2019-01-03
Sordina al film contro i Fabio Fazio di Francia
Il Gioco delle Coppie di Olivier Assayas racconta l'ipocrisia che serpeggia tra gli intellettuali e nei salotti intrisi di bon ton e frustrazioni. Elogiato alla Mostra di Venezia, viene boicottato dalla distribuzione: poche sale e pasticci sulla data d'uscita.Quante doppie vite hanno gli intellettuali francesi, il demi-monde letterario e cinematografico in particolare. Tante, come quelle dei loro gemelli italiani, scrittori e artisti engagés (tutto il mondo è paese). E quanti diversi piani di lettura ha Double vies - Non fiction, film di Olivier Assayas presentato ed elogiato all'ultima Mostra del cinema di Venezia. Un film che avrebbe meritato sorte molto migliore di una programmazione silente e ultra residuale. Invece, di doppia vita, e di angolazione di ripresa, ne è stata colta solo una. Così, quest'opera sull'editoria, gli scrittori e la tv - in pratica, su un certo fazismo d'Oltralpe - scritta e diretta da un regista da festival nonché figlio d'arte, uno che dice che «fare cinema significa ascoltare le proprie budella», ecco, un'opera come questa è stata intitolata Il Gioco delle Coppie; proprio così. Finendo inevitabilmente nella disambiguazione di Wikipedia con lo storico programma televisivo, condotto negli anni da Marco Predolin e Corrado Tedeschi.Se la furbata del titolo doveva servire ad attrarre il pubblico, il risultato è più che sconfortante. Poche decine di migliaia di euro sono l'incasso del primo weekend di programmazione. Così le domande vengono al pettine. Il titolo piatto e fuorviante è, infatti, solo la prima delle riduzioni cui è stato sottoposto Double vies. La seconda concerne la distribuzione (I Wonder cinema) in sole 12 sale in tutto il territorio nazionale. Anzi, per la verità nel territorio del centro nord, essendo che da Roma in giù non se ne ha notizia. Infine, terzo e ultimo colpo di grazia sulla visibilità, l'uscita prima annunciata il 3 gennaio 2019 è stata improvvisamente anticipata al 27 dicembre. Spiazzando giornali e tv con il lodevole risultato di zero recensioni e zero promozione. Non che le cose sarebbero cambiate granché. L'overdose di filmoni natalizi spinti dalle corazzate avrebbe comunque schiacciato un film d'essai. Ma perché programmarlo in questo periodo e non scegliere un tempo meno congestionato e più propizio? Perché acquistarlo se poi non lo si promuove adeguatamente? Sciatteria? Volontà di affossare una pellicola dissonante? Misteri del sistema cinematografico nostrano. A ben vedere, un mondo non molto diverso da quello raffinato e snob descritto in Double vies.Le doppie vite sono tante, si diceva. Quelle dei protagonisti, innanzitutto. Editori, scrittori, attrici, ognuno con l'amante segreto o con qualche progetto più o meno confessabile. Poi quella dei libri, che con la rivoluzione digitale incombente si stanno sdoppiando in e-book e in audiolibri narrati da qualche star del cinema. È il tema centrale, la trama principale che alimenta i dialoghi nelle case, nei bistrot, nelle cene informali seduti in poltrona e non a tavola come si usa, tra il fascinoso editore Alain (Guillame Canet), lo scrittore narciso Léonard (Vincent Macaigne), l'attrice di serie tv e moglie dell'editore Selena (Juliette Binoche) e Valerie (Nora Hamzawi), la compagna dello scrittore nonché assistente di un politico emergente. Qui gli interrogativi sono elementari. Resisteranno i libri su carta o la letteratura e la saggistica saranno «dematerializzate» online. Fra l'editore geloso della tradizione e del feticismo libresco e la sviluppatrice digitale di vent'anni più giovane che crede nel futuro radioso della Rete il dibattito si accende appena usciti dalle lenzuola. Ma in fondo è quasi pretestuoso della cosa che sta davvero a cuore ad Assayas: l'ipocrisia che serpeggia tra gli intellettuali e nei salotti di cui sopra, intrisi di bon ton e frustrazioni. Ai quali il regista stesso appartiene, motivo per cui bisogna essergli ancor più grati per la riflessione con autodenuncia incorporata. È un'ipocrisia diffusa e radicata, che si mimetizza nell'autocommiserazione degli artisti incompresi (il mondo è ancora paese). Nel narcisismo delle presunte scelte antisistema e da splendido isolamento che poi splendido non è affatto. Nel sottoscala dei messaggi cancellati o spiati di whatsapp. Anche questa è doppia vita: quella vera è solo apparente e convenzionale e ci pensano le chat a smascherarla. Ecco perché Double vies è stato presentato come la risposta francese al molto più fortunato precursore Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, che però di tutti noi parlava.Qui invece siamo nei circoli letterari e il vero protagonista è uno scrittore bambinone ma opportunista che si vende come ribelle irriducibile, ma insegue la pubblicazione dall'editore potente (il mondo è sempre paese). E che nei libri camuffa appena le sue acrobazie erotico-sentimentali. Cosicché, con poco sforzo, amanti e compagne si riconoscono, e allora qui il gioco delle coppie ci sta alla grande. Perché, in fondo, è diverso «avere una storia» dallo «stare insieme». Come è diversa l'ipocrisia dall'«implicito», il sapere del tradimento ma conviverci senza smascherarlo o raccontarlo in giro. Distinzioni trasparenti che duplicano la stessa materia. Come quelle tra «romanzo» e «autobiografia romanzata», utili a puntellare la superiorità morale di un certo milieu. Assayas merita dunque gratitudine per la perfidia con cui racconta questi interpreti della gauche caviar in cammino verso il 2.0. I quali, se vanno anche loro a vedere Star Wars - Il risveglio della forza, preferiscono scrivere nei loro libri che era Il nastro bianco di Michael Haneke, che fa più chic.Sembra un dettaglio. Invece c'è dentro tutta la storia. E chissà, forse anche il fatto che un film così sia rimasto ai margini. Per sciatteria e ottusità o per qualche altro curioso motivo?