
Il primo cittadino di Danta di Cadore: «Sono rimasto senza autista, non voglio chiudere le scuole. E così riesco pure a risparmiare. Sul pullmino cantiamo l'inno d'Italia: i bimbi lo hanno appena imparato. Ricordo quando Benedetto XVI passò davanti a casa mia».Sindaco, parlare al telefono con lei non è tanto facile.«Che dice? Io sono qui, sempre disponibile».Ma ho dovuto chiamare prima il numero di telefono del Comune e poi digitare un interno a caso. Lei non ne ha uno solo suo?«No, non me l'hanno dato».Non gliel'hanno dato? E perché?(Ride, ndr) «Non ne ho idea».Ivano Mattea è il primo cittadino di Danta di Cadore, un paesino di 500 anime arroccato sulle Dolomiti bellunesi. Improvvisamente è finito sulle cronache nazionali per una sua bizzarra decisione: poiché l'autista dello scuolabus (che è anche l'unico vigile urbano del Comune) è in ferie, ogni mattina Mattea sveste la fascia di sindaco e si mette al volante del pullmino che fa il giro dei borghi del circondario. Raccoglie i bambini e li accompagna alla materna e alle elementari di Danta.Io pensavo che dalle vostre parti ci fosse rimasto solo il mammut del locale museo di storia naturale. E invece ci sono ancora bambini da portare a scuola.«Il problema era proprio questo: per evitare la chiusura della scuola materna e della scuola elementare del mio Comune, raduno tutti i ragazzi che vivono nei dintorni e li porto a scuola qui».Una campagna acquisti.«Ai genitori fa comodo. Quando mi sono insediato, nel 2014, c'erano due famiglie di fuori che li portavano a scuola qui. Allora mi sono detto: compriamo un pullmino e accompagnamoli noi. È stato un successo».Un successo?«Pensi che oggi un solo pullmino non mi basta più. Devo fare avanti e dietro due volte per raccogliere tutti i bambini».Complimenti, sindaco.«Complimenti soprattutto alle maestre, che hanno accettato di accogliere a scuola anche i cosiddetti anticipatari, i bambini che non hanno ancora compiuto 3 anni».Lei supplisce al vero autista dello scuolabus, che è anche l'unico vigile del paese. Scusi, ma questo signore come fa contemporaneamente a guidare il pullmino e a dirigere il traffico?«A essere sincero, non è che il vigile urbano serva sempre qui a Danta. Ne ho bisogno soprattutto ad agosto, quando arrivano un po' di turisti. Perciò ci terrei a sottolineare una cosa».Sottolinei.«Siccome il vigile non poteva andare in ferie in piena stagione turistica, ho dovuto mandarcelo ora. Non sto facendo l'autista perché a lui non andava più, ma perché, come suo diritto, è a riposo».Chiarissimo. Ma a lei non farebbe comodo assumere altro personale?«Bado alle spese. Sa, i piccoli Comuni sono molto controllati. Appena spendiamo qualche soldo in più, arriva la Corte dei conti di Venezia. Poi però ci sono Comuni spendaccioni ai quali continuano a elargire fondi. Non mi faccia parlare, guardi».Ma no, parli. Con chi ce l'ha?«Senta, io tempo fa avevo partecipato a un bando per avere dei finanziamenti. Non ricordo nemmeno più per cosa. Il mio e gli altri Comuni della mia zona, tutti virtuosi, sono stati esclusi. Ha vinto un Comune dalle parti di Benevento, che aveva un passivo di 11 milioni di euro».Il sindaco tuttofare si rimbocca le maniche, ma è un po' arrabbiato.«Dico solo che in Italia si punisce chi è virtuoso. Non è una bella cosa».E che fa con i bimbi mentre guida lo scuolabus?«Mi diverto moltissimo. Ultimamente hanno imparato l'inno di Mameli e si mettono a cantarlo. Ogni tanto qualcuno piange e allora io dico: “Be', allora piangiamo tutti insieme!". E loro smettono».Io però immagino a quali intemperie siano esposti questi poveri ragazzini.«L'altra mattina c'erano cinque gradi sotto zero!».Impressionante. Lei si può scaldare con un buon grappino veneto…(Ride, ndr) «Mai prima di guidare. E poi non posso mica darlo ai bambini».E come si scaldano questi poverini?«Metto l'aria calda nel pullmino. Siamo attrezzatissimi. E ovviamente abbiamo pure catene e gomme termiche per l'inverno».Mi dica di lei. È nato e cresciuto a Danta?«Sì. Sono qui da 66 anni».Si è candidato con una lista civica. Ma lei è di destra o di sinistra?«Sono di destra, ma moderato. Diciamo che sono cresciuto negli anni della Dc, che dalle nostre parti prendeva percentuali bulgare».È vero che a Danta ci sono solo cinque stranieri?«Sinceramente non so il numero preciso. Ci sono un po' di badanti, brave signore romene. E ci dovrebbe essere un nordafricano».Un nordafricano sulle Dolomiti?«Sì, ma a essere sincero non l'ho mai visto».Sarà ibernato da qualche parte. I bambini quindi sono tutti italiani?«C'è una ragazzina di un Comune limitrofo che è di colore: la madre è italiana e il padre senegalese. Ma lei è italiana a tutti gli effetti».A Danta venne in visita anche papa Benedetto XVI.«Sì, nel 2009. Venne nella chiesetta di Santa Barbara. Io lo intravidi mentre passava davanti casa mia, nella sua automobile. Mi salutò con la manina».Caspita, salutato da un Papa. E ora come ha vissuto il suo quarto d'ora di celebrità? Il sindaco autista è finito su tutte le tv.«Ma io non volevo mica farmi pubblicità. Lo faccio perché mi fa piacere. Mi rendo utile. E risparmio».Sindaco, allora lunedì La Verità registrerà un picco di vendite nel bellunese?(Ride, ndr). «Ovviamente! Quindi lei davvero trascriverà quello che ci siamo detti? Certo che voi siete proprio dei professionisti…».
Donald Trump (Ansa)
La proposta Usa non piace a Volodymyr Zelensky, azzoppato però dal caos corruzione. Marco Rubio: «Tutti devono accettare concessioni difficili».
Donald Trump tira dritto con il suo nuovo tentativo di porre fine alla guerra in Ucraina. Un funzionario americano ha riferito a Nbc News che l’inquilino della Casa Bianca avrebbe dato la sua approvazione al piano di pace in 28 punti, elaborato nell’ultimo mese principalmente da Steve Witkoff in consultazione sia con l’inviato del Cremlino, Kirill Dmitriev, sia con il governo ucraino. La medesima fonte ha rivelato che nella stesura del progetto sarebbero stati coinvolti anche il vicepresidente americano, JD Vance, il segretario di Stato, Marco Rubio, e il genero dello stesso Trump, Jared Kushner.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Un tempo la sinistra invocava le dimissioni (Leone) e l’impeachment (Cossiga) dei presidenti. Poi, volendo blindarsi nel «deep State», ne ha fatto dei numi tutelari. La verità è che anche loro agiscono da politici.
Ci voleva La Verità per ricordare che nessun potere è asettico. Nemmeno quello del Quirinale, che, da quando è espressione dell’area politico-culturale della sinistra, pare trasfigurato in vesti candide sul Tabor. Il caso Garofani segnala che un’autorità, compresa quella che si presenta sotto l’aura della sterilità, è invece sempre manifestazione di una volontà, di un interesse, di un’idea. Dietro l’arbitro, c’è l’arbitrio. In certi casi, lo si può e lo si deve esercitare con spirito equanime.
Elly Schlein (Ansa)
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.
Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.






