2022-01-03
Silvia Sardone: «Minacciata di morte perché chiedo all’islam di stare alle regole»
La leghista: «Mi sono opposta a trasferire la preghiera presso un centro vaccinale di Milano. Il sindaco non combatte gli abusi».«Puttana di merda, giuro ti entro in casa e ti ammazzo». «Poi vi lamentate se vi sgozzano». «Se vi beccate un attentato terroristico sapete già la colpa di chi è cioè vostra». «Prendi la tua croce di merda e mettitela su per il culo». «Spero che ti decapitano a te e a tutta la tua famiglia, torna a cucinare». Queste e altre amenità - «centinaia», lei giura - si sono riversate nei commenti e nei messaggi delle pagine social della leghista Silvia Sardone, classe 1982. Ha due figli di 11 e 9 anni, è nata il giorno di Natale, ed è consigliere comunale a Milano ed eurodeputato - evitiamo guai a mettere al femminile i titoli, anche su questo non transige -. Alla Verità assicura: quelle minacce e quegli insulti vengono tutti da profili di persone islamiche. Il motivo di tanta rabbia? Il suo aver manifestato contro lo spostamento della preghiera del venerdì in un hub vaccinale milanese. Sardone, partiamo dal principio?«È presto detto: nell’ultimo Consiglio comunale prima delle feste veniamo a conoscenza della decisione della giunta del sindaco Beppe Sala di spostare il momento della preghiera concesso al centro culturale di viale Jenner da Lampugnano all’area del parcheggio di Trenno, in via Novara, attualmente un hub vaccinale. Ipotizzando quindi una coabitazione tra il centro di preghiera e il polo anti Covid. Un trasloco temporaneo, visto che il Palasharp sarà chiuso per restauri in vista delle Olimpiadi invernali del 2026: sarà uno dei centri della kermesse». Lei e i suoi colleghi di partito iniziate a protestare. «Sì, anche perché l’area individuata è un centro strategico per Milano, vista la necessità di fronteggiare l’emergenza che abbiamo qui in Lombardia in questi giorni. E anche perché quell’area era già stata considerata, anche dalla stessa sinistra, non idonea per una moschea, dal punto di vista urbanistico e sociale. Non aveva le caratteristiche giuste, insomma. E non le ha tutt’ora. La decisione mancava di buon senso. L’ennesima moschea irregolare milanese». Ce ne sono molte?«A decine. Quando Sala si è candidato sei anni fa, le andava a visitare e prometteva di chiuderle. Ne ricordo una in particolare, abusiva, in un sottoscala di un condominio. Senza sicurezza in caso di incendio, senza che si sappia chi sia l’imam, con prediche che non avvengono in italiano e in cui, quindi, non sappiamo cosa venga detto. Quella moschea è ancora lì, oggi. Non voglio dire che ci siano solo estremisti, ovvio. Ma senza controlli, chi può garantirlo? Da tempo denunciamo il lassismo di fronte a questo fenomeno, i locali non sono adeguati». Anche questa volta vi siete fatti sentire, giusto? «Abbiamo organizzato un presidio. E subito dopo sono arrivate le minacce. Moltissime sono oscene. Mi sono arrivate anche foto di peni. I messaggi sono pieni di odio, in generale, ma soprattutto sono legati al fatto che io sia una donna». Sicura siano tutti opera di persone islamiche?«I nomi degli account me lo confermano, non le pare? Qualcuno di questi odiatori è giovane, probabilmente immigrato di seconda o terza generazione. Eppure pensa anche lui che sia fastidioso che una donna possa protestare ed esprimere con coraggio la propria volontà di contrastare l’idea di un’apertura indiscriminata all’islam. Il pericolo terrorismo ci ha sfiorato parecchie volte, qui a Milano». In novembre è stata arrestata in città una diciannovenne sostenitrice dell’Isis, con foto di decapitazioni nel suo cellulare. «È successo in via Padova, la stessa che la sinistra considera modello di integrazione. Dove ci sono due moschee e si pensa di aprirne una terza. Ma quello è solo l’ultimo caso. Nel luglio dello scorso anno l’arresto ha toccato uno dei frequentatori di una moschea abusiva in uno scantinato di via Carissimi. Nel 2018 si è scoperto che sempre vicino a via Padova vi era un terrorista pronto a fare la jihad e a reclutare altri miliziani. La moschea di via Maderna - anch’essa abusiva - è gestita da Milli Gorus, un’associazione turca nella blacklist del governo tedesco. E quella di viale Jenner è stata, secondo il dipartimento del Tesoro Usa, la principale base di Al Qaeda in Europa. Vuole che continui?».Ci sono altri casi?«Partirono da Milano almeno quattro tra i maggiori protagonisti degli attentati suicidi in Iraq. Fahdal Nassim, che nel 2003 causò 22 vittime a Bagdad, nella sede Onu, era un algerino che veniva da qui, da viale Jenner. Dove pregavano anche l’ex imam terrorista Abu Imad, espulso per prediche che istigavano al terrorismo. E Mohammed Game, il libico che si è fato esplodere con due chili di nitrato addosso davanti alla caserma di Santa Barbara nel 2009». Personalmente come ha vissuto le minacce?«I miei genitori sono preoccupati, molto preoccupati. Spero i miei due figli non vengano a sapere nulla, ma questa è una battaglia che faccio anche per loro. Mi sento dalla parte giusta, e se questa gente pensa che io mi sottometta, non ha capito con chi ha a che fare». È la prima volta che riceve minacce?«No, era già successo, sempre per battaglie sull’islam. Mi avevano minacciato di morte. Allora ho fatto denuncia con il mio avvocato, ma a distanza di anni non ne ho più saputo nulla. Ho fiducia nelle forze dell’ordine e farò denuncia anche questa volta, ho tutti gli account da cui sono partite le minacce». Paura?«No, ma tutti sanno dove abito a Milano. Non sono una che si nasconde». Tentare il dialogo non è possibile?«Credo sia sempre più palese che le parole di questi giovani piene di odio dimostrano come molti dei valori dell’islam siano inconciliabili con i nostri principi e con la nostra libertà. Una volta in una trasmissione televisiva ero in studio con un imam milanese. A domanda se sua figlia si sarebbe potuta mettere la gonna corta che io indossavo, ha risposto di no. Le donne devono star zitte, non hanno scelta».Sardone femminista?«Anzi. Qui a Milano le radical chic sessantottine, finte femministe, si battono per “assessora” e “consigliera”, per cambiare le targhe sulle porte del Comune. E poi tacciono di fronte al fatto che in Afghanistan le donne non possono andare a scuola. Non mi si dica che il velo può essere una libera scelta per una donna indipendente, io non ci credo. Il fondamentalismo islamico è censurato dai buonisti e dalle anime belle, se ne parla solo quando succedono fatti gravi». Questi temi li porta anche in Europa?«Certo, perché è chiaro che, senza radici e senza valori, l’Unione è facilmente esposta a subire questo fondamentalismo. I riferimenti cristiani vengono banditi, veda cosa è successo prima di Natale. A Milano si tolgono i crocifissi dai municipi. E nel mondo i cristiani vengono decapitati senza che nessuno ne parli. Siamo schiavi del politicamente corretto, e intanto manca l’integrazione. Accusati di islamofobia, veniamo attaccati e insultati». Che cosa osserva in Europa?«Mi basta citarle la trovata del presidente del Consiglio Ue di un anno fa circa: per combattere l’ideologia dell’odio, voleva creare un istituto europeo per formare gli imam. Un nuovo carrozzone buonista. Che certo non risolve il problema».Matteo Salvini ha espresso solidarietà nei suoi confronti, ovviamente. Ma dopo le minacce anche il sindaco Sala si è esposto condannandole. «Ringrazio il sindaco, non mi aveva mai difesa. Ma la sua è una risposta timida. Da esponente dei Verdi europei forse vuole importare il modello Strasburgo, che con soldi pubblici costruirà la più grande moschea d’Europa, con minareti alti 44 metri e 28 cupole?».Sala cita la Costituzione: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata». «Sì, ma la Carta non sancisce che ci debba essere un luogo per pregare, quanto la libertà di farlo».Proposte?«Rispetto delle regole in primis. Se io e lei domani aprissimo un’attività imprenditoriale senza le regole, mezz’ora dopo i vigili sarebbero lì a farci sgomberare. Poi serve un registro degli imam, anche a livello nazionale. Le prediche nei luoghi di culto devono essere pronunciate in italiano. E occorre che ci sia certezza sulla provenienza dei fondi. Ciascuno può credere nel dio che vuole, e fare anche quello che vuole, ma la sicurezza viene prima di tutto».