si fa ossessione, la furia omicida che monta piano, portando con sé un insieme di giustificazioni e attenuanti. Joe Goldberg ha speso quattro delle cinque stagioni di You a raccontarsi di essere nel giusto: non un mostro incapace di metabolizzare il rifiuto e il distacco che gli è sotteso, ma un essere caritatevole, la cui colpa - a doverne trovare una - risieda unicamente nell'eccesso di sentimento. Goldberg, il volto perfettamente inquietante di Penn Badgley, si è costruito un alibi morale, si è dato delle attenuanti che potessero concedergli di sopravvivere a ogni morte per riprogrammare poi un'esistenza nuova.New York, scenario della prima stagione, è diventata Los Angeles, poi gli Stati Uniti sono stati abbandonati in favore dell'Europa, e c'è stata Parigi, quindi Londra. Goldberg ha cambiato nome, professione, identità. Dietro di lui, una scia di sangue cui le forze dell'ordine, insieme ai media, non sono riusciti a dare alcuna spiegazione logica. Nessuno ha mai capito chi fosse davvero quell'uomo all'apparenza mite, perché abbia ammazzato le donne che diceva di amare, se le abbia ammazzate di suo pugno, poi. L'unica che avrebbe potuto incastrarlo, Marianne, ha giurato di non parlare, per sé e per la figlia. Goldberg ha creduto fosse morta. Così, l'uomo - che in Europa ha scelto di ribattezzarsi Jonathan Moore e fingersi un professore - si è dato l'occasione di provare a ripartire. Accanto a lui, una cerchia di amici ricchi, non dissimile da quella che aveva negli Stati Uniti.You, capitolo quarto, è finito con la scoperta di una dissociazione impossibile da ignorare. Goldberg-Moore, che a se stesso diceva di essersi rabbonito, di aver perso l'istinto truculento delle stagioni passate, si è reso conto sul finale dello show di aver proiettato ogni devianza su un alter ego, affidando a lui il compito di uccidere. Poi, è stato un attimo. Goldberg, in un impeto di lucidità che gli ha consentito di guardare dentro la propria anima, ha scelto di saltare: giù da un ponte, un suicidio che avrebbe dovuto mettere fine al tormento, alla dannazione. Ma il salto non ha avuto l'esito sperato. Goldberg si è salvato. Peggio, è stato salvato da una donna, Kate, bella e famosa, della quale poi si è innamorato. Con lei, ormai proiettato all'interno dello star system, si è trasferito nuovamente a New York, città che metterà fine al suo calvario.You 5, i cui dieci episodi saranno disponibili su Netflix da mercoledì 24 aprile, sarà l'ultima stagione della serie tv. L'ultima volta di Goldberg, la sua resa dei conti. A New York, l'assassino sarà costretto a scendere a patti con l'uomo che era prima degli omicidi, di un amore che non era tale, ma possesso. Tornerà, quell'uomo, e con lui i sogni, le allucinazioni, gli incubi. Torneranno alcuni dei personaggi delle stagioni passate, le donne che pensava di amare e ha, invece, ucciso. Poi, verrà scritta la parola fine. Senza spin-off, si spera.
David Neres festeggia con Rasmus Hojlund dopo aver segnato il gol dell'1-0 durante la semifinale di Supercoppa italiana tra Napoli e Milan a Riyadh (Ansa)
Nella prima semifinale in Arabia Saudita i campioni d’Italia superano 2-0 i rossoneri con un gol per tempo di Neres e Hojlund. Conte: «Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza». Allegri: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà».
È il Napoli la prima finalista della Supercoppa italiana. All’Alawwal Park di Riyadh, davanti a 24.941 spettatori, i campioni d’Italia superano 2-0 il Milan al termine di una semifinale mai realmente in discussione e torneranno lunedì nello stadio dell’Al Nassr per giocarsi il primo trofeo stagionale contro la vincente di Bologna-Inter, in programma domani sera.
Decidono un gol per tempo di Neres e Hojlund, protagonisti assoluti di una gara che la squadra di Antonio Conte ha interpretato con maggiore lucidità, intensità e qualità rispetto ai rossoneri. Il pubblico saudita, arrivato a scaglioni sugli spalti come da consuetudine locale, si è acceso soprattutto per Luka Modric durante il riscaldamento, più inquadrato sugli smartphone che realmente seguito sul campo, ma alla lunga è stato il Napoli a prendersi scena e risultato. Un successo meritato per i partenopei che rispetto al Milan hanno dimostrato di avere più idee e mezzi per colpire.
Conte ha scelto la miglior formazione possibile, confermando il 3-4-2-1 con l’unica eccezione rispetto alle ultime gare di campionato che riguarda il ritorno tra i titolari di Politano al posto di Lang. Davanti la coppia McTominay-Neres ad agire alle spalle di Hojlund. Ed è stato proprio il centravanti danese uno dei protagonisti del match e della vittoria del Napoli, mettendo lo zampino in entrambi i gol e facendo impazzire in marcatura De Winter. L’ex difensore del Genoa è stato scelto da Allegri come perno della difesa a tre per sostituire l'infortunato Gabbia, un’assenza che alla fine dei conti si è rivelata più pesante del previsto. Ma se quella del difensore centrale era praticamente una scelta obbligata, il turnover applicato in mezzo al campo e sulla corsia di destra non ha restituito gli effetti desiderati. Nel solito 3-5-2 hanno trovato spazio dal primo minuto anche Jashari e Loftus-Cheek, titolari al posto di Modric e Fofana, ed Estupinan per far rifiatare Bartesaghi, uno degli uomini più in forma tra i rossoneri.
Il Napoli ha preso infatti fin da subito l’iniziativa, con Elmas al tiro già al 2’ e con Maignan attento a bloccare senza problemi. Il Milan ha poi avuto due ghiotte occasioni: al 5’ sugli sviluppi di una rimessa laterale Pavlovic ha tentato una rovesciata, il pallone è arrivato a Loftus-Cheek che, solo davanti a Milinkovic-Savic, ha mancato incredibilmente l’impatto; al 16' Saelemaekers ha sprecato calciando alto da buona posizione. È l’illusione rossonera, perché da quel momento sono i partenopei a comandare il gioco. Al 32' McTominay ha sfiorato il vantaggio con un destro di prima poco fuori, mentre Nkunku al 37’ ha confermato il suo momento negativo non inquadrando nemmeno la porta a conclusione di un contropiede che poteva cambiare la partita. Partita che è cambiata in maniera decisiva due minuti dopo, al 39’, quando è arrivato il gol che ha sbloccato la semifinale: da un'azione insistita di Elmas sulla sinistra, il pallone è arrivato a Hojlund il cui tiro in diagonale ha messo in difficoltà Maignan. La respinta troppo corta del portiere francese è finita sui piedi di Neres, il più rapido ad avventarsi sul pallone e a depositarlo in rete. Il Napoli è andato vicino al raddoppio già prima dell’intervallo con un altro contropiede orchestrato da Elmas e concluso da Hojlund, su cui Maignan ha dovuto compiere un mezzo miracolo.
Nella ripresa il copione non è cambiato. Rrahmani ha impegnato ancora Maignan da fuori area, poi al 64’ è arrivato il 2-0 che ha chiuso la partita: Spinazzola ha affondato a sinistra e servito Hojlund, veloce e preciso a finalizzare con freddezza, firmando così una prestazione dominante contro un De Winter in grande difficoltà. Allegri ha provato a cambiare volto alla gara passando al 4-1-4-1 con l’ingresso di Fofana e Athekame, ma il Milan non è riuscito di fatto mai a rientrare davvero in partita. Anzi. Al 73' uno scatenato Hojlund ha sfiorato la doppietta personale. Poi, al 75', il Milan ha regalato alla parte di stadio rossonera la gioia più grande di tuta la serata, ovvero l'ingresso in campo di Modric. Il croato è entrato tra gli applausi del pubblico, ma è solo una nota di colore in una serata che resta saldamente nelle mani del Napoli. Nel finale spazio anche a qualche tensione, sia in campo che in panchina. Prima le scintille tra Tomori e McTominay, ammoniti entrambi da Zufferli. Poi, in pieno recupero, un battibecco verbale tra Oriali e Allegri. E mentre scorrevano i sette minuti di recupero concessi dal direttore di gara, accompagnato dal coro dei tifosi sauditi di fede azzurra «Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi», è arrivato il verdetto definitivo.
Nel post partita Massimiliano Allegri ha riconosciuto i meriti degli avversari: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà». Sull’eliminazione da Coppa Italia e Supercoppa è stato netto: «Siamo dispiaciuti, ma il nostro obiettivo resta la qualificazione in Champions, che è un salvavita per la società». Di tutt’altro tono Antonio Conte, soddisfatto della risposta della sua squadra: «Battere il Milan fa morale. Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza. Con energia, anche in emergenza, siamo difficili da affrontare». Parole di elogio per Hojlund: «Ha 22 anni, grandi margini di crescita e oggi è stato determinante. Sta capendo sempre di più quello che gli chiedo».
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