2022-08-21
Così si mosse il sistema pm-media a difesa di Renzi e contro il Noe
Giuseppe Pignatone (Imagoeconomica)
Henry John Woodcock e quelli che avevano firmato l’informativa su babbo Tiziano finirono sotto tiro della Procura di Roma, del «Corriere» e di «Repubblica». Le carte segrete date davanti al Csm.Ormai è evidente che per avere informazioni sulle malefatte del Pd bisogna attendere che una notizia affiori come un fiume carsico da qualche guerra sotterranea prima che venga censurata dal Sistema. La pubblicazione del video sull’intemerata di Albino Ruberti, ex capo di gabinetto del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, ha rappresentato uno di questi sporadici fenomeni. Un episodio raro come una nevicata a Ferragosto o la diffusione dell’audio di Massimo D’Alema in versione venditore di armi. A volte qualcosa sfugge al controllo, nonostante il numero di magistrati e cronisti arruolati alla causa.Ieri Luca Palamara ci ha raccontato come Procure e giornali abbiano spesso alzato gli scudi per proteggere i vertici del Pd da possibili schizzi di fango, come è accaduto con l’inchiesta Mafia capitale. Una capsula protettiva che funziona, però, solo quando sei un esponente dem. E possibilmente nel pieno dei poteri. Emblematica è la parabola di Matteo Renzi e dei suoi, un tempo trattati dalle Procure con i guanti bianchi, oggi come cittadini qualunque.Nel 2017 Renzi è segretario del Pd e il procuratore di Roma è Giuseppe Pignatone che ha incontrato a cena più di una volta, chez Palamara, l’ex sottosegretario Luca Lotti, creando quello che lo stesso ex presidente dell’Anm ha definito un «affidamento». In quel momento Palazzo Chigi si fida della Procura di Roma e a creare «fibrillazione» ci pensa l’improvviso arrivo nella Capitale del fascicolo Consip che coinvolge Tiziano Renzi. In quel momento Palamara è consigliere del Csm e fa da ufficiale di collegamento tra Palazzo Chigi e la Procura per evitare rotture traumatiche. A Pignatone Woodcock, o quanto meno il metodo Woodcock, proprio non va giù e nelle chat con Palamara mostra interesse per il procedimento disciplinare del collega. La Procura di Roma, però, preferisce concentrare la propria attenzione sui presunti errori commessi durante le indagini dai carabinieri del Noe e in particolare dal capitano Gianpaolo Scafarto. Il militare diventa l’obiettivo del quotidiano La Repubblica che inizia a bombardarlo. Ma Pignatone e Palamara sono in rapporti stretti soprattutto con Giovanni Bianconi del Corriere della sera. Il 18 luglio 2017 sul quotidiano di via Solferino esce un articolo a firma Pignatone (intitolato «Così abbiamo sconfitto la mafia delle stragi») e Palamara commenta: «Ottimo Corriere veramente formativo». «Grazie» risponde Pignatone e chiede: «Morosini sarà d’accordo?». Il capo degli inquirenti capitolini un po’ provocatoriamente fa riferimento al collega Piergiorgio Morosini, gip a Palermo della Trattativa e in quel momento consigliere del Csm. «Poi ti racconto di quello che è riuscito a combinare ieri» chiosa Palamara. Che evidentemente non ha gradito come Morosini abbia torchiato durante un’audizione il procuratore di Modena Lucia Musti, mentre questa criticava con asprezza i metodi usati dai soliti carabinieri del Noe nell’inchiesta sulla cooperativa Cpl Concordia. Un fascicolo in cui Renzi era stato intercettato mentre conversava con il generale della Guardia di finanza Michele Adinolfi, dando, da par suo, giudizi trancianti su questo e quel collega, a partire da Enrico Letta a cui si apprestava a rubare la poltrona da premier. Morosini, evidentemente, non aveva la stessa opinione negativa su Woodcock e i suoi collaboratori. Via sms Pignatone fa sapere a Palamara che la Musti «era sconvolta», lasciando immaginare una conversazione con la teste. La procuratrice nella lunga audizione, come detto, aveva lanciato diverse stilettate contro Scafarto e il suo superiore Sergio De Caprio. A fine estate del 2017 Bianconi fa sapere a Palamara di essere interessato a quelle dichiarazioni e nei pressi del Csm, intorno a metà settembre, ottiene una copia del prezioso documento. Il 15 settembre ne pubblica il contenuto. Il 16 La Repubblica ci fa sapere che la lunga audizione «già sbobinata dopo una settimana, è rimasta per tutto agosto nei cassetti del Csm, e solo il 14 settembre, con una posta certificata, è partita alla volta della Procura di Roma, che ha messo Scafarto sotto inchiesta. Un’attesa, motivata dalle ferie, decisamente troppo lunga e che già solleva più di un interrogativo».I giornalisti hanno fretta di pubblicare e la busta, mentre viaggia dal Csm alla Procura, viene intercettata dal Corriere. Il modo lo conosce Palamara. Il quotidiano ci informa che i verbali della Musti e di altri testimoni sono stati inviati a piazzale Clodio perché «meritevoli di approfondimento» soprattutto per le parti riguardanti Scafarto, in quel momento indagato per falso. Il Corriere apparecchia lo scoop con un titolo a effetto: «“È una bomba”. “Si arriva a Renzi”. Indagini sulle frasi dei carabinieri». Nel catenaccio vengono riportati anche i giudizi taglienti sull’annotazione firmata dal Noe sul Cpl Concordia: «Informativa fatta con i piedi, parevano degli esagitati».I giornali del Sistema fanno partire la fanfara. Il giorno dopo La Repubblica titola: «Caso Consip, manovre e veleni. Renzi: creato solo per colpirmi». Il bombardamento prosegue: «Così è fallita la spallata dell’inchiesta parallela con il leader nel mirino». Il giornale arriva a denunciare l’esistenza di un «format» per danneggiare l’ex premier, mentre mette in pagina un copione collaudato di cui Palamara è prima coautore e poi, a partire dalla primavera del 2019, vittima. Per i cronisti di largo Fochetti, in quel momento renziani sino al midollo, in attesa di diventare antirenziani sino al midollo, l’affaire Consip è stato solo un «grande intrigo», anzi «un triplo gioco sul destino di Renzi tra Arma, Servizi e governo».Palamara ricorda quel periodo: «Quando il fascicolo Consip arriva a Roma c’è tensione. I rapporti tra il procuratore Pignatone e Woodcock non sono mai stati idilliaci. Il pm napoletano verrà indagato per falso e rivelazione di segreto, ma poi rapidamente archiviato. Il motivo? Perché quell’iscrizione stava creando gravi fibrillazioni dentro all’ufficio. In compenso l’archiviazione rapida non piacque ai renziani. Invece Scafarto e il colonnello Alessandro Sessa, all’epoca vicecomandante del reparto, resteranno sotto inchiesta per gli stessi reati e depistaggio. Gli articoli di Carlo Bonini sulla Repubblica contribuiranno a creare un terreno fertile all’indagine contro Scafarto e a rafforzare agli occhi di una parte dell’opinione pubblica la bontà delle scelte effettuate dalla Procura di Roma». A inizio 2018, quando il Pd renziano tocca i minimi storici alle elezioni politiche, il clima cambia. E il nuovo corso è efficacemente sintetizzato da Palamara, pure lui caduto in disgrazia, quando, a proposito dei rapporti tra Pignatone e Renzi, intercettato, esclama: «Prima gli parava il culo e poi glielo mette al culo».
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)