
Dietro il flirt Calenda-Fi un disegno internazionale per precludere il Colle alla destra.Da settimane si registrano fibrillazioni nel centrosinistra. Elly Schlein fa campagna per il referendum sul Jobs act e dice di essere pronta a nuove elezioni. In realtà, dietro l’angolo non c’è il voto, bensì grandi manovre per imporre un governo tecnico o di solidarietà nazionale, con lo scopo di impedire a Giorgia Meloni di concludere la legislatura. Un ruolo importante vorrebbe averlo Carlo Calenda, il quale qualche settimana fa ha inteso far sapere di essere pronto a votare un esecutivo che abbia Paolo Gentiloni come presidente del Consiglio e un gruppo di «volenterosi» a sostenerlo. L’aggettivo con cui si indica una persona di buona volontà ultimamente va molto di moda. Non dev’essere un caso se il leader di Azione lo ha usato dopo che Emmanuel Macron lo ha impiegato per definire l’armata Brancaleone che vorrebbe schierare in Ucraina, con la partecipazione della Gran Bretagna e della Germania. Volenterosi è un modo per dire che ci si mette a disposizione e lui, l’ex ministro dello Sviluppo economico, per soli tre mesi plenipotenziario a Bruxelles per conto di Matteo Renzi (con il quale poi ha litigato al punto che ora si detestano), è totalmente a disposizione di un progetto che punta a scombinare gli attuali equilibri politici, scomponendo i poli, per dare vita al sempre evocato e mai realizzato schieramento centrista. Perché un blocco che si metta in mezzo, fra destra e sinistra, immaginato da tanti tra cui l’ex Rottamatore, dovrebbe riuscire a Carlo Calenda là dove tutti gli altri hanno fallito? L’idea, che punta a rubare voti e parlamentari dall’una e dall’altra parte, si fa forza del momento storico, delle tensioni in Europa e con gli Stati Uniti. Ma soprattutto, del nervosismo che regna a sinistra dove, dopo il voto del Parlamento sul riarmo, si è capito che il Pd è diviso in due tronconi. Con i suoi «volenterosi» l’ex ministro, che Dagospia ha ironicamente definito il «Churchill dei Parioli», punta a intercettare non soltanto Paolo Gentiloni, gradito all’establishment italiano ed europeo, ma anche Pina Picierno, Giorgio Gori, Dario Nardella, Filippo Sensi eccetera. Insomma, l’area più moderata del Partito democratico, quella - per intenderci -che ha poco o nulla da spartire con Elly Schlein e i sinistrelli alla Sandro Ruotolo e Marco Furfaro. «A questi amici», ha spiegato Calenda, «non chiedo di entrare in Azione, ma di costruire qualcosa di autonomo, che possa staccarsi e diventare un’alternativa di sinistra alleata con noi».Fin qui niente di straordinariamente nuovo: siamo alla solita scissione dell’atomo. La storia è piena di compagni che se ne sono andati da Pci, Pds, Ds e Pd, convinti di fare la storia, ma finiti nel retrobottega della politica. Del resto, il Partito comunista italiano nacque con l’uscita della frazione più a sinistra dei socialisti e pochi anni dopo si divise di nuovo. Che il gruppo «moderato» dei democratici prepari una scialuppa per raggiungere un porto alternativo a quello di Elly Schlein non è dunque una gran novità. Semmai, a colpire è la tempestività con cui Calenda si offre di accogliere i fuoriusciti, dando vita a un’ammucchiata di centro. Che l’ala governista si senta a disagio dentro un Pd sempre più movimentista è comprensibile. Ma qui c’è qualche cosa di più del solito duello fra ex comunisti: il progetto punta a scomporre il puzzle politico per dare vita alla Cosa bianca. Ne abbiamo già scritto: siccome Giorgia Meloni è un po’ troppo autonoma rispetto a Francia e Germania e ha anche un filo diretto con Trump, a Bruxelles c’è chi accarezza l’idea di preparare un tranello per mandarla a casa. Le manovre di Parigi e Berlino non sono nuove. Basti ricordare che quasi 15 anni fa raggiunsero l’obiettivo di liquidare un governo regolarmente eletto, per sostituirlo con uno a cui Angela Merkel e Nicolas Sarkozy ordinarono di fare i compiti a casa. Tuttavia, questa volta il progetto si somma a un’altra esigenza: impedire che l’attuale centrodestra rivinca le elezioni nel 2027 e possa determinare il futuro presidente della Repubblica. Sergio Mattarella scadrà nel 2029 e per la prima volta dopo trent’anni esiste la possibilità di nominare un capo dello Stato che non penda a sinistra: sarebbe un colpo per quell’apparato incistato ai vertici della Repubblica che impedisce qualsiasi cambiamento.Scomporre i poli per crearne uno al centro è indispensabile per impedire che nel 2027 Giorgia Meloni rivinca. Ovviamente, i voti di Calenda e dei dissidenti del Pd non bastano per dare vita a un’altra maggioranza e infatti il segretario di Azione si rivolge da mesi a Forza Italia, aprendo le trattative per un nuovo schieramento, magari lasciando intravedere anche la possibilità di un capo dello Stato centrista. Obiettivo: preparare il terreno per una giravolta, approfittando magari di una qualche emergenza, che ad esempio potrebbe arrivare proprio dal conflitto in Ucraina o dai dazi.Fantasie? Forse. Però, siccome anche in passato alcune fantasie si sono ahinoi realizzate, è meglio tenere gli occhi aperti.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Cinquant’anni fa uscì la prima critica gastronomica del futuro terrore dei ristoratori. Che iniziò come giornalista di omicidi e rapine di cui faceva cronaca sul «Corriere d’informazione». Poi la svolta. Che gli procurò una condanna a morte da parte del boss Turatello.
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
Mauro Micillo: «Le iniziative avviate dall’amministrazione americana in ambiti strategici come infrastrutture e intelligenza artificiale offrono nuove opportunità di investimento». Un ponte anche per il made in Italy.
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
All’ex procuratore devono essere restituiti cellulari, tablet, hard disk, computer: non le vecchie agende datate 2017 e 2023. E sulla Squadretta spunta una «famiglia Sempio».