2023-02-13
Si inventano il complotto per tenersi la Rai
Non potendo smentire lo «scoop» sulla premeditazione della scena di Fedez, Augias, Coletta e tutta la dirigenza di Saxa Rubra con la grancassa della stampa denunciano manovre censorie. Sono solo una cupola che fa di tutto per non mollare il potere. Si conclude l’ennesima edizione fluida del Festival di «Zan Remo» con bacio omo sul palco. A rendere l’estrema gravità del momento ci ha pensato Corrado Augias, tramite allarmata intervista a La Stampa: «In sessant’anni di televisione non ha mai visto un attacco tanto forte», dichiara il giornalista che imperversa in Rai dagli anni Sessanta, alla faccia del ricambio generazionale. Il punto, comunque, l’ha centrato. Dopo una settimana di polemiche circensi, la crema dell’intellighenzia progressista ha scoperto l’esistenza di una terribile macchinazione fascistoide per dare l’assalto a Viale Mazzini. Sì, avete capito bene: gomplotto! Tutti ne parlano, tutti s’affannano a vergare intricati retroscena. Ed è sempre Augias a dichiarare che la trama in atto è addirittura peggiore del famigerato «editto bulgaro» di Berlusconi. «L’editto bulgaro aveva come cifra quella goffaggine che accompagnava molti atti del governo di allora», ammonisce Corradone, «qui ho l’impressione che ci sia una venatura più insidiosa». Favoloso. L’editto bulgaro è stato per circa vent’anni un caposaldo della retorica antiberlusconiana, una sorta di spaventoso peccato originale a cui tutte le tele-vittime si sono appigliate. E adesso scopriamo che, in fondo, era goffo e poco insidioso: molto peggio le manovre dell’attuale esecutivo. Una tesi surreale che potrebbe - giustamente - irritare lo stesso Michele Santoro o Daniele Luttazzi.In ogni caso, questa è la posizione che ha assunto la sinistra italiana - politica e intellettuale - sull’affaire Sanremo. Repubblica parla di «assedio alla Rai», il Fatto suggerisce che la linea fosse «studiata da giorni», il Corriere della Sera è appena più moderato, ma sull’edizione online già sabato notte straparlava di un «attacco» con l’obiettivo di «cambiare i vertici Rai» e s’inventava fantasiosi intrighi. Quanto all’opposizione parlamentare, dal Pd a Calenda, passando per Fratoianni, è un coro unanime: «Vogliono tornare all’Eiar!»; «Rifanno il Minculpop!»; «Impongono la censura!»; «Gomblotto!». Un poco ci dispiace: questa narrazione è talmente suggestiva che sbriciolarla è quasi un peccato. Ma forse è il caso di rimette un poco di ordine, e di separare le balle dalla realtà.Quest’ultima polemica su Sanremo nasce, come noto, da un articolo della Verità: limitandoci a svolgere il nostro lavoro, abbiamo dato una notizia. Abbiamo raccontato che l’attacco di Fedez al viceministro Galeazzo Bignami con tanto di foto strappata non è stato improvvisato, ma provato nel pomeriggio di mercoledì, intorno alle 18. Solo che, invece di stracciare l’immagine, il cantante provando l’aveva prima girata a testa in giù e poi gettata via. La notizia contraddice abbastanza clamorosamente la ricostruzione fornita dai vertici di Viale Mazzini e dal responsabile dell’intrattenimento prime time, Stefano Coletta, secondo cui si è trattato di un’iniziativa personale del rapper all’insaputa di tutti. No, in realtà sapevano e hanno lasciato fare. Per 48 ore non s’è parlato d’altro che del nostro articolo, e si sono sentite a riguardo le affermazioni più surreali. Ma in due giorni non è arrivata manco mezza smentita. Anzi, semmai sono giunte conferme indirette. Solo che, invece di rispondere nel merito, dirigenti Rai e politici si sono messi a fare le vittime e a gridare al complotto, si sono intestarditi a cercare la fonte della notizia (e chi ha mai detto che sia una soltanto?) e hanno cercato di trasformare un lavoro giornalistico in una sorta di attacco su commissione. Gli stimati colleghi della carta stampata hanno fatto da grancassa a questa posizione, tentando di screditare chi ha fatto ciò che avrebbero potuto fare pure loro, se avessero voluto: trovare delle fonti, verificare le informazioni in loro possesso e raccontare un fatto che nessuno ha saputo smentire.Dove starebbe, dunque, l’oscura trama? Nel fatto che numerosi esponenti di Fratelli d’Italia si siano arrabbiati quando hanno letto la notizia da noi pubblicata? E che avrebbero dovuto fare, congratularsi con Fedez e con i responsabili di Sanremo? Inoltre: quale sarebbe la censura? Come avrebbe agito questo fantomatico Minculpop?A ben vedere, il problema dei progressisti è uno soltanto, sempre lo stesso: non possono tollerare di perdere il potere. Per loro è semplicemente inaccettabile l’idea di non comandare all’interno delle istituzioni pubbliche. Quanto a Sanremo, non c’entrano nulla le tirate sul razzismo, l’omofobia, i diritti vari ed eventuali. Ciò che conta è che gli amici della parrocchietta possano continuare a godere della mangiatoia di cui usufruiscono da anni.Gli editorialisti impegnati gridano alla lesione della libertà, vorrebbero difendere gli artisti da presunte ingerenze politiche. Ma scusate, quale sarebbe la libertà in pericolo? Quella di Fedez di usare la Rai come il proprio tinello? Questo signore ebbe un contenzioso con Viale Mazzini alcuni anni fa, dopo il concerto del primo maggio. Per ringraziarlo della simpatia, la televisione pubblica gli ha donato una striscia su Rai due e lo ha piazzato come ospite a Sanremo con un contratto blindatissimo. Lui ne ha approfittato per imbastire una scenetta patetica, che è offensivo definire «arte» o «libertà d’espressione», e se n’è servito per ottenere denaro e pubblicità. Per smascherarlo basta un rapidissimo esercizio d’immaginazione: se avesse strappato la foto di Mario Draghi, per citarne uno a caso, che sarebbe accaduto? Negli anni passati abbiamo visto persone a cui sono entrate in casa le forze dell’ordine per un post particolarmente critico verso le istituzioni pubblicato sui social. Invece Fedez può fare l’hater davanti a milioni di persone pagato dai contribuenti e tutti dovrebbero applaudirlo? Discorso analogo si potrebbe fare per l’attuale dirigenza Rai. Se decidono le solite dieci persone piazzate dal Pd o da chissà quale altro movimento sinistroide va tutto bene altrimenti è il Minculpop? E perché mai la Rai dovrebbe essere cosa loro?Qui le chiacchiere, come si dice, stanno a zero. Abbiamo dato una notizia: se sono in grado di smentirla, lo facciano. Altrimenti forniscano le dovute spiegazioni. E se non vogliono spiegare, lascino la poltrona. Non ci sono complotti né attacchi né violenze: qui c’è solo una cupola politica che ritiene di poter esercitare il potere per diritto dinastico, per superiorità antropologica. Il fatto che questi fenomeni abbiano scelto Fedez come idolo e martire, del resto, li descrive perfettamente.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
Continua a leggereRiduci
Mark Zuckerberg (Getty Images)