2023-10-30
Si cerca un letto nei nostri ospedali per salvare la nuova Charlie Gard
L’inglese Indi Gregory, bimba di 8 mesi, soffre di una malattia genetica. I giudici vogliono che oggi le sia tolto il respiratore. Vana l’opposizione dei genitori. L’unica speranza è accoglierla in Italia: Londra non l’ha vietato.Alla piccola Indi Gregory, la neonata britannica di otto mesi affetta da una malattia rara del Dna mitocondriale, il respiratore che la tiene in vita dovrebbe esser tolto questo pomeriggio al Queen’s medical center Nottingham, dov’è ricoverata; questo nonostante i genitori della piccola, Claire Staniforth e Dean Gregory del Derbyshire, chiedano che figlia - affetta dalla stessa patologia di Charlie Gard, il neonato inglese, si ricorderà, lasciato morire nel 2017 - possano continuare a vivere. Un desiderio naturale e ovvio, quello dei genitori, scontratosi però col parere dei medici e anche dei giudici inglesi. In particolare, ad aver determinato un giudizio forse irrimediabile sulla sorte della piccola è il pronunciamento scandito nelle scorse settimane dal giudice dell’Alta corte britannica, Robert Peel, il quale «con il cuore» appesantito dalla decisione, ha detto d’esser suo malgrado «giunto alla conclusione che gli svantaggi di cure così invasive non giustificano i benefici di» quelle stesse «cure» che tengono in vita la neonata, venuta alla luce lo scorso 24 febbraio.Questa decisione dell’Alta corte era arrivata dopo l’udienza che, assistito dall’avvocato Emma Sutton KC, il Nottingham university hospitals Nhs Trust, che gestisce il Queen’s medical center, aveva richiesto e ottenuto presso il tribunale stesso. Dean Gregory e la moglie hanno a quel punto provato a contestare la sentenza, ma i giudici della Corte d’appello lunedì scorso respinto il loro caro e vano, purtroppo, è risultato giovedì pure il tentativo d’approdare alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) di Strasburgo. Dopo quest’ultimo esito, il dottor Keith Girling, direttore dell’ospedale dove si trova Indi, ha detto che quello conclusosi è stato pure per loro un iter «molto difficile» e che per il Queen’s medical center adesso la «priorità è fornire la migliore assistenza possibile» alla bimba «e sostenere i suoi genitori in questo momento difficile».Parole dinnanzi alle quali i genitori della neonata non si son però arresi. Infatti Dean Gregory ha provato a giocarsi un’altra carta: una consulenza di un cardiologo indipendente. Un elemento che i genitori di Indi Gregory hanno volutamente scelto di non allegare ad alcun ricorso. «Abbiamo visto», hanno dichiarato nel motivare la scelta, «come funziona questo sistema: i giudici si limitano semplicemente a validare le decisioni del servizio sanitario nazionale e non sono interessati alle opinioni di esperti indipendenti o ad altre prove. Per questo abbiamo rinunciato alla battaglia legale».Sfortunatamente, neppure questo approccio più dialogante, come riportato dalla Bbc, ha sortito effetti all’ospedale di Nottingham, dove pare abbiano finto di non vedere la consulenza del cardiologo dei Gregory, rimanendo della loro linea. Dunque alla piccola Indi, come si diceva in apertura, da questo pomeriggio dovrebbe tolto il respiratore che la tiene in vita. Non è però ancora detta l’ultima parola. Una speranza infatti c’è ancora e viene dall’Italia, come spiega alla Verità Simone Pillon, avvocato formalmente incaricato dalla famiglia Gregory di seguire interessi della bambina in Italia, che racconta come la battaglia per salvarla duri da settimane. «All’ospedale il respiratore alla bambina volevano toglierglielo subito dopo la sentenza», rivela, «ma i familiari hanno fatto presente che la piccola era piena di sedativi e quindi sarebbe morta subito in quanto in condizione indotta di capacità di respirazione autonoma; e quindi loro hanno fatto presente questa cosa e l’ospedale ha accettato di posticipare a lunedì».Ma ore le speranze sono d’evitare che oggi si arrivi a togliere il respiratore alla piccola. «Se noi nel frattempo riusciamo a depositare una dichiarazione d’intenti di un ospedale italiano che voglia prendersi carico della bambina», sottolinea Pillon, «questo diventa un fatto nuovo - non considerato finora dai giudici - che permette agli avvocati di intervenire nuovamente presso la Corte inglese, chiedendo l’autorizzazione del trasferimento o comunque il differimento del distacco dei supporti vitali per garantire la possibilità di questo trasferimento». La disponibilità di alcuni ospedali nella nostra Penisola è oggetto di valutazione. «In Italia è in corso l’attività che mira a reperire una struttura che si metta a disposizione, proprio come già successo per Charlie Gard e per Alfie Evans». Con una bella differenza, rimarca Pillon alla Verità: «In questi altri casi noi avevamo un tribunale che si era già espresso contro il trasferimento, in questo caso in realtà l’ordine della Corte non prevede il divieto di trasferimento; e quindi appena noi troviamo l’ospedale la famiglia di essere libera di procedere». La corsa contro il tempo per salvare Indi Gregory è dunque in pieno svolgimento e c’è da sperare possa avere successo perché qui, a differenza che nel Regno Unito, conclude Pillon «le cure palliative implicano sì l’evitare ogni accanimento terapeutico, ma comunque l’accompagnamento del paziente, senza abbandonare ogni forma di presa in carico». Una differenza abissale, anzi vitale.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)