2020-06-04
Un milione di posti di lavoro bruciati. E Conte parla del Ponte sullo Stretto
Ad aprile la disoccupazione è scesa dall'8 al 6,3 per cento. In tempi normali questa sarebbe stata una buona notizia, però quelli attuali non sono tempi normali: dunque la percentuale diffusa dall'Istat non può essere interpretata come un segnale incoraggiante, ma, al contrario, pessimo.Sì, perché è vero che diminuiscono le persone che dichiarano di non avere un lavoro, ma al contempo aumentano - e non di poco - coloro che il posto non solo non ce l'hanno, ma neppure lo stanno cercando. Insomma, il dato diffuso dall'Istituto di statistica è una specie di effetto ottico, che fa intravedere una cosa che non c'è. E a non esserci sono le aziende che assumono e che garantiscono agli italiani lo stipendio. Qualcuno sarà magari stupito che coloro i quali non sanno come sbarcare il lunario non si diano da fare per cercare un modo per mantenere la famiglia. Ma, come dicevamo, questo è un periodo in cui non si possono misurare le cose con il metro ordinario cui ci siamo abituati nel corso degli anni. Se chi non ha un lavoro non lo cerca è solo perché non sa a che porta bussare, in quanto tutte quelle cui di solito ci si rivolge sono chiuse. Che senso ha fare domanda per ottenere un posto se già sai che nessuno risponderà alla tua richiesta? Se la fabbrica o l'ufficio sono chiusi a causa dell'epidemia di coronavirus, non ha senso sbattersi. E se anche qualcuno, spinto dalla disperazione, ha intenzione comunque di provarci, a chi avrebbe potuto rivolgersi durante la quarantena? La maggior parte degli uffici pubblici, fatta eccezione per quelli di polizia e pochi altri, era chiusa per virus, con il personale al lavoro da casa. Così i disoccupati, cioè coloro che fanno richiesta per ottenere un posto, per l'Istat sono diminuiti, con un calo di poco meno del 24 per cento, pari a una cifra in termini di teste appena al di sotto del mezzo milione. Peccato che la riduzione dei senza lavoro non faccia aumentare il tasso di chi un lavoro ce l'ha, ma addirittura lo abbia fatto diminuire. Già, perché rispetto al mese precedente gli occupati anziché crescere calano di 300.000 unità, che sommati a quelli registrati a marzo fanno sì che nei due mesi di arresti domiciliari per epidemia la forza lavoro si sia contratta di circa 400.000 persone. Il mistero di questa diminuzione di occupati e disoccupati sta in quel dato che classifica i cosiddetti inattivi, i quali, a dispetto della definizione, non se ne stanno spaparanzati sul divano a spassarsela mentre gli altri lavorano. Magari ci sarà anche chi invece di alzarsi preferisce girarsi nel letto, incassando un sussidio, che sia d'emergenza o di cittadinanza. Ma tra le persone classificate tra gli inattivi ci sono tutti quegli italiani che non sanno più a che santo votarsi, e dunque dopo aver perso il lavoro non sono neppure iscritti nelle liste di disoccupazione.Il quadro che abbiamo appena descritto contrasta e non poco con i racconti di Palazzo Chigi, secondo cui nessuno sarà lasciato indietro. Da quando la pandemia si è diffusa, Giuseppe Conte ha sfornato un decreto via l'altro, accompagnando i provvedimenti con lunghe conferenze stampa, nelle quali ha promesso liquidità immediata alle aziende e contributi ai lavoratori costretti a rimanere a casa. A distanza di due mesi il risultato è quello che abbiamo appena descritto. Molte aziende annaspano perché la «poderosa» iniezione di soldi non si è vista, mentre i fondi che dovevano finanziare la cassa integrazione e i bonus si vanno esaurendo. Tutto ciò mentre non c'è ombra dei famosi soldi che avrebbero dovuto piovere da Bruxelles. Il Mes sappiamo tutti che prevede finanziamenti condizionati, nonostante le rassicurazioni che ci vengono impartite. E il Recovery fund che avrebbe dovuto ricoprirci d'oro (oltre 170 miliardi) in realtà è un altro miraggio, perché non solo il denaro arriverà l'anno prossimo e a rate, ma in massima parte è composto da soldi nostri, cioè dei contributi che noi versiamo alla Ue, mentre il resto sarà finanziato con tasse europee, che si tradurranno in un esborso per i contribuenti anche italiani. Attenzione però: nonostante il discorso con cui anche ieri ci ha gratificato la pochette con gli artigli (copyright di Roberto D'Agostino) con tanto di apertura al Ponte sullo Stretto, la situazione rischia di aggravarsi ancora di più nei prossimi mesi. Le cifre diffuse ieri dall'Istat, infatti, registrano una perdita di posti di lavoro che è attenuata dal divieto di licenziamento imposto dal governo agli inizi della pandemia. Ma siccome il blocco della riduzione di personale, oltre a essere incostituzionale, è impossibile da estendere oltre qualche settimana, in autunno rischiamo di veder lievitare il numero di disoccupati, con ciò che ne consegue. Ovvero famiglie sul lastrico, riduzione dei consumi, aziende costrette a chiudere per l'improvvisa riduzione del fatturato. Non vogliamo sembrare dei menagramo, ma come dei passeggeri che vedono l'auto sfrecciare senza tener conto del muro dietro l'angolo scriviamo tutto ciò per invitare il pilota a correggere la rotta prima dello schianto. Il nostro invito non è rivolto a Conte, il quale non ha nessuna intenzione di mollare il volante che è riuscito fortunosamente ad acchiappare, ma a chi in Parlamento ha ancora un briciolo di senno e di amore per questo Paese. Se non si fa in fretta, altro che gilet arancioni: qui si rischia di dover indossare il giubbotto antiproiettile, perché dopo le vittime del coronavirus arriveranno le vittime di chi non è riuscito a far ripartire il Paese una volta finita l'epidemia di coronavirus.