2021-08-28
La sinistra «teme» l’onda nera ma esalta i deliri di Montanari
Via Claudio Durigon e revocato l'invito di Galeazzo Bignami alla festa dell'Unità, il nazismo è scongiurato. Si tace sul critico d'arte e altre follie.Il pericolo nero, per stavolta, sembra evitato. Il ritorno del fascismo, anzi del nazismo, è stato fortunatamente posticipato. Claudio Durigon, leghista, ha lasciato l'incarico di sottosegretario all'Economia del governo Draghi. L'onore della patria, dicono dal Pd e persino Giuseppe Conte a nome dei 5 stelle o di quel che ne resta, è salvo, la libertà del popolo non è più a rischio. E tutto, pensate, perché si è dimesso un sottosegretario che voleva cambiare il nome dei giardinetti a Latina, ripristinando l'intitolazione originaria ad Arnaldo Mussolini (fratello del Duce). Certo, poiché il parchetto era stato dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Durigon avrebbe fatto decisamente meglio a lasciar perdere, avrebbe evitato una polemica inutile e oggi sarebbe ancora al suo posto.Resta curioso, tuttavia, come da queste parti ci si scaldi per un riferimento al fascismo, per quanto inopportuno, e invece si tenda a ignorare l'autoritarismo sanitario serpeggiante che, fino a prova contraria, condiziona leggermente di più l'esistenza degli italiani. La psicosi è ancora così feroce da raggiungere profondità grottesche. Lo testimonia il caso esploso un paio di giorni fa attorno a Galeazzo Bignami, parlamentare di Fratelli d'Italia accusato addirittura di nazismo perché al suo addio al celibato indossò o gli fecero indossare un costume da camicia bruna. Era il 2005, ma il Pd si è mobilitato in forze, quasi che la foto incriminata fosse stata scattata nel 1935 dopo un raid punitivo a Monaco. Come abbiamo scritto, il Pd ha ritirato fuori la faccenda per cercare maldestramente di occultare le proprie disgrazie (la storia dei voti delle primarie 2019 gonfiati ad arte in quel di Argelato, in provincia di Bologna). In ogni caso, la fanfara democratica ha strillato mica male. Risultato: Bignami era stato invitato dal Pd alla festa dell'Unità di Bologna, e lo stesso Pd, per bocca di Enrico Letta gli ha revocato l'invito. Poco male, l'esponente di Fdi si risparmierà una serata noiosetta. Le due storie di cui sopra, tuttavia, devono far riflettere sulla triste situazione del dibattito politico italiano. Mettiamo pure che sia stato giusto far dimettere Durigon. Accettiamo persino l'assurda campagna contro Bignami. Ma allora qualcuno dovrebbe spiegarci perché personaggi come Tomaso Montanari siano ancora al loro posto, a ricoprire prestigiosi incarichi pubblici, che vengono costantemente sfruttati come pulpito da cui proferire bestialità. Montanari, critico d'arte e di ogni cosa con una leggera sovrabbondanza d'ego, qualche giorno fa ha avuto da ridire sul Giorno del ricordo dedicato alla memoria delle Foibe. Ha scritto sul Fatto che «la legge del 2004 che istituisce la Giornata del Ricordo» sarebbe «in evidente opposizione a quella della Memoria (della Shoah)» e rappresenterebbe una «falsificazione storica». Quando qualcuno, da destra, ha provato a fare notare che Montanari stava offendendo un intero popolo e sminuendo un genocidio, l'irritabile Tomaso si è risentito, poverino: «La destra italiana sta equivocando, ci sta marciando, sta inventando tutto. Per fortuna c'è un testo pubblicato. Nessuno nega le foibe, ma è l'uso strumentale, politico che la destra neofascista fa delle foibe che contesto». Certo, sono i fascisti che come al solito strumentalizzano. Non pago, Montanari ha aggiunto: «La destra sta ingigantendo le foibe da un punto di vista storico, numerico e soprattutto cerca di equipararla alla Shoah, dopo aver ottenuto una Giornata del Ricordo messa in calendario. La falsificazione storica è aver creato quella giornata in contrapposizione alla Giornata della Shoah. Questa è la falsificazione, l'equiparazione dei due tragici eventi». Veramente l'unica equiparazione l'ha fatta Montanari, il quale continua impunito a insultare i morti e a fare il fenomeno sulla pelle di italiani che persero la casa, i familiari, tutto.Ebbene, Montanari fra poco inizierà a godersi il posto di rettore dell'Università per stranieri di Siena, dove è stato recentemente piazzato per evidenti meriti politici. Per altro, non è nemmeno la prima volta che costui delira pubblicamente. Tempo fa, ad esempio, sostenne sul Fatto che i libri di Giorgia Meloni andrebbero censurati in quanto fascisti. Capite? Questo fa il rettore di un ateneo, nell'attesa invoca i roghi di libri e minimizza i genocidi. Però resta in sella e incassa solidarietà a sinistra. Può proferire qualunque baggianata gli attraversi il cervello, tanto nessuno lo tocca. Così come nessuno ha sfiorato Simon Levis Sullam, il professore di Venezia che pubblicava ridacchiando le foto dei libri della Meloni a testa in giù. Nessuno tocca l'altro illustre professore, Alberto Melloni, che paragonava Salvini a Hitler. Chi si colloca sul versante progressista può fare e dire qualunque cosa. Può difendere i talebani. Può dire che la famiglia tradizionale è per costituzione mafiosa. Può scrivere su un cartello «Dio, Patria e famiglia: vita di merda» e scocciarsi perché gli tocca pagare i contributi alla colf. Può dire che chi rifiuta il vaccino dovrebbe starsene chiuso nella tana come un sorcio. Può augurarsi la morte di un bambino su una nave delle Ong nella speranza che la tragedia danneggi un ministro. E questo è solo un piccolo elenco delle follie proferite da intellettuali e politici di sinistra in questi anni: potremmo continuare con altri insulti, minacce, discriminazioni...Abbiamo al governo le forze di sinistra più antidemocratiche di sempre: sostengono restrizioni assurde, propongono leggi censorie, attuano maneggi per andare al potere senza elezioni, offendono i cittadini. Ma si sta ancora a parlare del «ritorno del nazismo». Ne prendiamo atto, ci adeguiamo e lanciamo una proposta: che i giardinetti di Latina siano intitolati a «Tomaso Montanari, pallone gonfiato».