
Arriva anche in Italia il manifesto dell'economista senegalese Ndongo Sama Sylla, emblema della critica alla «moneta neocoloniale».Può darsi che l'idea mandi in cortocircuito i numerosi progressisti di casa nostra che, almeno a parole, si struggono per i destini dell'Africa e dei suoi abitanti. Eppure, anche il Continente nero ha i suoi sovranisti, e sono pure parecchio agguerriti. Tra questi c'è il rapper senegalese Didier Awadi, che nel 2018 ha pubblicato un album intitolato Made in Africa. Tra i brani più potenti ce quello in cui canta: «Non ne vogliamo più sapere di questo maledetto Cfa». Dodici suoi colleghi musicisti, sempre nel 2018, hanno realizzato un videoclip intitolato 7 minutes contre le Cfa in cui gridano: «Il sequestro è durato abbastanza, il racket è arrivato al capolinea». Tutti costoro, come avrete capito, ce l'hanno con il franco Cfa, una moneta creata nel 1945 utilizzata da 14 Paesi africani divisi in due zone monetarie che fanno capo a due diverse banche centrali. Secondo l'Onu, il franco Cfa viene maneggiato da un totale di 162 milioni di persone. Di questa moneta si è parlato diffusamente anche in Italia nei mesi scorsi, dopo che Luigi Di Maio e Giorgia Meloni, tra gli altri, l'hanno tirata in ballo per criticare il comportamento dei francesi nel Continente nero. Come sempre accade, la questione è stata trattata dalla maggioranza dei nostri media come la solita trovata al limite del complottismo eppure, come questo giornale ha più volte spiegato, la faccenda è estremamente seria. Di sicuro la affrontano con grande serietà i numerosi attivisti, politici e intellettuali africani che si stanno battendo per liberarsi dal giogo finanziario francese in nome della sovranità monetaria. Il loro pensiero è ora sintetizzato in un libro intitolato L'arma segreta della Francia in Africa ( pubblicato in Italia da Fazi editore), un vero e proprio manifesto firmato dalla giornalista francese Fanny Pigeaud e, soprattutto, dall'economista senegalese Ndongo Sama Sylla. Quest'ultimo è una voce particolarmente ascoltata nel Continente nero, ed è uno dei portavoce del movimento contro il franco Cfa. Un altro è l'attivista del Benin Kemi Seba, divenuto famoso per aver organizzato una grande manifestazione a Dakar nel 2017. Durante la sfilata, diede fuoco a un biglietto da 5.000 franchi Cfa, fu subito arrestato per «deliberata distruzione di banconote aventi corso legale» e divenne persona non grata in Senegal. Sylla e Seba sono i due volti più celebri di questo (nemmeno troppo) sorprendente sovranismo africano, di cui esistono appendici anche qui da noi: a marzo alcune centinaia di persone, tra cui lo scrittore eritreo Daniel Wedi Korbaria, hanno sfilato a Roma per protestare contro l'imperialismo francese. Nel libro appena arrivato nelle nostre librerie, Sylla si esprime come alcuni dei più ferrigni euroscettici nostrani: «È necessario», scrive, «tenere a mente che nella nostra epoca, segnata dalla libera circolazione dei capitali, la sovranità monetaria, compresa la sovranità sui flussi finanziari, è diventata tanto importante almeno quanto la sovranità politica e territoriale. [...] Uno Stato del XXI secolo è veramente sovrano sono nella misura in cui possiede una sua valuta sovrana». Ecco perché i sovranisti africani vorrebbero liberarsi della «schiavitù valutaria» francese. «Se il franco Cfa continua a esistere, a dispetto del più elementare buonsenso economico e politico, è perché una serie di attori molto potenti ne traggono beneficio», spiega Sylla. «La zona del franco contribuisce a garantire alla Francia un piede in Africa, alle imprese francesi un accesso privilegiato ai mercati africani e allo Stato francese fonti affidabili di approvvigionamento di materie prime a basso costo che può pagare nella propria valuta. Il tutto con la complicità più o meno attiva delle élite africane che sono salite al potere - e continuano a esercitarlo - con il sostegno dell'Eliseo. L'anacronismo del franco Cfa sopravvive, dunque, perché soddisfa sia gli interessi francesi che quelli delle classi dirigenti africane». I sovranisti africani, dunque, non risparmiano i governanti dei loro Paesi. E mostrano di avere una visione del Continente radicalmente diversa da quella vittimista e terzomondista molto diffusa nella sinistra italiana e pure in certi ambienti cattolici. Ovviamente, però, il primo bersaglio degli oppositori della «moneta coloniale» è la Francia: quella del passato ma pure quella attuale guidata da Emmanuel Macron. «Oggi Parigi afferma che il franco Cfa è diventato una “moneta africana" gestita dagli africani; tuttavia, questa affermazione merita di essere seriamente messa in discussione», dice ancora l'economista Sylla. «Certo, gli elementi grafici delle banconote e il personale dirigente delle banche centrali sono stati “africanizzati": Marianna e le figure eroiche della Francia imperiale sono state sostituite da paesaggi della savana e monumenti nazionali africani. Ma dietro a questi luoghi comuni si nasconde una realtà ben diversa [...]. È a Parigi che vengono prese tutte le principali decisioni riguardanti il franco Cfa. Perché l'attore centrale di questo sistema è il Tesoro francese, che dipende dal ministero delle Finanze francese». In buona sostanza, il punto dei vari attivisti e intellettuali è che la Francia utilizzi la moneta coloniale per tenere sottomessi Paesi che altrimenti potrebbero crescere. Il franco Cfa viene considerato un'arma utile a «non promuovere uno sviluppo degno», ecco perché intellettuali ed economisti vogliono liberarsene, riappropriandosi della propria sovranità monetaria. Sarebbe bene che i tanti professionisti dell'immigrazione presenti sul territorio italiano ascoltassero le parole dei pensatori africani. Magari riuscirebbero a capire che il sovranismo non ha nulla a che fare con il razzismo e la discriminazione. Ma riguarda la libertà dei popoli di tutto il mondo.
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».






