2019-05-09
Scandalo per le tangenti lombarde.
Su quelle calabresi soltanto silenzio
Gli arresti di Milano hanno ottenuto prime pagine e fiumi di inchiostro, mentre l'inchiesta sul governatore calabrese Mario Oliverio, dem, è stata confinata nei box. Stessa sorte per la sentenza contro la renziana Francesca Barracciu. Le tangenti hanno due pesi e due misure.Ieri mattina, dopo essermi sottoposto alla quotidiana pratica della lettura dei giornali, mi sono rivolto una domanda: ma la Calabria è ancora Italia? Chiedo scusa agli amici calabresi (ne conto e ne frequento parecchi) per la mia provocazione, ma sfogliando le principali testate il quesito mi è venuto spontaneo. Già, perché la maggior parte della stampa apriva a tutta pagina con le tangenti di Milano, raccontando per filo e per segno gli imbrogli scoperti dalla magistratura e gli arresti eseguiti dalle forze dell'ordine. Il Corriere della Sera, che titolava con un «Lombardia, tangenti e arresti», in prima metteva anche la notizia dell'indagine a carico del governatore Attilio Fontana per abuso d'ufficio che, come è noto, è un reato al quale credo non sia sfuggito mai nessun amministratore, al punto che perfino Romano Prodi, uno dei santini della patria, nel passato fu inseguito con tale accusa. All'interno seguivano ben quattro pagine dedicate all'argomento con commento, intercettazioni, ritratti degli indagati e perfino una mappa per capire la distanza della sede della Regione dal ristorante in cui si davano appuntamento gli accusati quando dovevano scambiarsi i soldi. Sulla Stampa le pagine dedicate all'argomento erano un paio, ma invece del ristorante si evocavano i privé dei night.Il meglio però lo ha dato Il Messaggero, quotidiano della Capitale che, forse per pareggiare i conti con il capoluogo lombardo, ieri se n'è uscito con il seguente titolo: «Tangenti e mafia, metodo Milano». Per non farsi mancare nulla, il titolista ha aggiunto nel sommario la parola 'ndrangheta, così il malaffare evocato era al completo. A Repubblica, al contrario, hanno preferito fare il titolone su «Il giorno del giudizio», unendo il caso Siri - dal nome del sottosegretario leghista - a quello di Milano. «Mafia e tangenti, arrestati big di Forza Italia. I pm indagano su Fontana»; segue un commento di Sergio Rizzo dallo strillo invogliante: «Il Paese unito dalla corruzione», dove si parla di Milano e di Palermo, ma non di Catanzaro.Vi domandate perché io insista tanto con la Calabria? Rispondo subito. Lunedì la Procura del capoluogo meridionale ha spedito 20 avvisi di chiusura delle indagini ad altrettanti politici e imprenditori, accusandoli tra l'altro di corruzione per aver addomesticato appalti, affidandoli a imprenditori amici, e di nomine pilotate. Nel mirino dei pm è finito il governatore Mario Oliverio, uomo del Pd, ma anche l'ex consigliere regionale Nicola Adamo, e il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, quest'ultimo di Forza Italia. L'inchiesta dei magistrati ha al centro molti episodi che riguardano la costruzione di una metropolitana leggera e del nuovo ospedale di Cosenza. E tuttavia, per leggere i fatti che riguardano la Calabria e la giunta di sinistra che la governa ieri avreste dovuto armarvi di una lente d'ingrandimento, perché trovare la notizia sulle pagine dei giornali non era facile. Certo né sul Corriere, né sulla Stampa, ma neppure sul Messaggero e sulla Repubblica i fatti calabresi erano raccontati in prima pagina. E dire che il governatore Oliverio non è indagato per abuso d'ufficio, ma secondo le agenzie di stampa per «corruzione» e l'inchiesta non sarebbe alle prime battute, ma sempre secondo quanto riferito dai dispacci dell'Ansa il procuratore Nicola Gratteri, un castigamatti di 'ndranghetisti e politici, avrebbe già disposto la chiusura indagini, ritenendo dunque di avere elementi sufficienti per provare l'accusa.Ebbene, nonostante si stia parlando del presidente di una Regione italiana, i fatti sono tratti alla stessa stregua di cose accadute in Azerbaigian. Sul Corriere le indagini sono confinate a pagina 8, in un taglio basso in cui si parla anche di arresti a Palermo e di condanne in Sardegna. Sulla Stampa compare un microscopico colonnino, in tutto 32 righe. Stesso trattamento sul Messaggero, quello del «metodo Milano», mentre su Repubblica il box si allarga su due colonne, ma le righe scendono a 29. Risultato, chi voleva capire che cosa sia successo in Calabria, le intercettazioni, i ritratti dei protagonisti, i luoghi in cui si davano appuntamento, ha dovuto tenersi la curiosità, perché l'attenzione e i commenti dei colleghi dei giornaloni erano tutti riservati a Milano, che così ha strappato ai calabresi anche il primato della notizia.Già, perché la corruzione non è tutta uguale: c'è quella milanese che pesa di più e quella di Catanzaro che è leggera come una piuma. Nessuno ovviamente vuole difendere chi in Lombardia si sia macchiato di reati, magari riempiendosi le tasche. Ma la corruzione a due velocità stupisce. Due tangenti e due misure: 30 righe per Reggio Calabria, lenzuolate e un fiume di inchiostro per Milano. E poi dicono che l'uso politico della giustizia è un'invenzione dei giornali. Hanno ragione: è la stampa a decidere a quale scandalo dare la prima pagina.P.s.: Come i lettori sanno, lunedì la Corte d'Appello di Cagliari ha condannato per peculato Francesca Barracciu a 3 anni e 3 mesi. L'ex eurodeputata del Pd ed ex sottosegretaria nel governo Renzi è stata riconosciuta colpevole per i rimborsi spese farlocchi di quand'era consigliera regionale. La Verità la notizia l'ha messa in prima pagina, su Repubblica, La Stampa e Il Messaggero non siamo riusciti a rintracciarla, mentre il Corriere l'ha insaccata nel pezzo calabrese, senza titolo: poche righe in cronaca. È il giornalismo, bellezza. Quello indipendente. Dai miei stivali.