2025-07-23
Piano carceri e carriere separate. La maggioranza adesso fa sul serio
Il senato ha approvato la riforma scritta da Carlo Nordio. Pm e giudici avranno percorsi diversi. Giorgia Meloni: «È un passo importante per rendere equo il sistema». Il Cdm vara il piano per l’edilizia penitenziaria 2025-2027, stanziati 758 milioni per 15.000 posti.Cancellato il divieto di prevalenza della «lieve entità» per il reato di rapina.Lo speciale contiene due articoliCon 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astensioni, il Senato ha approvato il disegno di legge di revisione costituzionale sulla separazione delle carriere della magistratura. Per il presidente del Consiglio Giorgia Meloni «un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione». «Il percorso», aggiunge, «non è ancora concluso, ma oggi confermiamo la nostra determinazione nel dare all’Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente». Ora infatti, come previsto dalla Costituzione, il testo tornerà alla Camera (dove già era stato approvato il mese scorso) e poi nuovamente al Senato per la fase finale della riforma che precede il referendum costituzionale. Soddisfazione per il ministro della Giustizia Carlo Nordio: «È un passo molto importante verso l’indipendenza della magistratura da se stessa, dalle sue correnti, attraverso la rimodulazione del Csm. È anche un balzo gigantesco verso l’attuazione del processo accusatorio, voluto da Giuliano Vassalli». Per il vicepremier Antonio Tajani, ma per tutta Forza Italia, si tratta di «una giornata meravigliosa che dedichiamo a Silvio Berlusconi, che ha dedicato una parte importante della sua attività politica alla riforma della giustizia. Oggi ci è riuscito, e ci guarda da lassù». Di tutt’altro avviso le opposizioni che, come prevedibile, mettono in campo il solito show. «Processi lumaca, precari a rischio nei tribunali, app per il processo telematico che hanno creato caos, disagi e file per settimane, criminali che scappano prima dell’arresto perché con la riforma Meloni-Nordio vengono avvertiti, borseggiatori impuniti perché senza la denuncia del derubato forze dell’ordine e tribunali non possono fare niente. Ovviamente questi non sono problemi da risolvere per il Governo Meloni perché sono i problemi dei comuni cittadini. Molto più importante mettere il guinzaglio ai magistrati, proteggere politici e potenti dall’azione dei tribunali e realizzare il sogno di Licio Gelli e della P2: è per questo che poco fa hanno approvato la separazione delle carriere al Senato».È il duro intervento di Giuseppe Conte, presidente dei 5 stelle, da sempre schierati a difesa delle toghe e che vedono in questa riforma una sorta di complotto. «Hanno in testa un disegno ben chiaro», aggiunge Conte, «i pubblici ministeri superpoliziotti sotto la sfera di influenza e di condizionamento del ministro della Giustizia di turno».Un’opposizione anche coreografica. I senatori del Pd infatti, al momento del voto, hanno tutti esposto un frontespizio della Costituzione rovesciata. I deputati del M5s hanno invece alzato un cartello con le immagini di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone con la scritta «non nel loro nome». Interviene anche la Cgil, sempre più partito e meno sindacato: «ci opporremo in tutti i modi alla separazione delle carriere». Proteste che naturalmente arrivano anche dall’Associazione nazionale magistrati. «L’intento di questa riforma è quello di avere una magistratura addomesticata e subalterna, che rinunci al proprio compito di controllo di legalità. Continueremo a intervenire nel dibattito pubblico per argomentare con convinzione e determinazione le ragioni della nostra contrarietà a questo disegno di legge. Lo faremo nei prossimi mesi e lo faremo fino al referendum». Non solo riforma della giustizia ma anche interventi per mitigare il sovraffollamento delle carceri illustrati dal ministro Nordio e dal Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, Marco Doglio nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri di ieri. «Il piano per l’edilizia penitenziaria 2025-2027, si pone l’obiettivo di recuperare e creare 15.000 posti detentivi. I primi 9.696 posti saranno così divisi: 1.472 nel 2025, nel 2026 saranno 5.914, nel 2027 saranno 2.310, per un fabbisogno finanziario complessivo di 758 milioni di euro. Ulteriori cinquemila posti detentivi potranno essere realizzati in un arco temporale quinquennale attraverso la linea di intervento sulla valorizzazione e trasformazione di alcuni istituti penitenziari esistenti. Tale intervento complessivo consente di raggiungere l’obiettivo di 15.000 posti mancanti» ha chiarito Doglio. Nordio ha aggiunto che «degli attuali 61.861 detenuti, il 31,93% ha una dipendenza da sostanze stupefacenti o alcoliche» per questo si interviene anche con un trattamento differenziato previsto per chi ha commesso reati minori «in strutture certificate di comunità». Inserite anche modifiche sulle disposizioni per i contatti telefonici, per «alleviare la condizione carceraria» e aumenta il numero di colloqui per i detenuti che passano «da uno a settimana a 6 al mese e, per i detenuti più gravi da 2 a 4 al mese». «Finalmente certezza della pena e risposte per le comunità terapeutiche», commenta il premier in un video diffuso sui social, «così rispettiamo la parola data e il programma presentato ai cittadini».«Un piano carceri diventato realtà anche grazie all’impegno del Mit che ha stanziato 335 milioni di euro» rivendica il ministero dei Trasporti spiegando «che consentiranno di realizzare entro i primi mesi del 2027 più di 2.500 nuovi posti negli istituti di pena. Si tratta di un risultato rilevante, fortemente voluto dal vicepremier e ministro Matteo Salvini». Che commenta così anche la riforma della giustizia: «Più carceri per ospitare i delinquenti e riforma della Giustizia per offrire più garanzia ed efficienza ai cittadini. Gli italiani ci hanno votato anche per questo. E noi passiamo dalle parole ai fatti». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/separazione-delle-carriere-e-legge-2673690628.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="se-rubi-poco-la-recidiva-non-conta-una-sentenza-salva-i-ladruncoli" data-post-id="2673690628" data-published-at="1753246137" data-use-pagination="False"> «Se rubi poco la recidiva non conta». Una sentenza «salva» i ladruncoli «Meglio rubare poco e spesso che tanto ma raramente». È quanto verrebbe da pensare alla luce della nuova decisione della Corte costituzionale che con la sentenza numero 117 ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’articolo 69, quarto comma, del codice penale» nella parte in cui stabilisce, per il reato di rapina, il «divieto di prevalenza dell’attenuante della lieve entità del fatto sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata». Tradotto dal linguaggio giuridico vuol dire che si può tener conto della lieve entità del fatto, il che riferito alla rapina significherebbe valutare «l’entità» della rapina stessa. Il divieto di prevalenza era stato sancito dalla sentenza numero 86 del 2024 della stessa Corte. Ma la questione del divieto di prevalenza era stata sollevata dai giudici dell’udienza preliminare dei Tribunali di Sassari e di Cagliari e dalla Corte di Cassazione. In questo caso, la Consulta ha accolto le censure, ritenendo che, anche in relazione all’attenuante introdotta dalla sentenza numero 86 del 2024, il divieto di prevalenza stabilito da tale norma «violi l’articolo 3, primo comma, della Costituzione, sia sotto il profilo della ragionevolezza, poiché vanifica la funzione di valvola di sicurezza dell’attenuante medesima», sia sotto il profilo dell’eguaglianza poiché impedisce al giudice di applicare sanzioni diverse per situazioni diverse sul piano dell’offensività della condotta. Questa è la motivazione della Corte costituzionale che spiega perché ha stabilito che non deve essere preso in considerazione il divieto di prevalenza. Secondo i giudici, infatti, il divieto di prevalenza, nella sua assolutezza, «contraddice i principi di individualizzazione, proporzionalità e funzione rieducativa della pena», espressi dall’articolo 27, primo e terzo comma, della Costituzione. Tradotto in soldoni, sempre secondo i giudici della Consulta il non far prevalere la lieve entità sull’aggravante della recidiva nel reato di rapina non consente di tener conto della variabilità delle condotte e, quindi, il giudice non può modulare la pena in base alla reale gravità del fatto. Sempre analizzando quest’ultima sentenza della Corte costituzionale, depositata due giorni fa, per i giudici della Consulta il legislatore non può introdurre automatismi che alterano quanto stabilito dalla Costituzione Italiana in materia di responsabilità e pena. In sintesi: la sentenza numero 117 dichiarando «illegittimo» l’articolo 69 del codice penale nel reato di rapina elimina il divieto di prevalenza dell’attenuante della lieve entità del fatto rispetto alla recidiva reiterata e «restituisce piena discrezionalità» al giudice. Alla luce di questa sentenza non pochi cittadini si sentono ancor più preoccupati soprattutto in relazione al fenomeno dei borseggiatori che rappresenta, specialmente al Nord e in particolare in Lombardia, un problema sempre più allarmante. Basta riflettere sulla decisione dei giudici della Corte costituzionale: la lieve entità deve prevalere sull’aggravante della recidiva. Nelle ultime settimane si sono registrati frequenti episodi di rapine sui treni e di borseggi nell’hinterland milanese. Basta citare alcuni esempi che sono diventati notizie di cronaca. Lo scorso 16 luglio un turista americano di 27 anni è stato accoltellato alla gola e alla spalla da tre giovani di nazionalità nordafricana che volevano rubargli una collanina d’oro. In questo caso, l’entità della rapina è di una collanina d’oro, ma il giovane ha provato a difendersi e ha rischiato di morire.
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