2020-10-02
C’è immunità di gregge ma creano l’emergenza
L'ipotesi di Gimbe: «Il virus colpì in primavera un'ampia parte degli abitanti del Settentrione, ora meno vulnerabile del Sud».Il premier è intenzionato a prorogare il periodo in scadenza il 15 ottobre, nonostante l'epidemia sia sotto controllo. Così avrà mano libera per deliberare senza il Parlamento e istituire eventuali lockdown.Lo speciale contiene due articoliPer la prima volta in Italia si affaccia la prospettiva di una possibile (e augurabile) «immunità di gregge», che in questi mesi di pandemia è stata spesso evocata a sproposito, mentre oggi - secondo il Gimbe - è la possibile spiegazione di un fenomeno nuovo che riguarda il Nord Italia. C'è un dato fra i tanti, infatti, che colpisce Nino Cartabellotta, nell'ultimo rapporto sui contagi da coronavirus, che la sua fondazione compila settimana per settimana, e che ieri il ricercatore del Gimbe ha presentato a Firenze nel Forum sistema salute. È un dato che dovrà essere confermato, interpretato e spiegato nel tempo, ma che per ora porta ad una sola conclusione, ed è una «scoperta» che si può definire sorprendente sia per il Nord che per la Lombardia: «Se osserviamo con attenzione i numeri sul rapporto tra i casi positivi e i casi testati, avendo cura di sottrarre i doppi tamponi confermativi - spiega Cartabellotta - ci si trova davanti a un fenomeno molto importante, anche dal punto di vista numerico». Quale? «Gli ordini di grandezza nel rapporto tra Nord e Sud sembrano ribaltati rispetto alla primavera scorsa. Regioni come la Campania (5.4%) e la Sardegna (4.3%) stanno registrando, dopo l'estate, un fortissimo incremento di contagi reali. Mentre, al contrario, Regioni che sono state in passato fortemente colpite dalla pandemia, come la Lombardia (1,9%) e l'Emilia Romagna (2.2%), hanno registrato, nello stesso periodo, un forte abbattimento percentuale dei casi di positività». Così, quando chiedo al presidente del Gimbe, come si spiega questa inversione così significativa di tendenza, Cartabellotta mi dà una risposta sorprendente: «Se si contano i tamponi fatti in assoluto, come fanno molti, si ha una percentuale falsata. Se invece si valuta questo rapporto sui numeri netti si scopre che l'immunità di gregge è la spiegazione più probabile per questa forbice tra dati. E proprio questa ipotesi spiega anche perché, portati sullo stesso indice, i dati di Campania e Sardegna, una Regione che era Covid free prima dell'estate, e altre Regioni del sud, che erano state toccate meno, hanno oggi un grande incremento. Anche la Sicilia e la Puglia, che in primavera erano stati coinvolte marginalmente, oggi con il 3.5% e il 3,1% sono salite entrambe al di sopra della media nazionale» (che è il 3.1%, ndr). «In quei territori - aggiunge Cartabellotta - il virus era meno diffuso, e quindi adesso ha ancora grandi possibilità di contagio. Nel Nord e in Lombardia, evidentemente, ha già toccato settori amplissimi della popolazione, che oggi sono meno vulnerabili al coronavirus». Morale della favola: «Il “secondo giro" del contagio, chiamiamolo così, colpisce di più chi ha avuto minor esperienza del virus, e in proporzione minore chi ha avuto più contagi».E qui c'è un altra considerazione che può sorprendere chi ha in mente le coordinate sulla pandemia che ci sono state fornite in questi mesi: «Se questa lettura è vera» aggiunge Cartabellotta «i numeri ci dicono anche che l'indagine epidemiologica dell'Istat della scorsa primavera era, come dico da mesi, largamente sottostimata. E per un motivo evidente: su un panel di 150.000 intervistati potenziali, ben 70.000 interpellati che erano stati inseriti nel campione all'epoca rifiutarono il questionario. Non avevano nemmeno la garanzia del tampone, cosa ridicola se si pensa ai costi di quella indagine, solo due milioni alla Croce rossa per l'attività di call center». Chiedo a Cartabellotta perché consideri così importante la revisione critica di quell'indagine Istat: «Cambia tutto. Non lo dice nessuno ma questo significa che l'impatto reale dell'epidemia al Nord è largamente sottostimato. Anche il dato finale di un milione e 482.000 italiani contagiati è sottostimato. Noi pensavamo che quella indagine fosse la cornice: invece potrebbe essere ancora la punta dell'iceberg». Non è una differenza di poco conto: «Non è un caso che questo sia stato l'unico, tra gli studi epidemiologici nazionali, a non essere pubblicato. Svolto in un momento particolare, certo. Ma anche alla luce di questi numeri - osserva Cartabellotta - andrebbe rifatto». Il monitoraggio della Fondazione si riferisce alla settimana 23-29 settembre e (rispetto al precedente), registra in ogni caso un ulteriore incremento nel trend dei nuovi casi (12.114 vs 10.907). C'è un leggero aumento dei casi testati (394.396 vs 385.324), mentre dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (50.630 vs 45.489) e, sul fronte degli ospedali, i pazienti ricoverati con sintomi (3.048 rispetto a 2.604) e in terapia intensiva (271 rispetto a 239). Aumentano anche i decessi (137 vs 105). E qui c'è - forse -l'ultimo dato interessante. Il grafico di ricoveri ospedalieri e terapie intensive continua a seguire una dinamica di «crescita lineare». Il che significa, osserva Cartabellotta, che se nelle prossime due settimane non subirà impennate dovute alla riapertura delle scuole (serve questo tempo per monitorare gli effetti), che a dicembre presumibilmente avremo 10.000 ricoveri e 1.000 pazienti in terapia intensiva». E questo cosa significa? «che siamo al limite, ma che il sistema sanitario sarebbe in grado di reggere. Ecco perché - conclude Cartabellotta - le prossime di settimane di rilevazione dei contagi saranno decisive».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/seminano-il-panico-ma-il-nord-potrebbe-aver-raggiunto-limmunita-di-gregge-2647881586.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="verso-lo-stato-demergenza-infinito-conte-vuole-blindarsi-fino-a-febbraio" data-post-id="2647881586" data-published-at="1601575403" data-use-pagination="False"> Verso lo stato d’emergenza infinito. Conte vuole blindarsi fino a febbraio No, non è Viktor Orban, che per estendere i suoi poteri passò dal Parlamento ungherese (30 marzo), e poi vi ritransitò per porre fine alla straordinarietà (16 giugno scorso). Ma si tratta di Giuseppe Conte, che - di nuovo - tenta di aggrapparsi al virus e di prorogare ancora una volta lo stato d'emergenza. Condizione giuridica eccezionale - giova ricordarlo - imposta dal 31 gennaio scorso, ormai un tempo lunghissimo. Poi Conte provò di soppiatto a far passare una proroga a metà maggio con il «decreto Rilancio»: in una delle primissime bozze, ben nascosta, c'era infatti la scelta - tutt'altro che neutra, anzi di altissimo impatto politico - di allungare lo stato d'emergenza di altri sei mesi. Poi, di bozza in bozza (qualcuno scrisse: anche su indicazione del Colle più alto), la discutibile norma sparì. Due mesi dopo quel tentativo, il premier riuscì nell'intento a fine luglio, quando ottenne una proroga fino a metà ottobre, che dunque è ormai quasi in scadenza. E allora ieri Conte è tornato a battere sul punto, al termine di una visita a una scuola in provincia di Caserta: «Abbiamo convenuto che andremo in Parlamento a proporre la proroga dello stato di emergenza, ragionevolmente fino alla fine di gennaio 2021. Ieri (ndr: l'altro ieri) in Consiglio dei ministri abbiamo fatto un'informativa sul punto. C'è stata una discussione: abbiamo convenuto che allo stato della situazione, che comunque continua a essere critica per quanto la curva del contagio sia sotto controllo, viene richiesta la massima attenzione da parte dello Stato, delle sue articolazioni, della Protezione civile, dei presidenti di Regione e anche dei cittadini». Inutile far finta che sia tutto normale. La decisione sarebbe clamorosa: non si capisce su quale base scientifica venga assunta. È vero che il numero dei casi non è trascurabile, ma ciò era previsto e prevedibile dopo le vacanze e la riapertura delle scuole; e comunque i numeri dei ricoveri e delle terapie intensive sono ancora sotto controllo. E in ogni caso non si vede perché serva una situazione giuridica emergenziale per far fronte a problemi sanitari e organizzativi. Tra l'altro, l'Italia si fa vanto (anche giustamente) di numeri del contagio inferiori a buona parte dei Paesi europei, in questo momento. Ecco, in Europa, quasi tutti sono da tempo usciti da un assetto giuridico emergenziale, né - tranne eccezioni - intendono rientrarci, a prescindere dalle misure sanitarie (più o meno severe, caso per caso) adottate nei diversi Paesi per il contenimento della malattia. Si ricorderà che anche l'ultima proroga fu motivata in un modo che apparve risibile a molti giuristi: per consentire - si disse - procedure accelerate (gare, appalti, ecc) in vista della riapertura delle scuole. E abbiamo visto come siano andate le cose. Ora si punta a una proroga di altri tre mesi e mezzo, per arrivare a un anno pieno, fino al 31 gennaio 2021. Così, la retorica dello stato d'emergenza avvolgerà anche il periodo natalizio e Capodanno. Tragicomicamente, i retroscena delle ultime trentasei ore fanno registrare un'altra pensata, stavolta del ministro grillino Alfonso Bonafede (a quanto pare, spalleggiato dal dem Dario Franceschini): nientemeno che una maratona tv, con tanto di contatore in tempo reale, per indurre gli italiani a scaricare la app Immuni. Ma guarda: gli italiani, dopo i disastri dell'Inps, non si fidano di come la macchina pubblica potrebbe custodire i loro dati sensibili. Le conseguenze dell'eventuale proroga (da quanto si apprende, il governo, forse attraverso il ministro Roberto Speranza, dovrebbe essere in Parlamento la prossima settimana per proporla) sono fin troppo chiare: mano libera per nuovi Dpcm (sia pure con il tenuissimo coinvolgimento parlamentare che è stato recentemente introdotto, e cioè una mera illustrazione preventiva alle Camere dei Dpcm, che tuttavia restano quello che sono: atti amministrativi non firmati nemmeno dal Capo dello Stato né convertiti dal Parlamento), e possibilità di istituire altri lockdown, eventuale colpo finale a un'economia già in ginocchio. Più un'ulteriore spinta allo smart working, che già paralizza da mesi le attività delle pubbliche amministrazioni. Ma la latitudine degli interventi autorizzati è praticamente senza limiti: lo stato d'emergenza consente infatti di derogare a qualunque disposizione vigente. La realtà - inutile girarci intorno - è che il vero obiettivo di Conte è tutto politico: anche a costo di dare un altro colpo psicologico all'economia e alla propensione degli italiani ai consumi, il premier vuole continuare a usare l'emergenza come giubbetto antiproiettile, come protezione per blindare il suo governo. Su questo, è stata fulminante la battuta dell'autore di satira Federico Palmaroli, detto «Osho», che ha buttato lì l'ipotesi di una proroga dell'emergenza «fino a fine legislatura». La cosa è due volte paradossale se si considera la «narrazione» che accompagnò la nascita del Conte bis: e cioè la denuncia della presunta aspirazione salviniana ai «pieni poteri», che in realtà era solo la richiesta di libere elezioni. Qui invece, senza elezioni, i pieni poteri qualcuno se li è presi e continua a prorogarseli per davvero. Per cercare di perpetuare l'emergenza anestetizzando il conflitto politico.