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2023-06-13
«Silvio è morto», l’Italia si ferma. Funerali di Stato e lutto nazionale
Getty Images
Se l’aspettava. Non adesso però. Non così presto. Invece Silvio Berlusconi è morto ieri mattina, alle 9.30, nel suo letto d’ospedale al San Raffaele, dov’era ricoverato da venerdì scorso. Ed è stato, fino all’ultimo, il solito Cavaliere. Sabato sera ha visto la finale di Champions league, tra Inter e Manchester City. Poi, ha lavorato sulla riorganizzazione di Forza Italia. Dopo, sul dossier della guerra in Ucraina e il timore dello scontro nucleare. Ma nella notte tra domenica e lunedì, c’è stato l’improvviso tracollo. Quello definitivo. Come nessuno aveva immaginato. L’automobile del suo medico personale, Alberto Zangrillo, arriva di soppiatto nell’ospedale milanese. Sono le 4 del mattino. Due ore più tardi, il primario di terapia intensiva ha chiaro, dopo i tanti scampati allarmi, che è la fine: stavolta, l’ex premier non ce l’avrebbe fatta.
Marta Fascina, la fidanzata del leader, è al suo fianco come sempre. Viene allertata la famiglia. Alle nove arrivano il fratello Paolo e, uno dopo l’altro, i figli: Marina, Eleonora, Piersilvio e Barbara. Fanno appena in tempo a salutarlo. Smette di respirare alle 9.30. Il flash, però, giunge nelle redazioni solo alle 10.17: «Berlusconi è in fin vita». Ma l’ottantaseienne Cavaliere, in realtà, è già morto da un pezzo. E non per la polmonite, che l’ha costretto al precedente ricovero di 45 giorni, terminato il 19 maggio 2023. Ma per la leucemia, di cui soffriva da tempo. Gliel’avevano diagnosticata a dicembre 2021, ma era diventata di pubblico dominio solo con quella penultima ed estenuante degenza. Già due mesi fa, certo, la situazione era critica. Il midollo non funzionava più. Per almeno dieci giorni, i valori dei globuli bianchi sembravano impazziti. Si temeva per la sua vita. Ma poi Silvio era parso nuovamente l’immortale propagandato per una vita: «Ce l’ho fatta anche questa volta, l’incubo è passato». Era tornato ad Arcore, a Villa San Martino, assieme alla compagna. Ma nuovi malesseri, nei giorni passati, hanno convinto i medici, Zangrillo e l’oncoematologo Fabio Ciceri, a un altro ricovero. Tutti i valori sballati, di nuovo. Tac, esami, chemioterapia. Ma il riacutizzarsi della leucemia gli è stato fatale. I suoi fedelissimi erano convinti che potesse superare il Natale. Lui, nato e vissuto con «il sole in tasca», molto di più.
La cronaca della giornata comincia al San Raffaele, con il repentino arrivo dei familiari. La notizia della scomparsa si diffonde rapidamente. «È gravissimo». Pochi minuti dopo, l’ufficialità: «È morto». I figli del Cavaliere abbandonano la clinica. Hanno i volti scuri. Gli occhi gonfi di lacrime, coperti da occhialoni neri. Alle 14.01 è Berlusconi a lasciare per sempre il San Raffaele, il teatro delle ultime battaglie. Il feretro viene trasferito nella residenza di Arcore, il suo regno più intimo, dove viene accolto tra gli applausi. Una nota ufficiale annuncia: «La camera ardente sarà allestita allo studio 20 di Mediaset a Cologno Monzese a partire da domani». L’ultimo saluto, nel suo impero televisivo. Ma la notizia è smentita, dopo un sopralluogo dei carabinieri: ci sono rischi di ordine pubblico che sconsigliano. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, si dice disponibile ad accogliere la salma a Palazzo Madama. Così come il sindaco di Milano, Beppe Sala: offre Sala Alessi, nella sede del Comune.
Alla fine, però, viene deciso che la camera ardente resterà a Villa San Martino. L’accesso sarà consentito solo ai familiari, fino al giorno dei funerali: mercoledì 14 giugno. Verranno celebrati dall’arcivescovo della città, Mario Delpini, alle 15, nel Duomo di Milano. Ci saranno, ovviamente, sia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che il premier, Giorgia Meloni. Ed è scontata la presenza di altri capi di Stato. Da definire ancora la capienza massima della cattedrale, che può contenere circa 5.000 persone. La bara dovrebbe rimanere qualche minuto sul sagrato, ma senza il saluto e la processione della cittadinanza. Ci sarà comunque una folla oceanica. Per questo, saranno piazzati alcuni maxischermi in piazza Duomo.
Il giorno dei funerali è proclamato lutto nazionale, annuncia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Mentre tutti gli edifici pubblici italiani, comprese le ambasciate e i consolati all'estero, dovranno subito esporre bandiere nazionali ed europee a mezz’asta. Sulla torre Mediaset continuano, intanto, ad alternarsi due scritte, che campeggiano sulle tangenziali milanesi: «Ciao Papà» e «Grazie Silvio». Mentre davanti ai cancelli di Arcore si raccoglie una moltitudine di giornalisti, curiosi, tifosi sia del Milan che del Monza. Accanto a una siepe, ci sono decine di sciarpe delle due squadre di calcio, mazzi di fiori, bandiere di Forza Italia, bigliettini. «Grazie Silvio». «Mancherai zio Silvio». Arrivano i familiari. Da ultimo entra pure Orazio Fascina, il padre di Marta. Nessuno ha voglia di parlare della morte di un uomo per cui ieri il pomposo detto anglosassone, «Larger than life», ovvero più grande della sua vita stessa, è sembrato d’un colpo riduttivo.
Non se l’aspettava, Silvio. In ospedale continuava a consumarsi gli occhi sugli organigrammi forzisti e le analisi geopolitiche. È morto come ha sempre vissuto. Da vero Cavaliere.
Putin: «Una perdita irreparabile»
Tanti i commenti alla notizia della morte di Silvio Berlusconi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che domani sarà a Milano per i funerali di Stato, ha scritto: «Protagonista di lunghe stagioni della politica italiana e delle istituzioni repubblicane, è stato un grande leader, che ha segnato la storia della nostra Repubblica, incidendo su paradigmi, usi e linguaggi». La premier, Giorgia Meloni, ha diffuso un videomessaggio nel quale parla di un «un combattente» e di un uomo «che non ha mai avuto paura di difendere le sue convinzioni e sono state esattamente quel coraggio e quella determinazione a farne uno degli uomini più influenti della storia d’Italia, a consentirgli di imprimere delle vere e proprie svolte nel mondo della politica, della comunicazione e dell’impresa». Commosso il leader della Lega, Matteo Salvini: «Sono distrutto e piango raramente, oggi è uno di quei giorni. Conservo come un dono prezioso il valore della tua amicizia, i tuoi consigli, la tua generosità, il tuo rispetto, il tuo genio, i tuoi rari e affettuosi rimproveri subito seguiti da complimenti e attenzioni uniche. Ora dedicheremo ogni nostro sforzo e tutto il nostro impegno per proseguire le mille strade che hai per primo visto e tracciato». «Un dolore immenso. Semplicemente grazie presidente, grazie Silvio», ha twittato il ministro degli Esteri e coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha anticipato il rientro dagli Usa dove ha ricevuto le condoglianze del segretario di Stato, Antony Blinken: «Figura straordinariamente significativa nella vita italiana».
Nessun dubbio per il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Una cosa è sicura: c’è un’Italia prima che Berlusconi scendesse in politica e un’Italia dopo. Lui ha cambiato la politica italiana ma anche tante altre cose, dall’architettura a Milano al rapporto con i suoi dipendenti, tra loro non credo ce ne sia uno che non l’abbia amato. Lascia un vuoto che difficilmente può essere colmato». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, lo ha definito un «protagonista assoluto della storia economica, industriale e politica italiana, europea e internazionale».
Vladimir Putin ha parlato di «perdita irreparabile» e ha ricordato il Cav come un «vero amico», sostenendo che ha dato «un inestimabile contributo allo sviluppo della partnership russo-italiana, reciprocamente vantaggiosa».
Papa Francesco ha espresso vicinanza alla famiglia per la «perdita di un protagonista della vita politica italiana, che ha ricoperto pubbliche responsabilità con tempra energica». Il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei dal 1991 al 2007, molto «addolorato per la perdita di un amico», ha definito l’ex Cav «persona di grande intelligenza e generosità. Ha avuto meriti storici per l’Italia, soprattutto avendo impedito al Partito ex comunista di andare al potere nel 1994, e anche per l’instaurazione del bipolarismo in Italia. Inoltre ha operato molto bene in politica estera». Ruini oggi celebrerà una messa «per lui, perché il Signore, nella sua misericordia, lo accolga nella sua eterna pienezza di vita».
La leader dem, Elly Schlein, ieri ha deciso di rinviare la direzione del partito, affermando che «con la scomparsa di Berlusconi si chiude un’epoca. Siamo stati sempre avversari ma in questo momento rimane il grande rispetto che si deve a un protagonista della vita politica di questo Paese». Giuseppe Conte lo ha definito «un imprenditore e un politico che in ogni campo in cui si è cimentato ha contribuito a scrivere pagine significative della nostra storia», mentre per Matteo Renzi, con il quale fu protagonista del patto del Nazareno, il Cav «ha fatto la storia del Paese. Tanti lo hanno amato, tanti odiato: tutti oggi devono riconoscere che il suo impatto sulla vita politica ma anche economica, sportiva, televisiva è stato senza precedenti». Per Romano Prodi, avversario storico: «La nostra rivalità non è mai trascesa nell’inimicizia, mantenendo il confronto in un ambito di rispetto».
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Berlusconi si è spento ieri al San Raffaele, a 86 anni. Ricoverato da venerdì, da tempo lottava con la leucemia. Bandiere a mezz’asta a Palazzo Chigi. Domani alle 15 la cerimonia nel Duomo di Milano, celebrata da Mario Delpini.Per Sergio Mattarella il Cav «ha segnato la Repubblica». Il Papa ricorda la sua «tempra energica». Camillo Ruini: «Impedì ai comunisti di governare». Romano Prodi: «Rivalità corretta».Lo speciale contiene due articoli.Se l’aspettava. Non adesso però. Non così presto. Invece Silvio Berlusconi è morto ieri mattina, alle 9.30, nel suo letto d’ospedale al San Raffaele, dov’era ricoverato da venerdì scorso. Ed è stato, fino all’ultimo, il solito Cavaliere. Sabato sera ha visto la finale di Champions league, tra Inter e Manchester City. Poi, ha lavorato sulla riorganizzazione di Forza Italia. Dopo, sul dossier della guerra in Ucraina e il timore dello scontro nucleare. Ma nella notte tra domenica e lunedì, c’è stato l’improvviso tracollo. Quello definitivo. Come nessuno aveva immaginato. L’automobile del suo medico personale, Alberto Zangrillo, arriva di soppiatto nell’ospedale milanese. Sono le 4 del mattino. Due ore più tardi, il primario di terapia intensiva ha chiaro, dopo i tanti scampati allarmi, che è la fine: stavolta, l’ex premier non ce l’avrebbe fatta. Marta Fascina, la fidanzata del leader, è al suo fianco come sempre. Viene allertata la famiglia. Alle nove arrivano il fratello Paolo e, uno dopo l’altro, i figli: Marina, Eleonora, Piersilvio e Barbara. Fanno appena in tempo a salutarlo. Smette di respirare alle 9.30. Il flash, però, giunge nelle redazioni solo alle 10.17: «Berlusconi è in fin vita». Ma l’ottantaseienne Cavaliere, in realtà, è già morto da un pezzo. E non per la polmonite, che l’ha costretto al precedente ricovero di 45 giorni, terminato il 19 maggio 2023. Ma per la leucemia, di cui soffriva da tempo. Gliel’avevano diagnosticata a dicembre 2021, ma era diventata di pubblico dominio solo con quella penultima ed estenuante degenza. Già due mesi fa, certo, la situazione era critica. Il midollo non funzionava più. Per almeno dieci giorni, i valori dei globuli bianchi sembravano impazziti. Si temeva per la sua vita. Ma poi Silvio era parso nuovamente l’immortale propagandato per una vita: «Ce l’ho fatta anche questa volta, l’incubo è passato». Era tornato ad Arcore, a Villa San Martino, assieme alla compagna. Ma nuovi malesseri, nei giorni passati, hanno convinto i medici, Zangrillo e l’oncoematologo Fabio Ciceri, a un altro ricovero. Tutti i valori sballati, di nuovo. Tac, esami, chemioterapia. Ma il riacutizzarsi della leucemia gli è stato fatale. I suoi fedelissimi erano convinti che potesse superare il Natale. Lui, nato e vissuto con «il sole in tasca», molto di più. La cronaca della giornata comincia al San Raffaele, con il repentino arrivo dei familiari. La notizia della scomparsa si diffonde rapidamente. «È gravissimo». Pochi minuti dopo, l’ufficialità: «È morto». I figli del Cavaliere abbandonano la clinica. Hanno i volti scuri. Gli occhi gonfi di lacrime, coperti da occhialoni neri. Alle 14.01 è Berlusconi a lasciare per sempre il San Raffaele, il teatro delle ultime battaglie. Il feretro viene trasferito nella residenza di Arcore, il suo regno più intimo, dove viene accolto tra gli applausi. Una nota ufficiale annuncia: «La camera ardente sarà allestita allo studio 20 di Mediaset a Cologno Monzese a partire da domani». L’ultimo saluto, nel suo impero televisivo. Ma la notizia è smentita, dopo un sopralluogo dei carabinieri: ci sono rischi di ordine pubblico che sconsigliano. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, si dice disponibile ad accogliere la salma a Palazzo Madama. Così come il sindaco di Milano, Beppe Sala: offre Sala Alessi, nella sede del Comune. Alla fine, però, viene deciso che la camera ardente resterà a Villa San Martino. L’accesso sarà consentito solo ai familiari, fino al giorno dei funerali: mercoledì 14 giugno. Verranno celebrati dall’arcivescovo della città, Mario Delpini, alle 15, nel Duomo di Milano. Ci saranno, ovviamente, sia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che il premier, Giorgia Meloni. Ed è scontata la presenza di altri capi di Stato. Da definire ancora la capienza massima della cattedrale, che può contenere circa 5.000 persone. La bara dovrebbe rimanere qualche minuto sul sagrato, ma senza il saluto e la processione della cittadinanza. Ci sarà comunque una folla oceanica. Per questo, saranno piazzati alcuni maxischermi in piazza Duomo.Il giorno dei funerali è proclamato lutto nazionale, annuncia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Mentre tutti gli edifici pubblici italiani, comprese le ambasciate e i consolati all'estero, dovranno subito esporre bandiere nazionali ed europee a mezz’asta. Sulla torre Mediaset continuano, intanto, ad alternarsi due scritte, che campeggiano sulle tangenziali milanesi: «Ciao Papà» e «Grazie Silvio». Mentre davanti ai cancelli di Arcore si raccoglie una moltitudine di giornalisti, curiosi, tifosi sia del Milan che del Monza. Accanto a una siepe, ci sono decine di sciarpe delle due squadre di calcio, mazzi di fiori, bandiere di Forza Italia, bigliettini. «Grazie Silvio». «Mancherai zio Silvio». Arrivano i familiari. Da ultimo entra pure Orazio Fascina, il padre di Marta. Nessuno ha voglia di parlare della morte di un uomo per cui ieri il pomposo detto anglosassone, «Larger than life», ovvero più grande della sua vita stessa, è sembrato d’un colpo riduttivo. Non se l’aspettava, Silvio. In ospedale continuava a consumarsi gli occhi sugli organigrammi forzisti e le analisi geopolitiche. È morto come ha sempre vissuto. Da vero Cavaliere.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/silvio-e-morto-italia-ferma-2661234697.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="putin-una-perdita-irreparabile" data-post-id="2661234697" data-published-at="1686632268" data-use-pagination="False"> Putin: «Una perdita irreparabile» Tanti i commenti alla notizia della morte di Silvio Berlusconi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che domani sarà a Milano per i funerali di Stato, ha scritto: «Protagonista di lunghe stagioni della politica italiana e delle istituzioni repubblicane, è stato un grande leader, che ha segnato la storia della nostra Repubblica, incidendo su paradigmi, usi e linguaggi». La premier, Giorgia Meloni, ha diffuso un videomessaggio nel quale parla di un «un combattente» e di un uomo «che non ha mai avuto paura di difendere le sue convinzioni e sono state esattamente quel coraggio e quella determinazione a farne uno degli uomini più influenti della storia d’Italia, a consentirgli di imprimere delle vere e proprie svolte nel mondo della politica, della comunicazione e dell’impresa». Commosso il leader della Lega, Matteo Salvini: «Sono distrutto e piango raramente, oggi è uno di quei giorni. Conservo come un dono prezioso il valore della tua amicizia, i tuoi consigli, la tua generosità, il tuo rispetto, il tuo genio, i tuoi rari e affettuosi rimproveri subito seguiti da complimenti e attenzioni uniche. Ora dedicheremo ogni nostro sforzo e tutto il nostro impegno per proseguire le mille strade che hai per primo visto e tracciato». «Un dolore immenso. Semplicemente grazie presidente, grazie Silvio», ha twittato il ministro degli Esteri e coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha anticipato il rientro dagli Usa dove ha ricevuto le condoglianze del segretario di Stato, Antony Blinken: «Figura straordinariamente significativa nella vita italiana». Nessun dubbio per il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Una cosa è sicura: c’è un’Italia prima che Berlusconi scendesse in politica e un’Italia dopo. Lui ha cambiato la politica italiana ma anche tante altre cose, dall’architettura a Milano al rapporto con i suoi dipendenti, tra loro non credo ce ne sia uno che non l’abbia amato. Lascia un vuoto che difficilmente può essere colmato». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, lo ha definito un «protagonista assoluto della storia economica, industriale e politica italiana, europea e internazionale». Vladimir Putin ha parlato di «perdita irreparabile» e ha ricordato il Cav come un «vero amico», sostenendo che ha dato «un inestimabile contributo allo sviluppo della partnership russo-italiana, reciprocamente vantaggiosa». Papa Francesco ha espresso vicinanza alla famiglia per la «perdita di un protagonista della vita politica italiana, che ha ricoperto pubbliche responsabilità con tempra energica». Il cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei dal 1991 al 2007, molto «addolorato per la perdita di un amico», ha definito l’ex Cav «persona di grande intelligenza e generosità. Ha avuto meriti storici per l’Italia, soprattutto avendo impedito al Partito ex comunista di andare al potere nel 1994, e anche per l’instaurazione del bipolarismo in Italia. Inoltre ha operato molto bene in politica estera». Ruini oggi celebrerà una messa «per lui, perché il Signore, nella sua misericordia, lo accolga nella sua eterna pienezza di vita». La leader dem, Elly Schlein, ieri ha deciso di rinviare la direzione del partito, affermando che «con la scomparsa di Berlusconi si chiude un’epoca. Siamo stati sempre avversari ma in questo momento rimane il grande rispetto che si deve a un protagonista della vita politica di questo Paese». Giuseppe Conte lo ha definito «un imprenditore e un politico che in ogni campo in cui si è cimentato ha contribuito a scrivere pagine significative della nostra storia», mentre per Matteo Renzi, con il quale fu protagonista del patto del Nazareno, il Cav «ha fatto la storia del Paese. Tanti lo hanno amato, tanti odiato: tutti oggi devono riconoscere che il suo impatto sulla vita politica ma anche economica, sportiva, televisiva è stato senza precedenti». Per Romano Prodi, avversario storico: «La nostra rivalità non è mai trascesa nell’inimicizia, mantenendo il confronto in un ambito di rispetto».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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