2021-12-11
Il triplo fallimento del super green pass
Checché ne dicano i suoi cantori, il certificato verde non ha bloccato i contagi, che salgono, e non ha nemmeno spinto le inoculazioni. Un esame comparato delle curve negli altri Paesi europei mostra che quando spunta l’obbligo, la gente comincia a fidarsi di menoI cantori del green pass si mettano l’anima in pace: il certificato verde non solo non blocca i contagi, che salgono, ma addirittura frena le vaccinazioni. Un confronto con gli altri Paesi europei mostra che, quando subentrano gli obblighi e i pass, la popolazione tende a fidarsi (e a vaccinarsi) di meno. Ieri Roberto Speranza è tornato a gloriarsi per i dati relativi alle vaccinazioni: «È stato superato l’88% di persone over 12 vaccinate con la prima dose, e l’85% che ha completato il ciclo vaccinale», ha detto il ministro della Salute. Resta da capire che ruolo abbia avuto in tutto ciò il green pass. Ecco, forse per i legionari della carta verde, per i pasdaran del lasciapassare, sono in arrivo notizie ben poco brillanti. Il loro magico strumento ha già palesemente fallito su due fronti: non ha fermato la diffusione dei contagi (che invece hanno ripreso a galoppare), e semmai ha alimentato un senso di falsa e infondata sicurezza, corroborata - giova ricordarlo - da una assai maldestra affermazione di Mario Draghi, a luglio scorso, in conferenza stampa, quando spiegò che il green pass avrebbe offerto nientemeno che «la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose». Sappiamo bene quanto quell’asserzione sia stata smentita dai fatti. Ora arriva però un terzo ipotetico fallimento: i supporter del green pass avevano raccontato che la carta verde avrebbe per lo meno fatto aumentare le dosi, avrebbe cioè prepotentemente favorito più vaccinazioni. E invece un’analisi di Mario Menichella e Paolo Becchi, pubblicata sul sito di Nicola Porro, sembrerebbe suggerire il contrario. Per carità: si potrà pure sostenere che si tratti di coincidenze, però la ricerca offre a chiunque non abbia pregiudizi motivi per riflettere. Menichella e Becchi conducono un’indagine sui principali Paesi europei (quelli con e quelli senza green pass), studiando le curve della percentuale di vaccinati e le relative variazioni nel tempo. E cosa pare venir fuori? Un forte rischio di crollo del castello di carte chiamato green pass: anzi, c’è perfino motivo per temere che l’introduzione del lasciapassare non solo non abbia incentivato le persone a vaccinarsi di più, ma possa addirittura - in prospettiva - minare profondamente la campagna delle terze dosi.Dice Menichella alla Verità: «Il governo ha optato per il proverbiale “meglio un uovo oggi” (prime due dosi) “che una gallina domani” (terza dose)». Ma la scelta, grafici alla mano, sembra destinata a non pagare. Anzi, sembra alimentare una sorta di effetto di rigetto. Vediamo come e perché, tenendo d’occhio alcune date: metà giugno (prima e blanda introduzione del green pass per spostarsi fra Regioni in fascia arancione o rossa, ma anche per partecipare a feste o ad eventi); 6 agosto (estensione massiccia del green pass); e infine 15 ottobre (allargamento ai luoghi di lavoro). Ecco, l’esame delle prime dosi (proprio considerando quelle tre tappe temporali) mostra un andamento discendente. Ma Becchi e Menichella fanno di più, e assumono come parametro un Paese che non ha introdotto il green pass, come la Spagna, e notano che, nonostante l’assenza della carta verde, l’80% degli spagnoli si fosse già vaccinato all’11 novembre. E qui scatta il confronto tra Spagna e Italia. Scrivono Menichella e Becchi: «Alla fine di maggio, le due curve - che fino ad allora avevano viaggiato perfettamente “a braccetto” fra loro - cominciano a separarsi in modo clamoroso per qualche ragione inspiegabile. Curiosamente, proprio in quei giorni i media in Italia cominciavano a parlare dell’introduzione del green pass a partire da metà mese. Naturalmente, qualcuno dirà che si tratta solo di una coincidenza, e che quindi non è una prova che il green pass non serva a convincere la popolazione a vaccinarsi». E allora i due autori, in cerca di conferme o di smentite, si spostano in Francia, dove il green pass c’è, e con modalità abbastanza rigide. Osservano Menichella e Becchi: «Da quando, a fine aprile, è diventato scaricabile e necessario per andare in Corsica e negli altri territori francesi all’estero, la curva delle vaccinazioni francese e quella della Spagna si separano, per qualche motivo misterioso. Ed è già un’altra curiosa coincidenza. Ma non è che questi obblighi e questo tracciamento alla gente non piacciano? Naturalmente è solo un’ipotesi, che tuttavia sembra prendere progressivamente forza», chiosano.Sempre a caccia di verifiche, Becchi e Menichella passano a esaminare la Germania, dove dal 23 agosto vige «un sistema 2G e 3G, creando una divisione tra persone testate (3G) e persone vaccinate o guarite (2G)». Addirittura, più di recente, si è passati in diverse zone a un sistema 3G plus, dove, se non si è vaccinati o guariti, serve un tampone molecolare (non basta quello rapido): in pratica un sistema abbastanza simile al nostro green pass. E cosa è successo? Scrivono i due autori: «Curiosamente proprio dalla fine di giugno - quando viene lanciato il green pass tedesco - la curva delle vaccinazioni in quel Paese si separa dalla Spagna. E di certo le cose non vanno meglio dopo, a partire da fine agosto, quando viene reintrodotto il sistema 3G - 2G: il divario infatti si allarga». Ancora una coincidenza, si chiedono i due autori?In cerca di un riscontro di segno opposto (e quindi di una conferma della bontà del benchmark spagnolo), Menichella e Becchi lo trovano in Belgio, dove il green pass non è richiesto, e dove - ciononostante - si sono raggiunte ottime percentuali di vaccinazione. Né l’introduzione dal 1° ottobre di qualcosa che assomiglia al green pass ha modificato la curva: né più né meno di prima. Esaminando questi e altri casi, Becchi e Menichella giungono a due conclusioni. La prima: «Vi sono forti indizi sul fatto che le persone si vaccinino in percentuale sensibilmente maggiore se sono rassicurate dagli eventi o dalle autorità sanitarie». La seconda: «Le persone soffrono parecchio la restrizione della libertà, e sembrano avere in tal caso come reazione quella di non vaccinarsi. Usare il green pass per ottenere una maggiore percentuale di vaccinazione è dunque solo una pia illusione, né più né meno dell’altrettanto sbandierata immunità di gregge». «Verosimilmente», concludono, «il green pass funziona nell’indurre a vaccinare, solo nei confronti di quella parte delle persone che devono per forza averlo per questioni di lavoro, ma sulle altre ha l’effetto esattamente opposto».Può darsi che si tratti di un cumulo di coincidenze (l’ultima viene dal Friuli Venezia Giulia, dove in 10 giorni di super green pass i contagi sono saliti dai 181 del 29 novembre ai 763 del 9 dicembre), però una riflessione senza pregiudizi sarebbe utile. E invece, in barba a queste evidenze, si ricomincia con la minaccia dell’obbligo vaccinale. Diceva Albert Einstein che la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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