2020-09-29
Snobbato il porporato che resiste al Dragone
Cardinale Joseph Zen Ze-kiun (Ansa)
Il prelato nemico del patto Vaticano-Cina, e critico sulla nomina del vescovo Choi a Hong Kong, non è stato ricevuto dal Pontefice nonostante quattro giorni di attesa. Questo sgarbo e la freddezza nei confronti di Pompeo spianano la strada al rinnovo dell'intesaL'ex tesoriere rivale di Angelo Becciu, assolto in Australia, è atteso oggi OltretevereLo speciale contiene due articoliLa Cina e Bergoglio. È una questione di marketing della fede, di soldi e di posizionamento della Chiesa e Francesco ormai ha scelto di avere come nuovo orizzonte l'Oriente. È talmente vero che mentre viene messo a tacere Angelo Becciu, il cardinale che è stato l'ombra di Francesco e di Pietro Parolin, il cardinale segretario di Stato, vero artefice dei nuovi rapporti con la Cina, Bergoglio si rifiuta di ricevere Mike Pompeo, il segretario di Stato americano, ma anche l'anziano cardinale Joseph Zen, venuto da Hong Kong a supplicare il Papa di non piegarsi al regime comunista. Ma Bergoglio, nonostante un'anticamera di quattro giorni del prelato asiatico, non lo ha ricevuto. Hong Kong resta un fastidio per Francesco, che predica di profughi e di mondo nuovo ma alla richiesta di democrazia dei cinesi dell'ex colonia britannica non sembra prestare attenzione. Addirittura è arrivato a sbianchettare, il 6 luglio scorso, il discorso dell'Angelus, già diffuso dalla sala stampa vaticana, in cui si doveva pregare per i giovani cinesi impegnati nella difesa della democrazia. E sarà un caso, ma ieri Vatican news si è affrettato a diffondere una lettera pastorale del cardinale John Tong Hon, amministratore apostolico di Hong Kong, in cui si fa un accenno alle lotte degli studenti e al Covid per invitare i «fedeli a rimanere saldi nella fede». Il Vaticano sta cercando di coprire la linea Bergoglio. Ma Joseph Zen è venuto a Roma a dire che il «re è nudo». Sostiene che il Papa, tra nominare nuovo vescovo di Hong Kong l'ausiliare Joseph Ha Chi-shing, (un francescano amatissimo dai cattolici della colonia ex britannica) e Peter Choi (prete gradito al regime di Pechino), starebbe scegliendo Choi, con ciò «facendo una cosa orribile: è ridicolo che sia preferito solo perché piacerebbe a Pechino. Pechino è un tiranno». Ma evidentemente il Papa degli ultimi, quello dei naufraghi, dell'ecologia, del capitalismo da mettere in discussione, non la pensa così. A Bergoglio Pechino piace. Non è mai stato chiarito se la donna cinese «schiaffeggiata» in piazza San Pietro la notte dell'ultimo dell'anno fosse arrivata da Hong Kong a chiedere aiuto. È invece un fatto che il Papa abbia lodato il regime di Xi Jinping per come ha gestito l'emergenza Covid. Ma perché tanta attenzione alla Cina? Pietro Parolin ha lavorato a un accordo raggiunto nel 2018, secondo il quale Pechino tollera che a nominare i vescovi sia il Papa. In realtà, come dimostra la vicenda di Cho, è ancora Pechino che sceglie chi deve curare le anime. Il secondo motivo è di marketing della fede: iscritti alla società cattolica tollerata e controllata dal regime ci sono già 12 milioni di «fedeli». Il terzo motivo è sicuramente economico: mancando i dollari americani, la Chiesa cercherebbe gli yuan cinesi. E anche le aperture del governo italiano verso Pechino sono molto influenzate dal Vaticano: non è un mistero che Pietro Parolin abbia una forte influenza sul presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, e magari la via della fede passa anche attraverso il G5 cinese. Per contro Jorge Mario Bergoglio si è rifiutato di ricevere il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, in visita a Roma. Motivazione ufficiale: il Papa non vuole dare endorsement anche molto alla lontana a nessun candidato alle elezioni statunitensi. È cosa nota tuttavia che Bergoglio preferisca che Trump se ne vada, essendo in rotta con la chiesa americana. Il Papa ha dovuto ingoiare prima l'affare McCarrick, l'ex arcivescovo di Washington accusato di ogni nefandezza sessuale, poi l'aperta ostilità del cardinale Raymond Leo Burke, infine il fatto che dagli americani non arrivino più i soldi di prima. Il Vaticano è in una gravissima crisi economica e tutti in Curia hanno il fiato sospeso per come andrà la raccolta delle offerte dell'Obolo di San Pietro, quello al centro dello scandalo Becciu, che si tiene il 4 ottobre, festa di San Francesco. L'ultima mossa di Francesco - peraltro anticipata dalla Verità e da Panorama - è stata di togliere tutti i soldi alla segreteria di Stato e concentrarli nell'Apsa (la banca centrale vaticana) sotto la responsabilità di monsignor Guerrero Alves e una sorta di supervisione di Reinhard Marx, il cardinale iperprogressista tedesco che presiede il Consiglio per l'economia. Resta da mettere le mani sui soldi del governatorato, che il cardinale Giuseppe Bertello non vorrebbe mollare e che continua a custodire nello Ior, dove stamattina arrivano gli ispettori Moneyval che si occupano di monitorare la trasparenza delle finanze vaticane.È in questo contesto che il Papa cerca un'altra sponda. Di certo Parolin sta lavorando alla conferma dell'accordo con Pechino che scade a ottobre, e il Papa vuole fare la visita apostolica in Cina. Così in Vaticano l'unico intoccabile è il cardinale Luis Antonio Tagle, un sinofilippino, che è il tramite con Pechino e che è a capo di Propaganda Fide e amministra un patrimonio enorme. La via della Seta - o della fede - passa da lì e dal 5G italiano. Forse. In Vaticano, ma anche in Cina il silenzio è d'oro. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/snobbato-il-porporato-che-resiste-al-dragone-2647849547.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dopo-aver-spazzato-via-le-accuse-il-cardinale-pell-torna-a-roma" data-post-id="2647849547" data-published-at="1601334044" data-use-pagination="False"> Dopo aver spazzato via le accuse il cardinale Pell torna a Roma Alla fine il «ranger» è tornato. Proprio oggi, secondo diverse indiscrezioni che arrivano da «fonti vicine» al cardinale George Pell, il porporato australiano sarà a Roma, qualcuno sostiene addirittura che sia stato convocato da papa Francesco. Assolto dall'Alta corte australiana dalla condanna per abusi su minori, dopo quasi 14 mesi di carcere, l'ex capo della segreteria per l'economia vaticana torna nella Città eterna dopo tre anni di forzata assenza. La notizia del probabile arrivo del cardinale è stata data anche da CathNews, agenzia di informazione della Conferenza episcopale cattolica australiana. Era il 2017 quando Pell si imbarcò su un aereo che lo portava in patria per difendersi dalle terribili accuse di abusi per fatti risalenti a un quarto di secolo fa; il successivo calvario giudiziario, che ha fatto scricchiolare la serietà del diritto anglosassone, e la feroce pressione mediatica subita, hanno fatto ritenere al cardinale che le accuse fossero montate in Australia, ma alcuni pezzi della trappola arrivavano da Roma. Sta di fatto che il porporato nel 2014 era stato incaricato da papa Bergoglio per tirare le fila dei forzieri vaticani e procedere a un'operazione di trasparenza e accentramento, ma su questo cammino è caduto molte volte sotto i colpi del fuoco amico. Il comunicato diramato da Pell dopo il defenestramento del cardinale Angelo Becciu, che era dominus degli Affari generali della segreteria di Stato quando Pell era intento a svolgere il suo compito, spiega meglio di mille parole l'animo del cardinale australiano sulla faccenda: «Il Santo Padre è stato eletto per ripulire le finanze vaticane. Va ringraziato e bisogna congratularsi per i recenti sviluppi. Spero che la pulizia continui». Se oggi sarà a Roma e parlerà con il Papa, molte «opacità» di Curia potrebbero assumere una nuova luce. E Francesco potrebbe perfino scoprire che quelli che considerava amici forse non lo erano fino in fondo. Dalle dichiarazioni rilasciate da Becciu nella conferenza stampa di difesa dopo il defenestramento, emerge che i due porporati non erano in buoni rapporti sulle riforme. «C'è stato del contrasto professionale» tra lui e Pell, ha detto Becciu, ma l'ex segretario per l'economia gli avrebbe dato del «disonesto» davanti al Papa e il Papa avrebbe dato ragione a Becciu. Ma secondo le ricostruzioni della statunitense Catholic news agency, proprio il cardinale Becciu sarebbe stato determinante per fermare le riforme avviate dal cardinale Pell. Nel 2016, sebbene Francesco avesse conferito alla segreteria per l'economia l'autorità di controllo autonomo sulle finanze, Becciu sarebbe intervenuto quando il cardinale Pell pianificò un audit esterno di tutti i dipartimenti del Vaticano, che sarebbe stato condotto dalla società PricewaterhouseCooper. «Unilateralmente, e senza il permesso di papa Francesco», scrive Catholic news agency, «il cardinale Becciu ha annullato l'audit e ha annunciato in una lettera a tutti i dipartimenti vaticani che non avrebbe avuto luogo. Quando il cardinale Pell ha contestato internamente l'annullamento dell'audit, il cardinale Becciu ha convinto papa Francesco a dare l'approvazione ex post facto della sua decisione». E l'audit non c'è stato. L'esempio di questa ricostruzione, al di là del singolo fatto, potrebbe indicare che il Papa ha sbagliato consigliere e si è fidato di uomini che poi lo hanno deluso. Alla fine però sembra giunta l'ora della versione di Pell, perché, come disse lo stesso porporato australiano dopo l'assoluzione dell'Alta corte, «l'unica base per la giustizia è la verità».
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)