2021-09-23
Slogan e sogni irrealizzabili nel piano del governo per la rivoluzione ecologica
La commissione interministeriale sforna un testo di 160 pagine che non tiene conto delle evidenze scientifiche. Tanto da dover ammettere: «Cammino non lineare».Se il Conte bis è stato il governo della pandemia - il successo della cui gestione è certificato dai 130.000 morti che hanno fatto ammazzare dal virus - quello di Draghi vorrebbe essere il governo della uscita dalla pandemia (cioè delle vaccinazioni) e della gestione della fantasiosa transizione energetica.Sulla implementazione del piano vaccinale Draghi ha imposto il barbarico green pass presentandolo come un modo «gentile» (sic!) di indurre alla vaccinazione. Non vuoi inocularti il vaccino? Allora non puoi entrare in bar, ristoranti, cinema, teatri, stadi, palestre, scuole (neanche per andare a prendere tuo figlio); né puoi lavorare, il tuo stipendio ti verrà sospeso e, comunque, sappi che sei un assassino, perché «uccidi chi ti sta accanto». Questo è quel che Draghi crede sia il guanto di velluto. Draghi presiede il Cite, che è una stravagante commissione interministeriale per la transizione energetica di cui fanno parte: uno col diploma di liceo scientifico (Andrea Orlando, ministro del Lavoro); tre economisti di medio calibro (Daniele Franco, ministro alle Finanze; Giancarlo Giorgetti, ministro allo Sviluppo economico; Enrico Giovannini, ministro ai Trasporti); uno che ha studiato fisica (Roberto Cingolani, ministro all'Ambiente), convinto di parlare con Dio, che gli avrebbe confidato, a suo dire, che «il pianeta è stato progettato per 3 miliardi d'abitanti».Nessuno di costoro - incluso Cingolani - alcunché sa d'energia, e tutti insieme hanno presentato, per la transizione energetica, un piano. Un documento di 160 pagine con pochissime idee, ripetute all'infinito, tutte fisse e tutte sbagliate. Eccone un florilegio. «L'obiettivo principale è azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050». La cosa è ovviamente impossibile, ma ciò che è veramente straordinario è che è ovvio che da qui al 2050 le emissioni di CO2 globali saranno superiori a quelle di oggi, e non mi capacito come facciano le sei teste d'uovo a vagheggiare e vaneggiare una qualche riduzione. Però ce lo dicono il come: «Il sistema energetico conoscerà una profonda trasformazione, con minori consumi finali indotti dalla crescita d'efficienza». Non bisogna essere premi Nobel dell'economia per capire che l'aumento d'efficienza nella disponibilità di qualunque bene induce un uso maggiore dello stesso. Per dire: se le auto avessero mantenuto la stessa efficienza di quelle di 100 anni fa, ora ce ne sarebbero in circolazione in Italia meno di 40.000, non 40 milioni.«Le rinnovabili dovranno produrre il 72% dell'energia elettrica italiana, e a tal fine sarà decisivo l'uso dell'idrogeno». Mi raccomando, non 71% né 73%: sarei curiosissimo di sapere come son pervenuti a cotanta precisione. Per la produzione elettrica il settore delle rinnovabili è composto da idroelettrico (17%), rifiuti solidi urbani (9%), solare ed eolico (16%). Siccome il piano non prevede costruzione di nuove dighe e, vedremo oltre, prevede zero rifiuti, tolto il 17% da idroelettrico bisognerebbe portare al 55% la produzione da solare ed eolico. Come faranno mai è un mistero. E, mistero per mistero, aggiungono che, anzi, «entro il 2050 le rinnovabili copriranno il 100% del fabbisogno grazie all'utilizzo dell'idrogeno». Oh Cingolani, hai informato gli economisti e il diplomato del liceo scientifico che l'idrogeno non esiste sulla Terra?«Prevediamo 6 milioni di veicoli elettrici in Italia entro il 2030», cioè fra otto anni. Ora, non è chiaro se pensano alle full electric o anche alle ibride. Queste ultime sono ottime, ma non pertinenti ai fini del fantasioso progetto emissioni zero. Quindi devono per forza pensare alle full electric, che per varie ragioni sono invece pessime, tant'è che quando se ne vendono in un anno 5.000 (per lo più acquistate da enti pubblici che spendono denaro del contribuente) è tutto grasso che cola. Come si faccia ad arrivare a 6 milioni in otto anni è un altro mistero.«La nostra sfida epocale è l'economia circolare», scrive l'ignoto estensore del piano. L'idea dell'economia circolare sarebbe che il rifiuto di un processo produttivo sia materia prima per un altro processo. La circostanza può ogni tanto accadere, ma farne un assioma e obbligo appare, più che sfida, una cosa cretina epocale. Riconoscono che il «9% della popolazione mondiale soffre malnutrizione e fame», ma le parole «agricoltura Ogm» non sono mai nominate, mentre è esaltata quella biologica, garanzia di malnutrizione e fame.Punti positivi del rapporto? Sì, due. Innanzitutto, sono consapevoli che quello che fantasticano di farci intraprendere a suon di sonore tasse è «un cammino non lineare»: già, direi molto simile allo zigzagare di un ubriaco al buio, quello che inevitabilmente va a sbattere contro un lampione. E poi riconoscono che il successo dell'ambaradan che si sono inventato, soprattutto la riduzione delle emissioni globali di CO2, «necessariamente richiede una cooperazione globale». Senonché, rispetto ai livelli del 1990, Cina e India hanno aumentato le emissioni del 350%, notizia che, assieme alla condizione necessaria precedente, renderebbe l'intero pamphlet un rifiuto. Non riciclabile, con buona pace dell'economia circolare.