
Il presidente dell'Inps stoppato dall'organo di indirizzo. Contestata la riorganizzazione che non aiuta i pensionati.Lo scorso 21 maggio l'incarico a Pasquale Tridico è arrivato in solitaria, senza la nomina del consiglio di amministrazione, come invece aveva previsto il decreto di quota 100 che conteneva il comma di riorganizzazione dell'istituto pensionistico. Da allora è presidente di nessuno e finché il ministero del Lavoro non avvierà la definizione del cda, Tridico rimarrà uomo solo al comando (esattamente quanto la Lega aveva promesso di risolvere) entrando in una terra sconosciuta. L'avevamo già detto a maggio e lo ribadiamo ora. Con la differenza che nel frattempo si è passati dal Conte uno al Conte bis e al ministero del Lavoro c'è stato il passaggio di consegne tra Luigi Di Maio e Nunzia Catalfo. Il diretto interessato, dal canto suo, non sembra avere alcuna fretta di coordinare nessun cda. D'altronde al contrario del predecessore, Tito Boeri, che non ha trovato la strada spianata, Tridico sta già maneggiando l'Inps con una certa sicurezza. In questi mesi ha portato avanti la riforma dell'istituto su impronta grillina esattamente come l'aveva annunciata ai primi di maggio. In occasione della conferenza dei direttori, Tridico aveva spiegato la riorganizzazione dell'Inps. Con divisioni che prima non esistevano e una politica del personale rinnovata. La punta di diamante della riforma sarà la Direzione centrale per la Povertà. Una divisione che si occuperà del contrasto all'indigenza, un modo per amalgamare le politiche 5 stelle e trovare un punto di caduta a metà strada tra il reddito di cittadinanza, le pensioni di cittadinanza e il salario minimo. Sono state accorpate numerose divisioni, mentre è stata creata anche la direzione centrale segreteria unica tecnica e normativa, un mega agglomerato che ha riassorbito ciò che prima era sotto l'egida del direttore generale, del presidente e dell'ufficio legislativo. Anche a livello territoriale ci sono state numerose modifiche e risulta alla Verità che nei prossimi mesi ne sarebbero in arrivo molte altre. In questa grande solitudine, il padre del reddito di cittadinanza ha trovato però lo stop formale del consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ). In sostanza l'organo guidato dal presidente Guglielmo Loy ha tirato un tratto di penna sopra le iniziative di Tridico per due motivi. La riforma organizzativa di cui l'Inps ha bisogno non può ridursi a una mera definizione funzionale e soprattutto dovrà evitare che, pur rispondendo alle nuove funzioni indicate dal legislatore, perda di vista il proprio mandato fondante. Cioè quello di erogare le pensioni dei cittadini e farlo al meglio. Infatti, mentre Tridico si è impegnato sul fronte collaterale, prosegue il trend che contraddistingue il 2018. Mancato completamento dell'integrazione, dopo otto anni, tra le attività Inpdap e Inps che si aggiunge al dilatarsi dei tempi di liquidazione delle prestazioni e la crescita dello stock di ricorsi. Per finire, il Civ fa notare che non c'è omogeneità di accessibilità agli uffici. In pratica, ci si concentra su quota 100 e sul futuro reddito di cittadinanza e il resto passa in secondo piano. Eppure l'Inps - va ricordato - deve essere al servizio dei lavoratori e non viceversa. Per questo motivo oltre l'Organo di indirizzo sembra che Tridico abbia trovato anche il muro dei sindacati che lo scorso 16 settembre hanno disertato l'incontro promosso dal presidente. I motivi del malessere sono numerosi: principalmente la mancata condivisione delle idee e la presenza strabordante della politica dei 5 stelle. Stefano Buffagni ha partecipato e suggerito numerosi nomi dentro l'Inps che ora concorrono alla riorganizzazione in modo autonomo rispetto alla struttura. Di fronte a tutte le critiche come reagirà Tridico? Forzerà la mano grazie al sostegno del ministero del Lavoro e della Funzione pubblica o aspetterà la nomina di un cda di gradimento? Quest'ultima scelta presenta però un neo di fondo. Il cda dovrà ospitare anche una nomina della minoranza e potrebbe essere d'impronta leghista. Un consiglio di amministrazione è trasparente per definizione. Ciò che si discute il mattino, finisce sui giornali già il pomeriggio e dunque sarebbe più difficile portare avanti blitz in solitudine. Con l'inciucio giallorosso c'è da immaginare che sull'Inps possa calare una cappa di silenzio e che nessuno voglia accelerare sulle nomine del consiglio. Gli italiani meritano però un'Inps efficiente e che si occupi delle pensioni senza fare filosofia o, tanto meno, politica. Ci è bastato Boeri, non serve un bis.
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».
Francesco Filini (Ansa)
Parla il deputato che guida il centro studi di Fdi ed è considerato l’ideologo del partito: «Macché, sono solo un militante e il potere mi fa paura. Da Ranucci accuse gravi e infondate. La sinistra aveva militarizzato la Rai».
Francesco Filini, deputato di Fratelli d’Italia, la danno in strepitosa ascesa.
«Faccio politica da oltre trent’anni. Non sono né in ascesa né in discesa. Contribuisco alla causa».
Tra le altre cose, è responsabile del programma di Fratelli d’Italia.
«Giorgia Meloni ha iniziato questa legislatura con un motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Il nostro obiettivo era quello di liberare le energie produttive».






