2025-09-18
Spot Provita, i giudici sono contrari. «È offensivo per chi vuole abortire»
Il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Roma che aveva censurato il manifesto con la foto di un feto. L’ennesimo blitz liberticida dei progressisti, che però sbraitano contro l’intolleranza di Meloni e Trump.Ci hanno messo giusto qualche giorno per riprendersi dallo choc dovuto alla morte di Charlie Kirk (uccidono uno di destra, e lo uccide uno che scrive Bella ciao sui proiettili: l’esatto opposto di quel che raccontano da anni sulla violenza nera). Poi però si sono adattati velocemente alla nuova situazione e hanno trovato il modo di rivoltare la frittata e recitare la parte delle vittime. La nuova narrazione prevede che, dopo aver adeguatamente demonizzato Kirk, si passi ad attaccare l’amministrazione Trump accusandola di censurare gli oppositori (cioè i cuori di leone, quelli che insultano Charlie da morto) e di aver creato - infierendo sulle università - una nuova «cultura della cancellazione», niente meno. Ovviamente in Italia hanno immediatamente replicato l’atteggiamento, sfoderano editoriali su editoriali contro la destra meloniana intollerante e odiatrice che sfrutta la morte di Kirk a suo beneficio.Al di fuori di questo mondo parallelo pullulante di nazifascisti famelici, tuttavia, esiste la dura e innegabile realtà, la quale dimostra con chiarezza dove siano le censure vere, quanto siano pervasive e difficili da combattere. Un caso di scuola è quello riguardante i manifesti dell’associazione Provita & famiglia. Nel 2022, in occasione dell’8 marzo, il gruppo pro life ha chiesto e ottenuto nel Comune di Roma l’affissione di manifesti che mostravano una bambina nella fase fetale con la scritta: «Potere alle donne? Facciamole nascere! #8 marzo». Il Comune romano a guida progressista ha optato per il consueto atteggiamento: ha ordinato la rimozione del manifesto sostenendo che esso fosse «offensivo della libertà della donna all’interruzione volontaria di gravidanza, oltre che lesivo della loro dignità. E pertanto palesemente in contrasto con l’art. 12-bis del vigente Regolamento comunale sulla pubblicità».Della vicenda all’epoca si occupò anche Giorgia Meloni, che su Instagram condivise una foto del cartellone con il seguente commento: «L’assessore alle Attività Produttive e Pari Opportunità di Roma, Monica Lucarelli, annuncia che farà rimuovere questo manifesto. Ora la domanda è: cosa c’è da censurare in questo messaggio a favore della vita, della natalità, dei bambini e del sostegno alle loro mamme?». La domanda non era affatto peregrina. Come potrebbe la foto di una bambina nel ventre materno offendere qualcuno? Quel manifesto ha fatto violenza a qualche donna intenzionata ad abortire? E se qualcuna vedendolo avesse cambiato idea, dove starebbe il problema? Vietare l’esposizione di quel cartellone significava stabilire di fatto che non si potessero proporre ai cittadini messaggi pro life: la difesa della vita (pure tutelata dalla legge) non deve trovare spazio. Avessero tolto un manifesto pro Pal o pro migranti staremmo ancora a parlarne da allora.A quel punto Provita ha fatto ricorso al Tar, e poi di nuovo al Consiglio di Stato che ora ha reso nota la sua decisione. E sapete che dice? Beh, giudica legittima la rimozione. Secondo i giudici, il messaggio del cartellone non rispetta la libertà della donna di interrompere la gravidanza, «esprime un contenuto di sostanziale colpevolizzazione della donna» che sceglie l’aborto e metterebbe in discussione il diritto stesso di interrompere la gravidanza. Tutto questo, capite bene, per un cartellone con una bambina allo stato fetale e un invito a farla nascere. Un manifesto che sarebbe discriminatorio in base al codice della strada e dunque merita di essere cancellato.«Le sentenze del Consiglio di Stato sono giuridicamente imbarazzanti», commentano da Provita. «Si avalla una vera e propria censura politica da parte dei Comuni di sinistra solo perché i messaggi offendono il movimento Lgbt e i collettivi abortisti, una deriva aberrante. La cosa più grave è che la norma “anti discriminazioni” invocata da sindaci e giudici è stata inserita nel Codice della Strada dal governo giallo-verde e potrebbe essere eliminata con un tratto di penna dal Ministro Salvini, che ne ha la competenza e anche l’interesse, visto che a Roma hanno rimosso anche manifesti della Lega. Visto che all’epoca delle affissioni anche Giorgia Meloni ci difese, speriamo che dopo gli elogi alla libertà di espressione seguiti alla morte di Charlie Kirk il centrodestra intero passi dalle parole ai fatti».Qui vari nodi vengono al pettine. Il primo e più sproporzionato è evidentemente il continuo ricorso da parte delle amministrazioni di sinistra alla censura e all’oscuramento. Sappiamo già che diranno: il Consiglio di Stato dà ragione al Comune, non è censura. Un corno. Il Consiglio di Stato non dimostra affatto che quel manifesto sia in effetti violento o discriminatorio, lo ritiene tale su non si capisce bene quali basi. Questa decisione meriterebbe semmai un robusto e serio dibattito sui confini della libertà di pensiero e di espressione, e tutti coloro che oggi berciano contro gli odiatori di destra, se fossero davvero amici della libertà, sosterrebbero Provita anche non condividendone gli obiettivi. Sappiamo già che sul fronte progressista nessuno si muoverà, anzi i più gongoleranno per la cancellazione: la libertà di pensiero vale solo per il loro, di pensiero. Ma ecco avanzare l’altro nodo: quanti a destra prenderanno posizione? Charlie Kirk avrebbe condiviso quel manifesto, chi oggi lo chiama in causa dovrebbe saperlo.
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