2020-11-27
Se di destra l’occupazione è fascista. Se di sinistra la rivolta è resistenza
(Christian Minelli/NurPhoto via Getty Images)
A Roma sgomberate le strutture comunali di San Giovanni e di San Lorenzo usate abusivamente da anni. La protesta per il cinema Palazzo finisce in guerriglia con la Polizia e la discesa in campo degli intellettuali.Gli sgomberi dalle strutture comunali di San Lorenzo e di San Giovanni occupate abusivamente da anni dall'altra sera dividono la Capitale. Il bollettino degli scontri per lo sgombero della red zone di San Lorenzo a Roma, quella del Nuovo cinema Palazzo, definito dagli ultrà di sinistra e dai radical chic «uno spazio per tutti quanti non avevano uno spazio in città», conta un arresto, una denuncia e un poliziotto ferito. Le cariche degli agenti sono continuate pure in via dei Volsci, nel cuore del quartiere universitario della Capitale. Ci sono volute alcune ore per sedare la rivolta, che la propaganda a sinistra definisce «resistenza». E non è finita. Perché gli studenti della Sapienza hanno messo in atto ciò che era stato annunciato con uno striscione l'altra sera: «Per ogni sgombero mille occupazioni». E ieri hanno occupato il Lucernario, uno spazio all'interno delle mura della città universitaria che era stato sgomberato nel 2014. Ma ci sono anche le barricate sostenute da intellettuali e attori. Ieri per esempio Elio Germano ha mandato un suo contributo video a Repubblica, nel quale sostiene che «Quanto è successo a San Lorenzo è un segnale inquietante dove con violenza emerge la lontananza tra la cittadinanza e le istituzioni, la distanza tra i cittadini e lo Stato». E ha ricordato «che al cinema Palazzo, prima che le cittadine e i cittadini intervenissero per evitarlo, in un quartiere già così complicato, volevano fare un casinò, col beneplacito delle istituzioni, nel pieno rispetto delle regole e della legge». L'edificio di piazza dei Sanniti, infatti, nel 2011 doveva trasformarsi in una sala slot, poi, però, gli attivisti del centro sociale Omnia sunt communia decisero di impossessarsene. All'occupazione presero parte pure Sabina Guzzanti e l'allora deputato del Pd Marco Miccoli. Durante lo sgombero, invece, si è visto Stefano Fassina (Leu), che si è intrattenuto con i rappresentanti dei movimenti per la casa e con gli studenti. La dichiarazione di guerra è stata lanciata via Facebook: un appello a «resistere»: «Svegliamoci Roma, svegliamoci San Lorenzo. La prepotenza è arrivata col buio e ha occupato il cinema Palazzo e piazza dei Sanniti. Ora sta uscendo il sole e oggi non abbiamo niente di più importante da fare che dimostrare che non ci stiamo».Contemporaneamente è stata sfrattata la sede di Forza nuova a via Taranto, in zona San Giovanni: anche qui, come a San Lorenzo, sul posto è arrivata la polizia con mezzi blindati e idranti. Ma il leader di Forza nuova, Stefano Schiavulli, denunciato per occupazione di edifici pubblici e responsabile di fatto del pub realizzato nei locali del civico 57, ha consegnato personalmente le chiavi ai poliziotti. Niente cortei né reazioni. E se in un primo momento la sindaca Virginia Raggi aveva trattato le due operazioni in modo equo in un tweet, ringraziando Prefettura e forze dell'ordine con queste parole, «a Roma le occupazioni non sono tollerate. Torna la legalità», dopo sette ore di attacchi ha cambiato idea: «Le attività di Forza nuova e l'esperienza positiva del cinema Palazzo non sono neanche lontanamente paragonabili. Mai». Si sarà ricordata all'improvviso di essere passata dal cinema Palazzo durante la campagna elettorale del 2016. E ieri ha completato il moto di rotazione a 360 gradi, annunciando un tavolo istituzionale per «salvaguardare l'esperienza di importante valore sociale e culturale per il quartiere nata con il Nuovo cinema Palazzo». Al coro si è aggiunta l'Anpi, che si è complimentata per lo sgombero dei fascisti, ma si è dichiarata sconcertata per quello del cinema. E anche il presidente dell'Osservatorio Roma, Puoi dirlo forte, Tobia Zevi, ha pesato in modo differente le due occupazioni abusive: «Trattare con la forza due situazioni profondamente diverse vuol dire non comprendere la realtà della città. Mettere sullo stesso piano un'esperienza culturale di coinvolgimento di un quartiere con una di palese illegalità che si ispira alla destra più estrema e violenta è un errore grave». Anche le Sardine sono allineate: «Mentre la sindaca si vanta di aver ripristinato la legalità, noi crediamo che questa contemporaneità di azioni sia avvilente. Due sgomberi eseguiti nello stesso momento, quasi a voler equiparare e giustificare reciprocamente le due azioni. Da una parte, un luogo di cultura e solidarietà, dall'altra i neofascisti che fanno della violenza, del razzismo, della sopraffazione la loro bandiera». Posto che si tratta di due occupazioni illegali, gli scontri si sono consumati, però, solo in quello che la vulgata definisce un luogo della cultura. «Gli incidenti sono di particolare gravità», ha denunciato il segretario generale dell'Fsp polizia di Stato, Walter Mazzetti, che li collega direttamente ad alcuni interventi politici, «tutti tesi a contestare parte delle attività svolte in esecuzione di ordini legittimi e diretti a interrompere comportamenti contrari alla legge, e già questo di per sé lascia perplessi». Secondo il sindacalista della polizia, «sarebbe serio che si censurassero fermamente i comportamenti violenti dell'altra sera con la stessa solerzia con cui si è gridato alla “vergogna" per gli sgomberi, in modo da non dare l'idea di fomentare addirittura le aggressioni ai poliziotti che fanno solamente il proprio lavoro». Ma per gli ultrà dell'occupazione illegale e per il soccorso rosso che li sostiene quella è solo «resistenza». Con buona pace di chi è finito in ospedale.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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