2022-02-15
Stefano Loconte: «Se ben regolamentata, la finanza islamica è una ricca opportunità»
Stefano Loconte. Sullo sfondo la Borsa di Dubai (Ansa)
Il docente: «In Aula giace una legge con una stretta anti riciclaggio. È una “torta” da 2,5 trilioni di dollari e Francia e Uk sono in vantaggio».La finanza secondo l’islam basa le sue regole di applicazione su cinque pilastri che risultano dall’interpretazione di alcune norme etiche del Corano: zakat (carità), riba (divieto d’interesse), halal (investimenti leciti), gharar (investimenti non rischiosi), maysir (investimenti non speculativi). Nel 2017 il mercato finanziario islamico raggiungeva circa i 2,5 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari soprattutto spinto dall’emissione dei Sukuk, bond compatibili con la legge islamica. Il Tesoro britannico, alcuni mesi fa, ha emesso il suo secondo Sukuk. Dopo la Brexit, quindi, anche il Regno Unito si apre ai capitali islamici. E da noi che accade? Lo spiega alla Verità, Stefano Loconte, professore di diritto tributario presso l’Università Lum di Casamassima e avvocato.Professore, lei se ne occupa da tanto tempo, ci spiega cosa significa finanza islamica?«È un modello di fare finanza che si poggia su principi religiosi (sharia) che hanno alcune regole di base che mal si conciliano con il modo convenzionale o tradizionale di fare finanza, in primis il cosiddetto divieto d’interesse che è invece alla base del nostro mondo. Il Codice civile dice che le obbligazioni pecuniarie sono naturalmente onerose e ciò significa che se do un euro naturalmente quell’euro produce interessi salvo che le parti non concordino in maniera diversa. Nel modello di finanza islamica è l’esatto opposto. È vietato dalla religione chiedere un interesse».Come facciamo a immaginare un modello di finanza che non si fondi sull’interesse? «Facendo diventare l’interesse, rischio. L’esempio più semplice è il mutuo in banca. Decido di comperare casa, mi reco in banca la quale iscrive l’ipoteca sulla casa, pago il venditore e poi rimborso alla banca ratealmente la somma che mi ha prestato con una maggiorazione di interessi, qui da noi è così. La stessa operazione nel modello della finanza islamica non si può fare. Non posso andare in banca e restituire capitale più interessi. Dall’altra parte la banca non può fare un finanziamento dove il rimborso è solo il capitale».Come si aggira il problema?«La banca va dal venditore, compra la casa dopodiché la affitta all’interessato che paga alla banca un affitto e nel contratto è prevista la possibilità di riscattare andando a pagare un prezzo che conterrà la remunerazione della banca e tutto quello che è previsto. La banca ha trasformato il capitale di debito in capitale di rischio perché se non compro quella casa, la banca sarà la proprietaria e l’andrà a vendere ad altri. La banca ha assunto su di sé il rischio di capitale non di interesse».E un’azienda che andasse a chiedere un mutuo per proseguire l’attività?«Viene fatta la domanda: a cosa ti servono questi soldi? Per comperare un macchinario? Si applicherebbe lo stesso meccanismo: la banca compera il macchinario che viene dato in locazione. Oppure, se serve cash flow puro e semplice per finanziare l’attività? La società emette delle azioni e la banca investe trasformando in equity quello che sarebbe un finanziamento, salvo l’obbligo del cliente di ricomprarsi quelle azioni».Una banca o un’azienda islamica che volesse investire da noi, dovrebbe accettare le nostre regole del gioco.«Non lo può fare, lo vieta la religione. È questo dunque il grande business, di riuscire a importare anche nel modello occidentale quello della finanza islamica. Lo dimostra il Regno Unito. Goldman Sachs in un suo report stimava che il controvalore delle operazioni di finanza islamica sulla piazza di Londra era di 2.000 miliardi di sterline. Lussemburgo, nell’ottica Brexit, sta costituendo una piattaforma globale per attrarre tutte le operazioni di finanza islamica che comprende in primis la disciplina, l’interpretazione, gli strumenti necessari. La Francia ha già predisposto una disciplina ad hoc. Sia la Consob che la Banca d’Italia hanno emanato due provvedimenti di consultazione con cui hanno detto che la finanza islamica è assolutamente compatibile con il modello della finanza tradizionale». Cosa frena l’operazione in Italia?«Giuridicamente lo si può fare. Ma non è efficiente dal punto di vista fiscale. Prendiamo l’esempio del mutuo visto prima: la banca acquista l’immobile e paga l’imposta di registro, successivamente me la rivende e paga l’imposta di registro di nuovo.L’imposta di registro è normalmente pari al 9% pagarla due volte diventerebbe troppo oneroso. Non si può fare perché non è economicamente conveniente. Ma quel che è certo è che il modello operativo sarebbe già pronto a partire». Perché c’è invece un immobilismo su questo tema?«Sembra una battuta, ma la sfortuna è che si chiama finanza “islamica”. Se la si chiamasse “finanza non convenzionale”, cambierebbe tutto. Ma si chiama così e c’è poco da fare. Il nome mette probabilmente un po’ di paura, ed è inutile negarlo».Se prima o poi andasse in porto, vorrebbe dire invogliare capitali islamici a venire in Italia?«Assolutamente sì, le banche islamiche farebbero la fila per venire a operare da noi. Tanto è vero che ci eravamo posti già questo tema: saranno capitali puliti? Nel testo del disegno di legge fermo in Parlamento, cui ho contribuito, si trova, in risposta a questa questione, una norma che disciplina le procedure antiriciclaggio, secondo cui tutte le operazioni che finiranno in questo alveo subiranno la cosiddetta verifica rafforzata cioè un innalzamento dei presidi antiriciclaggio». Certe operazioni, però, si sono svolte ugualmente. «Esatto. Il fondo del Qatar ha fatto investimenti a Porta Nuova a Milano e poi in Costa Smeralda. Tutto è stato fatto attraverso una società lussemburghese. Il fondo del Qatar e la sua holding avrebbero potuto fare questa operazione in Italia, non solo quindi come sfogo finale di una raccolta finanziaria fatta altrove ma anche come luogo dove fare raccolta finanziaria e dove lavorarla». In pratica ci lasciamo sfuggire capitali immensi.«Non possiamo più rifiutare i modelli esterni e chiudere i confini altrimenti i modelli esterni vanno inevitabilmente altrove. Il business si dirige dove si può fare. È così che ci sfuggono le grandi opportunità. Basta immaginare quante persone di fede islamica o musulmana potrebbero acquistare immobili in Italia. E stiamo chiaramente parlando di operazioni non sofisticate».