2021-06-09
Seid non è morto di razzismo ma di lockdown
Seid Visin (Facebook-iStock)
La madre del ragazzo che si è suicidato racconta: «Il disagio è iniziato quando è stato chiuso in una stanza e ci è rimasto per mesi». I media però ignorano le parole dei genitori e quelle del giovane, che scriveva: «Prima dei grandi flussi migratori tutti mi amavano».Ieri, a L'aria che tira, Gabriella Nobile dell'associazione Mamme per la pelle ha spiegato che le persone come il sottoscritto non possono parlare di razzismo in quanto «maschi-bianchi-privilegiati». La Nobile, per inciso, è colei che ha rilanciato sui social la lettera del povero Seid Visin, presentandola come la dimostrazione della diffusione endemica del razzismo in Italia. È curioso notare le stravaganze ideologiche della simpatica Gabriella: sostiene che da un dato biologico, cioè il colore bianco della pelle, dipendano caratteristiche diciamo «culturali» della persona. È la Dichiarazione sulla razza dell'Unesco a sostenere: «Non vi è alcuna prova che i gruppi dell'umanità differiscano nelle loro caratteristiche mentali innate, riguardo all'intelligenza o al comportamento». Dunque attribuire a qualcuno - bianco o nero che sia - caratteristiche «intellettive, valoriali, etiche e/o morali» a partire dal colore dell'epidermide è, semplicemente, razzista. Posto dunque che la Nobile potrebbe provare - per sperimentare la loro reazione - a spiegare il «privilegio bianco» a tutti gli italiani (e non) di pelle bianca che hanno perso il lavoro o vivono in situazioni di profondo disagio, proveremo comunque a prenderla sul serio per un attimo.Poiché di razzismo e del caso di Seid non possiamo parlare noi, lasceremo allora che a farlo siano i diretti interessati, cioè il ventenne che si è tolto la vita e i suoi genitori. Questi ultimi, in realtà, parlano da giorni e chiedono di smetterla con le speculazioni, ma i primi a non ascoltarli e a fregarsene delle loro dichiarazioni sono i presunti antirazzisti. I quali - nonostante il padre di Seid abbia ribadito più volte che «il razzismo non c'entra» con la morte del figlio - continuano impunemente a usare il ragazzo come un martire dell'ideologia.È vero. Seid, nel 2019, scrisse una lettera in cui parlava di italiani razzisti e tirava in ballo le destre. Ma diceva una cosa precisa, che tutti - casualmente - stanno trascurando. «Sono stato adottato quando ero piccolo», scriveva Seid. «Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po' di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. Adesso, invece, questa atmosfera di pace idilliaca sembra così lontana; sembra che misticamente si sia capovolto tutto, sembra ai miei occhi piombato l'inverno con estrema irruenza e veemenza, senza preavviso, durante una giornata serena di primavera».Seid parla di un «prima» e un «dopo». E fa riferimento a un «grande flusso migratorio». Scrive che a esasperare gli animi e a far cambiare l'atteggiamento di alcune persone nei suoi confronti è stato un evento particolare, cioè l'arrivo in massa di immigrati sulle coste italiane. Questa affermazione conferma ciò che da tempo sosteniamo. In Italia non esiste il «razzismo sistemico», che è un'assurdità di produzione statunitense importata nel dibattito nostrano da una sinistra a corto di idee. Esiste, piuttosto, una tensione sociale dovuta all'arrivo indiscriminato di clandestini. La pessima gestione - anzi, la non gestione - dei flussi migratori da parte di governi quasi esclusivamente schierati a sinistra ha in effetti inasprito il clima e alimentato notevolmente il risentimento. Questo è ciò che possiamo dire leggendo le parole di Seid. Non possiamo, in ogni caso, legare arbitrariamente la lettera al suicidio, come invece hanno fatto tutti gli esponenti del progressismo mediatico, a dispetto delle ripetute smentite dei genitori.È proprio dai genitori di Seid, in particolare dalla madre Maddalena, che arriva un'altra indicazione importante. Su Fanpage.it è visibile un'intervista in cui la signora spiega che suo figlio era davvero molto provato dal suo passato, da ciò che aveva vissuto in Etiopia (dove era nato). «Quando ha iniziato a crescere», dice la donna, «gli è tornato addosso tutto il passato, ha iniziato a essere più riflessivo, ha iniziato a vivere un disagio». A quanto risulta, dunque, Seid era davvero molto attento alla lotta contro le discriminazioni, la sentiva sua, la avvertiva sul corpo.Ma la sofferenza profonda che lo ha portato a togliersi la vita ha un'origine che la gran parte dei commentatori ha finora ignorato. La mamma di Seid racconta che suo figlio aveva vissuto con particolare difficoltà il lockdown. Studiava Giurisprudenza a Milano e si è ritrovato «chiuso 24 ore su 24 in una stanza nello studentato».«È là che è iniziato il suo disagio», continua mamma Maddalena, «lui là ha iniziato a non stare bene. Da ottobre fino a febbraio, neppure a Natale è venuto... A febbraio ho iniziato a sentire che era instabile. L'ho fatto rientrare immediatamente a casa. Abbiamo iniziato a seguirlo. Quindi uno dei motivi scatenanti di tutto questo inferno è stato l'isolamento dei ragazzi». Infine, l'appello: «Quello che dobbiamo fare è non lasciare i ragazzi da soli, devono stare insieme, socializzare».È profondamente sbagliato dire che Seid si sia suicidato «a causa del razzismo». E non sarebbe del tutto corretto sostenere che lo abbia fatto solo per le chiusure. Ma la madre ci dice che il lockdown ha pesato tanto su di lui, ha contribuito a scatenare i mostri che si teneva dentro, quelli che venivano dalla sua prima infanzia e dalla sua terra natale. La reclusione e l'isolamento gli hanno fatto scattare qualcosa nel cuore e lo hanno fatto «precipitare velocemente». Questo sì possiamo scriverlo e possiamo pensare che sia vero. Non solo perché lo affermano i suoi genitori, ma anche perché nella stessa situazione si sono trovati tantissimi altri giovani e meno giovani, che il lockdown ha schiacciato psicologicamente. Piccolo problema: di questo argomento non si parla. Delle «crisi di pianto» che la madre di Seid cita, dall'isolamento che lo ha sfiancato e della solitudine dei ragazzi ai militanti antirazzisti non importa niente. Anzi, loro sono stati tra i primi a sostenere l'opportunità della serrata (ricordiamo gli apprezzamenti di Michela Murgia per la Milano deserta di un anno fa), e ad accusare di fascismo chiunque osasse contestare certe chiusure immotivate.Del dolore dei reclusi, dei fragili che si sono trovati in casa prigionieri dei loro pensieri oscuri, gli illustri editorialisti e le pasionarie televisive se ne fregano. Eppure quel dolore non sta a guardare il colore della pelle: colpisce tutti. Persino, pensate un po', quei privilegiati dei bianchi.
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