2024-03-30
La sinistra inguaia la Salis e si attacca al Colle
L’opposizione sbraita e spettacolarizza la detenzione della docente monzese, irritando Budapest. E prova a tirare per la giacchetta Sergio Mattarella, a cui ha scritto il padre dell’antifa, sperando in un’invasione di campo. Christian Raimo choc in tv: «I neonazisti vanno picchiati».Le immagini di Ilaria Salis in ceppi a Budapest non fanno piacere a nessuno. Detto ciò, la bagarre politica che, con dosi generose di demagogia e un pizzico di cinismo, la sinistra sta scatenando intorno al caso della docente italiana in galera in Ungheria da più di un anno, con l’accusa di aver aggredito dei militanti di estrema destra, rischia di essere controproducente. Manco a dirlo, alla fine della giostra, per i sinistratissimi progressisti italiani il responsabile delle condizioni in cui si trova la Salis è il premier italiano, Giorgia Meloni. Leggiamo un passaggio di un articolo apparso ieri sulla Stampa: «Quel che è accaduto a Budapest ha tutta l’aria di una provocazione politica: la seconda udienza si è svolta di nuovo con l’imputata al guinzaglio, alla quale sono stati poi negati gli arresti domiciliari. Viktor Orbán ha fatto sapere che lui non interferisce nelle decisioni dei suoi giudici indipendenti», prosegue l’articolo, «e l’Italia finge di credergli per coprire le responsabilità del governo magiaro sia nel mantenere i ferri alle mani e ai piedi di Ilaria Salis nel trattamento detentivo inumano e degradante». «Giorgia Meloni», si legge ancora, «deve battere i pugni sul tavolo, come fa in altri casi, senza strizzatine d’occhio alla «democrazia illiberale» del suo amico Orbán. Che meraviglia: basterebbe che la Meloni sbattesse i pugni sul tavolo, e le catene della Salis svanirebbero. La Stampa attribuisce al presidente del Consiglio poteri taumaturgici: un pugno sul tavolo e voilà, si mette fine alle guerre, si risolve il problema della fame nel mondo, si abolisce (ogni riferimento è puramente voluto) la povertà. Come è evidente, la questione è assai più complessa, poiché la magistratura ungherese non agisce in base ai pugni della Meloni. Queste vicende si affrontano attraverso i canali diplomatici, e il governo italiano, dopo la prima udienza dello scorso gennaio, quando abbiamo visto per la prima volta Ilaria in ceppi, ha compiuto un passo diplomaticamente molto forte: il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha richiamato alla Farnesina l’ambasciatore ungherese in Italia. «Nel ribadire la protesta del governo italiano», si legge nel comunicato ufficiale, «per le condizioni in cui la signora Ilaria Salis è stata detenuta e viene trattenuta durante le udienze in tribunale a Budapest, l’ambasciatore Riccardo Guariglia (il segretario generale della Farnesina, ndr) ha richiamato i principi cardine previsti dalla normativa europea e internazionale relativi al rispetto delle garanzie a tutela della dignità delle condizioni detentive, incluse le modalità di traduzione degli imputati in tribunale e delle garanzie di un equo processo». Giorgia Meloni ha poi chiamato Viktor Orbán. Qualche giorno dopo, Tajani ha informato il Parlamento che le condizioni di detenzione di Ilaria Salis erano «in netto miglioramento, sotto l’aspetto igienico e quello sanitario. Alla donna sono state fornite coperte nuove, sono state introdotte novità nella dieta, c’è un approccio generalmente più cortese di tutto il personale carcerario, un regime soddisfacente per quanto riguarda le comunicazioni, lei può parlare liberamente con famiglia e ambasciata». Il lavoro diplomatico silenzioso produce risultati, magari non eclatanti, ma li produce. La spettacolarizzazione politica, la presenza di parlamentari di opposizione in udienza, producono purtroppo solo un inevitabile irrigidimento della controparte. Ieri Roberto Salis, il babbo di Ilaria, ha fatto sapere all’Ansa di aver «mandato una Pec al presidente della Repubblica, una lettera molto asciutta riferendomi a quella che gli avevo inviato il 17 gennaio e a cui aveva subito risposto. È il garante della Costituzione e l’articolo 3 si applica a tutti i cittadini italiani: può intervenire sul governo Orbán», ha detto Roberto Salis, «e deve smuovere il governo italiano perché evidentemente non ha fatto quello che doveva fare». Ma cosa può fare, in concreto, il capo dello Stato? Sbattere pure lui i pugni sul tavolo, insieme alla Meloni? Sergio Mattarella, se ha qualche possibilità di intervenire, sempre che non abbia già mosso qualche passo, lo farà di concerto con il governo, magari con le istituzioni europee. È la tentazione della sinistra di sostituire il vuoto di leadership dell’opposizione tirando per la giacchetta il Quirinale. Qui non si tratta, come è avvenuto per la scuola di Pioltello, di rispondere con garbo alla lettera di una vicepreside: stiamo parlando di una vicenda delicatissima, che richiede cautela, sobrietà, diplomazia e laboriosa discrezione. Infine, siamo costretti nostro malgrado a dedicare un minuto del nostro tempo alla vergognosa esibizione televisiva di tale Christian Raimo. A L’Aria che tira, su La 7, il Raimo, scrittore e docente, ha detto: «C’è una collega antifascista che è andata in Europa a picchiare dei neonazisti. Che cosa bisogna fare con i neonazisti? Io penso che vadano picchiati». Il tizio non solo ha dichiarato colpevole Ilaria Salis, ma ha pure giustificato la violenza. Speriamo con tutto il cuore, per il bene di Ilaria, che queste parole non vengano trasmesse in Ungheria.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)