2019-07-08
Soltanto un mite (armato) ci può salvare
Vergogna per il proprio passato, sesso ridotto a strofinio, promozione dell'aborto ed esaltazione delle tendenze omoerotiche. È così che si distrugge la civiltà occidentale. Per soccorrerla servono eroi come San Giuseppe o l'Arcangelo Michele: santi e pure guerrieri.Chi conosce il passato può capire il presente. E cercare di azzeccarne qualcuna sul futuro. Il futuro di un popolo sono i suoi figli, quindi un popolo che non mette al mondo figli non ha futuro. Q di figli che mette al mondo, quindi possiamo vergare le istruzioni per l'uso per l'estinzione di un popolo.1 Fate sì che quel popolo si vergogni di sé stesso. Create una classe di insegnanti semianalfabeti che sia veramente convinta di appartenere a un popolo colpevole e che passi il tempo su testi ridicoli a istillare sensi di colpa. Per semianalfabeta intendo una persona che, a fronte di un'apparente «cultura», abbia dentro di sé un abisso di ignoranza, che ignora la vera storia, che ignora la vera filosofia. Facciamo un esempio a caso: la civiltà occidentale. Questa straordinaria civiltà è nata dalla fusione di quattro principi che ho rappresentato nei miei libri metaforicamente come quattro diverse razze: l'acqua, duttile, che passa dappertutto (nei miei libri gli uomini), con capacità di adattamento a qualsiasi cosa, ossia la filosofia greca, la terra ( nei miei libri i nani), la praticità, la capacità di essere pragmatici, ovvero il diritto e la struttura statale romana, l'aria, (rappresentata nei miei libri dagli elfi), la spiritualità biblico evangelica, le fede nell'essere figli di Dio, e di un Dio che ci ama al punto tale da morire per noi, e su tutto questo il fuoco, gli orchi, la potenza e la violenza dei barbari. Noi siamo una civiltà duttile, pragmatica, spirituale e violenta, e questa fusione ci ha dato la potenza di incidere sul mondo. Una scuola di semianalfabeti ha interiorizzato la storiografia marxista come fosse il verbo, in realtà è un ammasso di fesserie che ha enfatizzato le colpe della civiltà occidentale cristiana, minimizzato tutte le sue conquiste. Nessun'altra civiltà ha raggiunto i livelli di arte e tecnologia che abbiamo raggiunto noi. Non perché siamo migliori geneticamente, ma perché il cristianesimo è il motore, e in Europa, protetto da acqua, terra e soprattutto fuoco, è potuto sopravvivere. Quando siamo diventati postcristiani, quando il cristianesimo è stato sospeso dalle due terrificanti religioni atee del XX secolo, comunismo sovietico e nazismo tedesco, i morti si sono contati a metri cubi, non più a unità, mentre l'arte è scomparsa.2 Trasformate la sessualità in uno strofinio. Il trentenne normale in tutta la storia del mondo è un tizio che ha tre bambini. Da noi è un tizio che arriva a sera trascinandosi per farsi uno spinello e una passata su Youporn.3 Convincete le donne che uccidere un bimbo nel loro ventre è un diritto, anzi una bella festa, con intellettuali e sindacalisti che, mentre il lavoro si estingue e i diritti minimi dei lavoratori vengono aboliti, si occupano della caccia al medico obiettore. 4 Esaltate le persone che rinunciano alla sessualità, l'unica che esiste, per comportamenti omoerotici sterili. Greci e romani erano tutti sposati con prole, inclusi Saffo e l'imperatore Adriano. Se poi facevano qualche birichinata con persone dello stesso sesso andava bene, ma nessuno rinunciava alla sessualità e alla prole per il comportamento omoerotico.Chi si vergogna del proprio passato, rinuncia al proprio futuro. Se vogliamo un futuro impariamo ad amare il nostro passato. A scopo di marketing raccomando la lettura del mio libro, La realtà dell'orco, dove spiego questi concetti o, anche, della saga degli ultimi, Arduin il rinnegato, L'ultimo elfo, L'ultimo orco, eccetera.Contrariamente all'iconografia più diffusa, San Giuseppe, ne sono convinta, era un uomo giovane. E molto forte. Per proteggere il più prezioso dei misteri, non viene scelto un fornaio o un sarto, ma un falegname. Duemila anni fa i falegnami partivano dalla materia prima, cioè abbattevano anche gli alberi. Un falegname portava abitualmente con sé un'ascia, perché in qualsiasi momento poteva trovare sul suo cammino l'albero o il ramo di cui aveva bisogno. Il falegname era un uomo armato. Il più prezioso dei misteri viene quindi affidato a un uomo mite, ma non disarmato, che con la sua forza, la forza muscolare sommata all'ascia, allontana la tentazione di fare il male che una giovane donna molto bella può suscitare, così da impedire il male e salvare dal male colui che, grazie alla forza, non è caduto in tentazione. Giuseppe è un guerriero, insieme a San Michele Arcangelo e a San Giorgio fa parte della schiera dei santi armati. La sua guerra è il sacrificio, sacrum facere, del suo amore per Maria, che non può esprimersi nella forma in cui naturalmente si esprime l'amore di un uomo per una donna. Questo sacrificio è talmente enorme, che spesso viene reso più piccolo e credibile rappresentando Giuseppe come un uomo anziano. Il mistero più prezioso non poteva essere affidato a un vecchio. È stato affidato a un uomo, perché il Bambino aveva bisogno di un padre, non di un nonno. Giuseppe quindi è un guerriero. La sua guerra è proteggere, la sua guerra è resistere alla forza dell'istinto più ovvio, così da ricordarci che noi possiamo essere più forti di qualsiasi passione. Ricordiamocelo la prossima volta in cui qualcosa ci sembrerà irresistibile. Giuseppe è il santo della forza. Quando Cristo sale sul Golgota, San Giuseppe è già morto. Se fosse vivo, lo impedirebbe o morirebbe nel tentativo di impedirlo. Andrebbe con la sua ascia a proteggere il Figlio o a morire per lui come compito di ogni padre. Per questo è necessario sia già morto al momento della croce.Il cristiano, come San Giuseppe, deve essere mite e armato. A puro scopo di marketing segnalo il mio libro Giuseppe figlio di Giacobbe, edito da Effatà, ottenibile alla modica somma di 6 euro. Mica volete stare senza? A puro scopo di marketing (dice un'Ave Maria per me a ogni rosario che gli faccio vendere), informo che il rRosario che ho io, il rosario di Nostra Signora delle milizie, in acciaio e cordino militare, con le effigi dei santi armati, San Michele Arcangelo, San Giorgio e San Giuseppe con l'ascia, è in vendita da Manente rosari. Con San Michele e la medaglia di San Benedetto (ha incise le iniziali dell'esorcismo, meglio essere pronti, just in case, non si sa mai) è il rosario a bracciale in acciaio e cordino militare di Non prevalebunt rosari (si sono impegnati a un Padre Nostro per me per ogni rosario che gli faccio vendere). Scrivo a titolo di marketing sia perché così faccio incetta di Ave e Pater, ma anche perché ogni persona in più che ha in tasca (o al polso) il rosario è uno in più dell'armata. C'è una guerra. E la guerra è in alto. Qui in basso ne abbiamo un riflesso. Come San Giuseppe, miti e armati. Il rosario è un'arma, per questo amo quelli in acciaio e paracord (cordino militare): me lo ricordano. Non prevalebunt vuol dire «non prevarranno». Quando Cristo affida a Pietro la Chiesa, un gruppo di uomini, afferma che le porte degli inferi non prevarranno su di essa. Non prevalebunt. Tranquilli: non prevarranno. Dobbiamo continuare a ripetercelo, davanti alle spumeggianti idiozie falso arcobaleno di padre James Martin, davanti alle strampalate affermazioni a Cracovia di monsignor Nunzio Galantino, davanti all'affresco strampalato di monsignor Vincenzo Paglia, davanti a paffuti cardinali che sono andati a trovare i seminaristi direttamente in seminario, noi ci ripetiamo non prevarranno. E ci ricordiamo che quando la frase è stata pronunciata, Giuda era ancora tra i dodici. Nel gruppo degli uomini era presente il traditore. Tranquilli, anche se il nemico è dentro le porte, non prevarranno.Miti e armati. Come San Giuseppe.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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