2024-03-25
Spaziani Testa: «Le case green rischiano di snaturare il nostro Paese»
Giorgio Spaziani Testa (Imagoeconomica)
Il presidente di Confedilizia: «In pericolo i centri storici e migliaia di borghi. E i lavori antisismici passeranno in secondo piano mentre il calo delle emissioni sarà irrilevante».«Sarà un’operazione difficile e costosissima e alla fine il risultato in termini di minori emissioni di CO2 sarà praticamente irrilevante. Ma nel frattempo si sarà snaturato il territorio e impoverito il Paese. La nuova maggioranza Ue dovrà attivarsi per cambiare il testo». Giorgio Spaziani Testa, presidente della Confedilizia, si è battuto in prima linea contro la normativa europea sulle case green. «Iniziamo col dire che si tratta di un testo migliorato rispetto a quello che era stato proposto. E ciò grazie all’azione di chi, come la Confedilizia, si è battuta fin dal 2021 per contrastare un provvedimento ideologico, sbagliato e pericoloso. Le prime bozze prevedevano addirittura il divieto di vendere e locare immobili privi di certe caratteristiche energetiche e fino a pochi mesi fa il testo imponeva ai proprietari di effettuare rilevanti e costosi interventi entro scadenze prefissate». Qualcosa siete riusciti a strappare.«Nella versione alla fine approvata vi è l’obbligo per gli Stati di ridurre del 16% il consumo medio di energia del patrimonio immobiliare residenziale nel 2030 rispetto al 2020. Obiettivo che non sappiamo che cosa comporterebbe ma che il ministro dell’Ambiente italiano ritiene di difficile raggiungimento. Il miglioramento, dunque, vi è stato, ma è l’impianto stesso del provvedimento che noi abbiamo sempre contestato, nel momento in cui pretende di imporre e non di indurre. Inoltre, è particolarmente pericoloso per il nostro Paese».Pericoloso in che modo? «Per varie ragioni. Andiamo per punti. Abbiamo un patrimonio edilizio risalente molto indietro nel tempo e in larga misura collocato in contesti peculiari dal punto di vista della conformazione del territorio; basti pensare ai centri storici delle nostre città o alle migliaia di borghi presenti in tante aree del Paese. Punto 2: il nostro è un Paese a proprietà immobiliare diffusa, imporre interventi vuol dire obbligare a spese ingenti tanti piccoli risparmiatori. 3: In Italia vi è una rilevantissima quota di edifici in condominio. Questo renderebbe molto più complessa la gestione di norme vincolistiche come quelle previste – soprattutto inizialmente – dalla direttiva». Aggiungo un punto: come la mettiamo con i lavori antisismici, in corso?«Sarà un problema. La concentrazione di ogni attenzione sugli interventi di efficientamento energetico mette in secondo piano l’esigenza più urgente di migliorare la sicurezza antisismica dei nostri edifici».Ma dopo esserci svenati, l’Europa sarà più green?«È questa la domanda giusta: cui prodest? È interessante ricordare ciò che ha detto il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, in un’intervista su Italia Oggi: “L’Europa ha molto inquinato in passato, ma oggi contribuisce solo per il 7% alle emissioni di CO2 globali e non cambia molto se facciamo le case green piuttosto che le auto green. Al netto del discorso sui costi che ricadranno sui cittadini, perché questa operazione non è gratis come non lo è stato il 110%, potremo rendere più gradevole la vita nelle città, inquinare meno in futuro ma senza cambiare il destino del mondo che è nelle mani di Cina, Asia e Stati Uniti”. Chiaro come il sole».Intanto il nostro mercato immobiliare si svaluta?«Prima delle modifiche al testo, il rischio era in realtà una certezza. Ora il discorso è diverso. Va ribadito che i proprietari non hanno alcun obbligo di intervenire sui loro immobili. Inoltre ora c’è spazio per due tipi di azioni. La prima è la modifica della direttiva. Ci aspettiamo – pretendiamo, anzi – che i tre partiti di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia), coerentemente con il loro voto contrario sul testo, si attivino sin dall’inizio della prossima legislatura europea, nell’ambito dei rispettivi gruppi di appartenenza, per ripensare totalmente questo provvedimento, anzitutto rimuovendone l’impostazione prescrittiva».Quindi non tutto è perduto? Ci possiamo ancora salvare?«Bisogna puntare a modificare gli attuali equilibri di Bruxelles, per cambiare la direttiva “case green” ma – più ampiamente – per portare l’Unione europea a non essere più il tempio del dirigismo e a trasformarsi in qualcosa di molto diverso».C’è il rischio che fondi internazionali e grandi gruppi stranieri mettano le mani sul nostro patrimonio edilizio?«Per alcune tipologie di immobili il rischio c’è, da tempo, ma noi dobbiamo difendere quello che il professor Francesco Forte definiva “capitalismo popolare”, alla base del quale, in Italia, vi è la proprietà immobiliare diffusa, con i suoi valori di libertà e di indipendenza».Come può il governo attenuare l’impatto della direttiva sul mercato?«Oltre a stimolare la modifica della stessa direttiva, al fine di risolvere alla radice il problema, il governo può prepararsi ad attuarla – per l’eventualità che non si riuscisse a cambiarla – in modo da rimanere nel solco sinora seguito, fatto di incentivi e non di imposizioni. Il ministero dell’Ambiente ha già da tempo avviato un lavoro di verifica delle esigenze del nostro patrimonio immobiliare. Occorre proseguire in questa direzione e poi, una volta chiaro il quadro, disporre adeguate misure per indurre – non obbligare – all’effettuazione degli interventi più utili. Ma, ripeto ancora una volta, l’impegno maggiore deve indirizzarsi sulla modifica della direttiva. La sbornia green deve essere archiviata».Avete segnali che il mercato sta già scontando la direttiva con aumenti dei prezzi delle case nuove e crollo delle altre?«Questi sono fenomeni che hanno tempi più lunghi. Certo è che la stessa insistenza dei media e della politica sulla necessità della transizione ecologica, e la conseguente colpevolizzazione di chiunque non si muova in una certa direzione agevolano i due fenomeni indicati».C’è il rischio di speculazioni come fu per il Superbonus con rincari di materiali e lavori?«Se venissero introdotti dal governo italiano obblighi di intervento sugli immobili, per di più in tempi ravvicinati, il caos nei prezzi sarebbe inevitabile, così come l’impossibilità di reperire imprese disponibili, manodopera, materiali. Anche per questo occorre evitare ogni obbligo».Che rincari prevedete?«Impossibile formulare ipotesi».Come può intervenire, se può, il governo per evitarli?«L’unico modo è prevedere incentivi mirati, con tempi diluiti». Ci saranno effetti sulle locazioni?«Se il governo italiano prevedesse obblighi di intervento sugli immobili, a risentirne sarebbero ovviamente anche le locazioni. I nuovi contratti sarebbero condizionati dalla prospettiva delle spese da sostenere, che i proprietari cercherebbero di considerare al momento della determinazione dei canoni. Con tutte le conseguenze che possono immaginarsi in termini di aumenti o, in alternativa, di mancato incontro fra domanda e offerta. E la soluzione a questi problemi non potrebbe essere ovviamente quella – illiberale, incostituzionale, illogica – individuata nella direttiva, dove si può leggere quanto segue: “Fatte salve le rispettive politiche economiche e sociali nazionali e i sistemi di diritto in materia di proprietà, gli Stati membri affrontano la questione dello sfratto delle famiglie vulnerabili causato da aumenti sproporzionati dei canoni di locazione a seguito della ristrutturazione energetica del loro edificio o della loro unità immobiliare residenziale”. E aggiunge: “Nel fornire incentivi finanziari ai proprietari di edifici o unità immobiliari per la ristrutturazione di edifici o unità immobiliari affittati, gli Stati membri mirano a incentivi finanziari che vadano a beneficio sia dei proprietari che dei locatari. Gli Stati membri introducono misure di salvaguardia efficaci per proteggere in particolare le famiglie vulnerabili, anche fornendo sostegno locativo o imponendo limiti agli aumenti dei canoni di locazione”. Insomma, una sorta di equo canone per impedire che i costi degli interventi sugli immobili locati ricadano sugli inquilini!».Un ritorno al passato?«Questi “inviti” non basta ignorarli, come andrà fatto, ma bisogna impedire che in futuro trovino spazio nei provvedimenti di fonte europea. Per questo le elezioni europee di giugno dovrebbero vedere la contrapposizione tra favorevoli e contrari al dirigismo Ue. Con la speranza che prevalgano i secondi».Sarà interessato anche il mercato delle case vacanza? «In caso di lavori obbligatori, crescerebbero anche i prezzi di affitti brevi, case vacanza, bed and breakfast ecc. A qualcuno potrebbe far piacere, visto il diffuso fastidio verso queste forme di ospitalità ma si tratterebbe di una visione miope».Le locazioni fornite da istituti religiosi saranno più concorrenziali, visto che potranno mettersi in regola a costi minori?«Beh, questa potrebbe in effetti essere una delle conseguenze di un eventuale obbligo di intervento».E l’edilizia commerciale, i negozi e gli uffici?«In caso di obblighi di intervento, anche questi immobili subirebbero ripercussioni molto negative. E si tratterebbe davvero di una sciagura, vista la situazione di crisi in cui versa da tempo questo settore. Pensiamo solo alla perdurante desertificazione commerciale che affligge la gran parte delle nostre città, per attenuare la quale abbiamo da tempo suggerito due misure molto precise: l’introduzione della cedolare secca per gli affitti non abitativi, prevista dalla legge delega per la riforma fiscale ma non ancora attuata, e il superamento della preistorica normativa vincolistica sui contratti, risalente a quasi mezzo secolo fa».
Il killer di Charlie Kirk, Tyler Robinson (Ansa)
Matteo Salvini (Imagoeconomica)