2021-08-04
Senza più genio, restano solo banali sregolati
Il mito rock e il maledettismo degli anni Settanta e Ottanta ci hanno consegnato una galleria di personaggi che di venerabile hanno ben poco, a parte il talento. Oggi, scomparso pure quello, il circo mediatico «pompa» icone negative. La vera ribellione? Celebrare i buoni«Con tutto quello che mi sono fatto, è un miracolo che io sia ancora vivo», dichiarò qualche anno fa Keith Richards. Il suo collega dei Rolling Stones, Brian Jones, non resse. Spirò la notte fra il 2 e il 3 luglio 1969, e il suo cadavere fu trovato sul fondo della piscina nella sua villa di Hartfield, Sussex. Diventò subito l’ennesima icona del binomio «genio e sregolatezza».Le morti estreme si imprimono da sempre nell’immaginario collettivo, fino a creare il culto del negativo. Solo che oggi la risonanza mediatica ne moltiplica l’influenza su un’umanità già fin troppo bombardata di appelli alla deviazione. Quello che lo psicolologo Ernst Jentsch definì per primo perturbante, e poi Sigmund Freud adottò fra i suoi concetti primari di psicanalisi, ha acquistato la valenza di un totem, di un idolo, di un dio della paganità postmoderna.Non passa giorno senza che i canali pervasivi dell’infotainment, l’informazione intrattenimento, non veicolino nuove figure da venerare dopo trapassi dovuti a droga, alcol, incidenti stradali, suicidi o omicidi. Tanto che se ne potrebbe ricavare una suddivisione per categorie. Si prendano gli stupefacenti. Fra i più rappresentativi, Jim Morrison e Jimi Hendrix, e poi ancora River Phoenix, John Belushi, Whitney Houston, Philip Seymour Hoffman, Heath Ledger. Quest’ultimo ancora più elevato nell’Olimpo delle vittime di overdose dopo che il suo ultimo film, Jocker, spodestava definitivamente Batman dal ruolo principale di una saga a fumetti in cui il criminale diviene più accattivante del giustiziere. È sempre l’eroina a stroncare due giovani astri del fumetto italiano, Andrea Pazienza e Stefano Tamburini, ambedue emersi in quella stagione che va dal 1977 alla fine degli anni Ottanta, tutta da riconsiderare, rianalizzare, revisionare.Che dire, poi, degli incidentati su strada?Viene subito in mente James Dean, con la sua Little Bastard, il nomignolo dato alla Porsche Spider 550 sulla quale morì il 30 settembre 1955. Cinque anni dopo sarebbe toccato al più sardonicamente americano degli chansonnier peninsulari, Fred Buscaglione. Made in Usa era la Ford Thunderbird lilla con cui si schiantò verso l’alba del 3 febbraio 1960 contro un camion Lancia Esatau all’incrocio fra via Paisiello e viale Rossini, nella quiete danarosa dei Parioli. Di nuovo Roma per un’altra fine sull’asfalto che spegne voce ed estro musicale. Il 2 giugno 1981 Rino Gaetano va ad impattare con la sua Volvo 343 grigio metallizzato contro un camion sulla Nomentana, all’incrocio con via Carlo Fea. Sembra che il cantautore abbia perduto la conoscenza prima dell’incidente. Dopodiché si uniscono inadeguatezze sanitarie e gravità dei danni fisici. Per Gaetano si avvera il testo della sua canzone Quando Renzo morì io ero al bar: «La strada era buia, s’andò al S. Camillo/ e lì non l’accettarono forse per l’orario, / si pregò tutti i santi ma s’andò al S. Giovanni / e lì non lo vollero per lo sciopero». Del resto, anche James Dean aveva effettuato una corsa su ruote ad alto rischio nel film Gioventù bruciata. Jung le avrebbe definite sincronicità, coincidenze che potrebbero rientrare nello schema predefinito dell’universo.Scrive Arthur Schopenhauer in Il mondo come volontà e rappresentazione: «Che genialità e pazzia abbiano un lato in cui l’una confina con l’altra, anzi l’una trapassa nell’altra, è stato spesso notato, e si è perfino detta l’ispirazione poetica una specie di pazzia: amabilis insania la chiama Orazio (Odi III, 4) e «soave follia» Wieland nell’introduzione all’Oberon». Il filosofo tedesco prosegue poi con un florilegio di rimandi che passano per Aristotele («Nullum magnum ingenium sine mixtura dementiae fuit, non è mai esistito ingegno senza un poco di pazzia»), Platone («Coloro che fuori della caverna hanno guardato la vera luce del sole e le cose dotate di vero essere (le idee), dopo non possono più vedere nella caverna, perché i loro occhi sono disabituati all’oscurità»), Cicerone, Pope, Goethe, Rousseau, Byron e Alfieri. Per concludere: «Un individuo geniale è un fenomeno raro oltre ogni valutazione ordinaria, e si presenta nella natura soltanto come la più grande eccezione».Ma nel passato, genio e sregolatezza erano sinonimi di eccellenza espressiva, e i suoi prodotti fungevano da elementi di stimolo nelle percezioni culturali. Il circo mediatico attuale, invece, esalta personalità effimere che fin da vive hanno interessato le forze dell’ordine per le loro violazioni delle norme di convivenza civile. Con buona pace degli antiproibizionisti, gli stati alterati di coscienza inducono ad azioni violente, criminali, sanguinarie. William Burroughs, strafatto di Lsd, per imitare Guglielmo Tell sparò alla moglie, uccidendola. Orde di eterodiretti, istigati dalla Rete, celebrano soggetti che meriterebbero la damnatio memoriae. Tanto che verrebbe da evocare l’ultimo comma dell’articolo 414 del codice penale, l’apologia di reato.Un società naufragata come questa necessita di forti anticorpi morali. La bontà deve tornare a fare notizia.
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