2019-06-25
Sea Watch chiama i rinforzi da Strasburgo
Alcuni passeggeri a bordo della nave si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell'uomo per sbloccare la situazione di impasse. E il ministro dell'Interno offre la sua soluzione: «Nave olandese, Ong tedesca: metà migranti ad Amsterdam, metà a Berlino».Gli immigrati presenti sulla Sea Watch 3, la nave della Ong tedesca che da oltre 12 giorni guarda la costa italiana da acque internazionali perché diffidata dal Viminale, si ribellano: hanno presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, sostenendo che a bordo le condizioni sono disumane.Pur non essendo in acque territoriali italiane, gli immigrati con problemi di salute, anche ieri, sono stati fatti sbarcare. Ma l'Europa, che sulle politiche dell'immigrazione, è ancora girata dall'altra parte, pontifica su soluzioni necessarie e sforzi di solidarietà. Ovviamente è un'azione di pressing sul governo italiano.È la portavoce Natascha Bertaud ad aprire le danze: «Ci rallegriamo che l'Italia abbia evacuato alcune persone dalla Sea Watch 3 per ragioni mediche, ma una soluzione per le persone ancora a bordo è tuttora necessaria». Per la Commissione, la richiesta nei confronti degli Stati membri dell'Unione europea è quella di «tenere a mente l'imperativo umanitario e di contribuire alla veloce soluzione della situazione a bordo della Sea Watch 3». La funzionaria europea ha ricordato che Bruxelles sta seguendo con estrema attenzione quanto sta accadendo e ha rinnovato quindi «la richiesta a tutti gli Stati membri di promuovere e velocizzare questo cruciale lavoro». Infine, Bertaud ha sottolineato che «la Commissione rimane pronta restando nelle sue competenze ad appoggiare e coordinare gli sforzi di solidarietà». Per ora, però, quelle della portavoce restano soltanto parole. Anche il ministro dell'Interno Matteo Salvini deve aver interpretato così quelle parole. E in un tweet ha dichiarato: «L'Unione europea vuole risolvere il problema Sea Watch? Facile. Nave olandese, Ong tedesca: metà immigrati ad Amsterdam, l'altra metà a Berlino. E sequestro della nave pirata. Punto». Il silenzio olandese, dopo un documento formale inviato dal Viminale al governo, lascia di stucco Salvini, che aggiunge: «Sono incredulo perché si stanno disinteressando di una nave con la loro bandiera. Riterremo il governo olandese e l'Unione europea assente e lontana come sempre responsabili di qualunque cosa accadrà alle donne e agli uomini a bordo della Sea Watch». La Corte europea dei diritti dell'uomo ha avviato quindi un approfondimento. E ha chiesto informazioni al governo italiano sia sulle persone sbarcate, sia sulla situazione sulla nave. A Sea Watch, invece, i giudici di Strasburgo hanno chiesto informazioni sulle condizioni fisiche e mentali di quanti sono ancora a bordo e dettagli sul loro eventuale stato di vulnerabilità. Ottenute queste notizie, la Corte, in base ai suoi regolamenti, potrà chiedere all'Italia di adottare quelle che vengono definite «misure urgenti» e che «servono ad impedire serie e irrimediabili violazioni dei diritti umani». Se non dovessero esserci la condizioni, invece, il ricorso verrà rigettato. Come è già accaduto in passato. A gennaio, sempre con immigrati tirati a bordo da Sea Watch, l'Italia era stata accusata «di aver violato i diritti fondamentali delle persone soccorse». Risultato? Ricorso respinto. L'indicazione data al governo fu questa: «Prendere tutte le misure per fornire i soccorsi necessari alla permanenza sulla nave di migranti e per fornire ai minori non accompagnati adeguata tutela legale». Il ricorso, anche questa volta, è simile. Stando a quanto ha reso noto la portavoce di Sea Watch Giorgia Linardi, il ricorso è stato fatto in base alla situazione a bordo, che viene definita come «inumana e degradante». Si chiede quindi alla Corte «di indicare all'Italia delle misure che possano in qualche modo ridurre la sofferenza a cui le persone sono costrette in questo momento nell'interesse della tutela della loro dignità». Che, però, è garantita.La diocesi di Torino, comunque, si è detta disponibile ad accogliere i 43 immigrati della Sea Watch, «senza oneri per lo Stato, perché al più presto si possa risolvere una situazione grave e ingiusta», ha spiegato l'arcivescovo Cesare Nosiglia, annunciando: «Siamo pronti. Se il governo e il ministro sono d'accordo li andiamo a prendere e li portiamo su». Gli ha fatto eco la sindaca pentastellata Chiara Appendino: «È un appello molto significativo, un modo anche per scuotere le coscienze di tutti».Un appello, invece, è arrivato al Quirinale dalla Chiesa valdese: «Ci appelliamo affinché non venga assunto dall'Italia alcun provvedimento che sia in contrasto con il rispetto dei diritti umani». Al premier Giuseppe Conte, invece, si rivolgono 40 Ong, firmatarie di un documento che invita all'approdo immediato. E intanto gli sbarchi continuano: negli ultimi 15 giorni si sono intensificati sulla costa jonica calabrese. Dall'8 giugno sono circa 200 le persone lasciate a riva dagli scafisti: ieri, altri 59 immigrati, tutti uomini, provenienti dal Pakistan, sono arrivati a largo di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. Individuati e fermati i presunti scafisti, di origine ucraina.Ha collaborato Patrizio Canestri
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