2024-02-22
Sgominata la banda degli scafisti di lusso
Offrivano traversate con tutti gli agi a clandestini «Vip» in rotta verso l’Italia: un viaggio poteva costare fino a 6.000 euro a testa. Bottino totale: quasi mezzo milione. In manette sono finiti 12 uomini (6 tunisini e 6 italiani). E non si escludono legami con la mafia.L’offerta, esclusivamente per clandestini «Vip», prevedeva un viaggio di sola andata per le coste siciliane su gommoni con potentissimi motori da 500 cavalli, scafisti accuratamente selezionati tra tunisini residenti in Italia e, soprattutto, supporto logistico al momento dello sbarco. Perché la banda della traversata di lusso sgominata ieri mattina dalla Procura antimafia di Palermo sarebbe stata composta per metà da tunisini e per l’altra metà da italiani. In 12 sono finiti in manette, sei per nazionalità. Due, però, sono risultati irreperibili (e sono in corso le ricerche). Mentre due provvedimenti di fermo sono stati eseguiti in provincia di Venezia e a Cesena. Gli investigatori delle Squadre mobili di Palermo e di Trapani e quelli del Servizio centrale operativo monitoravano la cricca, che per gli inquirenti è «un’associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina», dall’agosto 2022. La mente del gruppo sarebbe un ex poliziotto tunisino corrotto, sbarcato a Lampedusa nel 2022 come richiedente protezione internazionale. Secondo l’accusa, avrebbe selezionato personalmente in Italia gli scafisti specializzati, presentati ai clienti come grandi esperti della rotta italo-tunisina. Grazie alla rete di relazioni che aveva conservato a Tunisi, dove risiedeva un tunisino indicato come il capo della banda, sarebbe riuscito a mettere su la startup del viaggio sicuro e confortevole. Con tanto di agenzia di viaggi clandestina posizionata a Marsala. I viaggi, però, venivano organizzati a Tunisi e lì veniva stabilito anche il prezzo del biglietto. Non oltre 20 passeggeri per traversata e bisognava sborsare tra i 3.000 e i 6.000 euro a cranio, ovvero il doppio e a volte il triplo rispetto a un viaggio della fortuna su carrette del mare affollate e a rischio naufragio. Gli affari, nel periodo monitorato, sembravano andare a gonfie vele. Tanto che gli investigatori hanno registrato il passaggio di quasi 90.000 euro da un tunisino a uno degli indagati italiani. I conti, d’altra parte, sono semplici da fare. I clandestini approdati in Sicilia tramite i servizi offerti dalla cricca sono 73, 12 dei quali minorenni e sei donne (si tratta però di una stima al ribasso, perché potrebbero essere stati organizzati viaggi che gli investigatori non sono riusciti a censire), per un ritorno economico stimato tra i 200 e i 400.000 euro. Ma chi si rivolgeva all’agenzia dell’ex poliziotto tunisino? Ben 19 dei clandestini sbarcati sono stati arrestati per reingresso illegale nel territorio nazionale. Per la loro seconda chance avevano scelto un viaggio di lusso, sperando di evitare controlli in mare e di poter sbarcare con tranquillità su una spiaggia isolata dalla quale far perdere le proprie tracce. Altri quattro sono finiti in carcere in esecuzione di un provvedimento definitivo di condanna per reati contro il patrimonio e spaccio di stupefacenti commessi in Italia. Erano, insomma, dei pregiudicati. Al momento della loro identificazione gli è stata anche notificata la sentenza passata in giudicato. E alcune verifiche sarebbero in corso per accertare se tra gli imbucati non ci sia anche qualche personaggio potenzialmente pericoloso. Ma al momento dagli inquirenti non arrivano né conferme né smentite. Nel corso delle indagini, coordinate dal procuratore Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Sergio Demontis, tra giugno e settembre scorsi sono stati già arrestati otto presunti scafisti. Erano al timone dei gommoni intercettati in mare dalle autorità italiane e dalle verifiche sui loro telefoni cellulari sono emersi contatti con la banda che operava a Marsala. Quattro di loro sono indagati anche per resistenza a navi da guerra, avendo tentato la fuga nonostante l’intervento delle motovedette della Guardia di finanza, che aveva individuato i gommoni in mare. Stando alle relazioni di servizio finite nel fascicolo palermitano, avrebbero messo in atto manovre da esperti scafisti, sperando di seminare i militari che li inseguivano. In un’occasione, in particolare, gli scafisti avrebbero addirittura ordinato di sparare contro il mezzo militare dei razzi luminosi, nell’estremo tentativo di intralciare il controllo di polizia giudiziaria. L’inchiesta ha potuto contare anche sulle informazioni raccolte dalla task force Mediterraneo, con il supporto di Europol e della polizia tunisina. Alcuni gommoni, sequestrati dagli agenti, sono risultati rubati nei porti turistici siciliani mentre erano ormeggiati al molo. L’inchiesta, però, potrebbe ancora offrire degli sviluppi. Pare che uno dei viaggi sia stato perfino avallato dagli esponenti di una delle cosche mafiose di Marsala, alla quale sarebbe stata riconosciuta una royalty, consegnata in contanti a uno degli italiani indagati. «L’operazione», ha spiegato il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro, «si inquadra in una più vasta attività di indagine internazionale coordinata dallo Sco per il contrasto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nelle rotte marittime, in collaborazione con organismi investigativi internazionali e con la polizia tunisina. Un successo che conferma l’efficacia dell’attività di cooperazione internazionale che il governo Meloni ha messo in campo nella lotta agli scafisti, a partire dalla collaborazione con le autorità della Tunisia per il potenziamento della capacità di controllo delle frontiere marittime e interne. Un lavoro che oggi sta dando i suoi frutti, con una fortissima diminuzione degli sbarchi negli ultimi mesi».