2024-08-17
«Siamo tutti Khelif», ma odiare Carini è chic
Mentre l’algerina Imane Khelif, simbolo delle Macroniadi, posa da star su Instagram tra gli applausi, la pugile italiana Angela Carini viene massacrata sui social. La sua colpa? Aver partecipato a una campagna Webuild, gruppo che costruirà il ponte sullo Stretto di Messina.Miss Universo spòstati. Dismessi i guantoni rossi e l’allungo da Carlos Monzón (non servono più), la fighter dei Giochi olimpici di Parigi ha deciso di cambiare look e di presentarsi al mondo come Cenerentola al ballo: capello nero lungo ondulato e mosso da ventilatore fuori scena, camicetta a fiori e orecchini con simil-orchidee. Nel video postato su Instagram dopo un passaggio in un salone di bellezza di Algeri, Imane Khelif posa da star: rossetto, trucco e sex appeal (lo chiamano glow-up). E il proprietario della beauty farm commenta con orgoglio: «Per ottenere la sua medaglia, Imane non aveva tempo da perdere nei saloni di bellezza o nello shopping». Già, la medaglia d’oro. In un frame si vede anche quella, incamerata nel torneo di pugilato (categoria welter femminile e intersex) dopo un facile filotto di vittorie ottenute prendendo a colpi di maglio donne meno nerborute, impegnate più che altro a scappare dalle sue «pizze» nei giorni delle polemiche e dei trionfi, quando il taglio di capelli era più warrior, con sfumatura alta da maschiaccio (si può scrivere senza indignare Laura Boldrini?). Imane Khelif non ha fatto prigioniere: liquidata Angela Carini in 46», ha regolato ai punti altre tre malcapitate non perdendo un round nonostante la tecnica rivedibile, fra l’esultanza degli organizzatori, del Cio, di Emmanuel Macron (che l’aveva sportivamente adottata) e del giornalista collettivo. Non pervenuti - e in questo caso ininfluenti - i pareri delle femministe. La figlia del popolo si è riscattata a colpi di pugni inflitti a mandibole di vetro, mettiamola così. La giovane sognatrice che vendeva rottami per pagarsi gli allenamenti (ah, la narrazione, signora mia) non c’è più. Ha lasciato il posto alla diva, già ambasciatrice dell’Unicef vicina all’Eliseo, prediletta dal presidente del Cio, Thomas Bach, e simbolo della nuova inclusione che somiglia molto alla preistorica legge del più forte purchessia. Di sicuro del più trendy, del più influente in chiave lobbistica. Siamo lontani anni luce dalle vere rivendicazioni, dal trionfo di Arthur Ashe contro Jimmy Connors a Wimbledon (1975), quando John McPhee sul New York Times scrisse: «Lo ha battuto per netta superiorità culturale». Ora Imane, costruita con le stesse regole di marketing sociale di Greta Thunberg, è pronta a portare nel mondo degli smarriti la nuova religione, quella dello sport non più veicolo di cultura e affermazione attraverso la ricerca dell’eccellenza ma veicolo di «intersezionalità di genere», come recita il surreale vademecum «Linee guida sulla rappresentazione dello sport», affidato al «Gender equality review project» del Cio medesimo. «Ho vinto da donna», ha sentenziato con sorriso beffardo un attimo prima di portare in tribunale per cyberbullismo (grazie a uno degli studi legali più cool di Parigi) nientemeno che Donald Trump, Elon Musk, la scrittrice Joanne Rowling, che avevano espresso pesanti perplessità davanti alla mattanza olimpica dell’azzurra Carini. Per i sacerdoti del pensiero unico chi dubita merita le catene. Anche se il medico della federazione boxe Iba, Ioannis Filippatos, ha confermato che «dall’analisi cromosomica è emerso il cariotipo maschile»; anche se si scopre che nel 2022 sulla situazione di Imane c’erano state «proteste di 22 Paesi, fra i quali anche l’Italia». Oggi tutti zitti. E se proprio bisogna massacrare qualcuno, chi meglio di Angela Carini? Nei giorni del trionfo delle medaglie di legno che sfileranno al Quirinale per un «doveroso gesto di inclusione» l’unica esclusa dal tribunale del progressismo italiano è lei. Perché ha commesso il peccato mortale: denunciare con la spontaneità di chi ha paura la differenza fra il pugno di una collega e un’incudine.Il problema è lei, che assieme ad altre atlete era stata invitata a partecipare (prima dei Giochi) alla campagna di comunicazione di Webuild, il colosso italiano delle costruzioni partecipato da Cassa depositi e prestiti. La pugile napoletana appare nel video promozionale della società, dal titolo «Costruire un sogno: storie di campionesse», accanto alla velista Caterina Banti, alla judoka Alice Bellandi, alle velociste Zaynab Dosso e Antonella Palmisano. La Carini parla anche di fallimento («Non fa nulla, cadi e ti rialzi») e spiega che «l’avversario più difficile è vincere te stessa». Si immedesima in un video come Imane Khelif, senza la pretesa di convincere qualcuno della sua femminilità.Eppure sui social è un altro ko (odio a piene mani, si chiama shitstorm). Qualche buontempone le chiede cos’abbia vinto, dimenticandosi che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 25 settembre premierà con una stretta di mano anche i quarti posti, idealmente i quinti e i dodicesimi, giù fino a Fantozzi perché l’ecumenismo democristiano è infinito. Qualcun altro, ricordandosi che Webuild sarà chiamato a realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, azzarda: «Se avrà la stessa resistenza della Carini siamo in una botte di ferro». L’occasione non poteva sfuggire all’umorista Luca Bottura, che chiosa: «Ponti che resteranno in piedi 45». Una battuta è sempre sacra, un po’ meno nei giorni del ricordo del crollo del ponte Morandi. Esiste qualcosa di più pesante perfino di un cazzotto di Imane.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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