2020-11-12
Soldi sulla nostra pelle. Ma nessuno li caccia
Come avevamo immaginato e scritto dopo il crollo del ponte Morandi, per anni la società Autostrade ha guadagnato miliardi risparmiando sulle spese di manutenzione della rete viaria che le era stata affidata dallo Stato. Non ci voleva uno scienziato per capirlo: bastava consultare il bilancio dell'azienda e passare in rassegna i risultati. Quattro giorni dopo la strage in cui persero la vita 43 persone scrivevamo: «Chi volesse capire le ragioni del crollo dovrebbe innanzitutto partire da un numero: 60. Sessanta per cento è infatti il margine operativo medio di Autostrade per l'Italia, la concessionaria di proprietà della famiglia Benetton. Nel 2016, a fronte di 3,8 miliardi di ricavi, la società guidata da Giovanni Castellucci ha registrato un margine operativo lordo, cioè un utile prima delle tasse e degli oneri finanziari, di quasi 2,4 miliardi, pari al 62,7 per cento del fatturato. Un utile dell'esercizio, cioè il guadagno una volta pagate le imposte, di 930 milioni. Rapporto fra ricavi e utili, circa quattro a uno: mica male per un'azienda che svolge un servizio di pubblica utilità e che dunque dovrebbe garantire tariffe basse agli utenti e non utili ai privati». Chiedo scusa per la lunga citazione dell'editoriale uscito sulla Verità il 18 agosto, ma in essa c'è la spiegazione di ciò che è successo ieri, ovvero dell'arresto di Giovanni Castellucci e di altri manager di Autostrade i quali, pur di accumulare utili, erano disposti anche a installare barriere antivento incollate col Vinavil. Sì, non stiamo scherzando, sono stati gli stessi dirigenti ad ammetterlo in una conversazione telefonica dopo un incidente. Intercettati dalla Guardia di finanza, alcuni funzionari riconoscono che non solo la resina utilizzata per gli ancoraggi dei pannelli è difettosa e totalmente inefficace, ma addirittura rivelano che le barriere collocate lungo 400 chilometri di rete non sono a norma di legge e adeguarle costerebbe 140 milioni. Ma tutti quei soldi Autostrade non li voleva spendere, perché avrebbero abbassato la redditività della società e di certo la famiglia di Ponzano Veneto, che da vent'anni ne è proprietaria, non sarebbe stata contenta. L'ordinanza di custodia cautelare con cui sono stati messi agli arresti i manager dell'azienda parla chiaro. «Sul punto sono significative alcune conversazioni dalle quali emerge l'elevata redditività di Aspi e la conseguente distribuzione di dividendi tra gli azionisti, derivata in parte da tale spregiudicata linea imprenditoriale improntata alla sistematica riduzione delle manutenzioni della rete autostradale». E allora andiamole a leggere queste intercettazioni. Ce n'è una del 30 gennaio di quest'anno che fa capire molte cose, soprattutto per quel che riguarda i quattrini in ballo. A parlare sono Roberto Tomasi, ossia l'uomo che nel novembre dello scorso anno ha sostituito Castellucci ai vertici di Aspi, e Alberto Milvio, il direttore di Autostrade per l'Italia. «Allora, dal 1999, cioè l'anno della privatizzazione, al 2019 ha distribuito nove miliardi e quattro, di cui nove miliardi sono andati ad Atlantia», dice il direttore finanziario di Aspi. Atlantia è la società che controlla Autostrade, dove i Benetton sono azionisti di maggioranza. Dunque, gran parte di quei dividendi li ha incassati proprio la famiglia di Ponzano. E infatti Milvio, parlando con l'amministratore delegato, aggiunge «e tre e quattro a… diciamo… Sintonia e Schema 28». Sintonia e Schema 28 sono società che fanno capo al gruppo veneto. Tradotto: gli utili finivano proprio nelle tasche degli industriali dei maglioni.Ma ancor più illuminante è un'altra conversazione del febbraio scorso, in cui viene fatto proprio riferimento alla carenza della manutenzione. A parlare sono Giorgio Brunetti, consigliere di amministrazione del gruppo Benetton e di Autogrill, e Gianni Mion, attuale amministratore delegato di Edizione holding, la società che controlla Atlantia e dunque Aspi. Dice Mion: «Il management si era impossessato della loro testa». Risponde quell'altro: «Appunto». Mion: «Pensava di fare lui». Il riferimento ovviamente è a Castellucci. Replica Brunetti: «Eravamo nel 2007, quindi sono passati 12 anni». I due ricordano vent'anni di gestione. Mion: «Castellucci allora diceva “facciamo noi!" e Gilberto (ossia il terzo dei quattro fratelli Benetton, ndr) era eccitato perché lui guadagnava e suo fratello (probabilmente Luciano) di più…». Brunetti a questo punto aggiunge una considerazione: «Ma veramente, allora tu eri consapevole mi ricordo, fin dall'inizio. Quando hanno acquistato quella roba, era roba che loro non potevano neanche governare». «Esatto», conferma Mion, cioè l'uomo che da anni è il braccio finanziario dei Benetton. «Si erano innamorati di sta roba senza sapere», continua Brunetti. «Glielo dicevano», ribatte l'altro. E Brunetti completa «i rischi che c'erano in sta roba». La roba ovviamente era Autostrade. E quali fossero i rischi lo spiega Mion al telefono con l'amico consigliere del gruppo: «Il vero grande problema è che le manutenzioni le abbiamo fatte in calare, più passava il tempo e meno facevamo, così distribuivamo più utili, e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti».Ecco, nero su bianco, le intercettazioni confermano ciò che abbiamo scritto fin dal primo giorno. Autostrade era una gallina dalle uova d'oro per i Benetton, perché la società concessionaria di un bene dello Stato per fare sempre più utili - ossia quel 60 per cento di cui parlavamo all'inizio - tagliava sulla manutenzione. Ora Castellucci e altri manager sono finiti in galera perché usavano il Vinavil per incollare le barriere antivento. Ma le frasi che abbiamo riportato dimostrano una cosa, e cioè che a Ponzano i vertici sapevano come si facevano tutti quei soldi, ma accecati dal luccichio del denaro hanno preferito chiudere gli occhi. «Gilberto e tutta la famiglia erano contenti». «Gilberto era eccitato perché lui guadagnava e suo fratello di più». Glielo dicevano quali erano i rischi, ma preferivano ascoltare la musica dei quattrini che entravano nelle loro tasche e a dirlo è Mion, l'uomo che meglio conosce i Benetton. C'è poco altro da aggiungere, se non che queste parole andranno scolpite sulle lapidi delle 43 vittime del crollo del ponte Morandi.Ps. Sono passati due anni, due mesi e 29 giorni dalla strage di Genova e nonostante le molte promesse di Giuseppe Conte, i Benetton sono ancora i padroni di Autostrade, concessionari dello Stato che ogni giorno incassano i soldi degli automobilisti.
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