2018-05-11
Sdoganato l’utero in affitto contro la legge
Decine di Comuni registrano i figli di coppie gay, compresi quelli nati all'estero con gestazione per altri. A Roma un sospetto aumento dei neonati che risultano partoriti a Kiev. Ormai la pratica vietata si è diffusa e anche le istituzioni di fatto l'accettano.L'utero in affitto, in Italia, è vietato dalla legge, che punisce chi vi ricorre con la reclusione da 3 mesi fino a 2 anni e con multe che vanno da 600.000 fino a un milione di euro. Peccato che si tratti di una mera formalità. Nei fatti, la norma viene tranquillamente aggirata, per di più con la complicità delle istituzioni, sia dalle coppie omosessuali che dalle coppie eterosessuali. Giorni fa Chiara Appendino, sindaco di Torino, ha registrato all'anagrafe come figlio di due madri il bambino di Chiara Foglietta (consigliere comunale del Pd) e di Micaela Ghisleni, oltre ai gemelli prodotti da una coppia di maschi in Canada. A stretto giro, tantissimi altri Comuni italiani si sono tranquillamente accodati. Ha cominciato Gabicce Mare, in provincia di Pesaro e Urbino. Poi Catania, Grosseto, Roma, quindi si sono aggiunti i piemontesi Moncalieri, Settimo, Piossasco, Collegno, Caselette, Gassino, Borgaro, Chieri, Nichelino e Beinasco. Non si possono ovviamente dimenticare Milano e Napoli. Gli ultimi a entrare nella nutrita schiera dei Comuni ribelli sono stati Bologna e Crema. Nel capoluogo emiliano, due giorni fa, il sindaco del Pd Virginio Merola ha firmato l'atto di nascita di un bambino che risulta essere figlio di due madri. «Sono sempre stato convinto che allargare i diritti serva per tutti», ha commentato Merola, «per questo ho firmato questo atto di nascita come stanno facendo altri sindaci in Italia. Proprio perché, come sindaci, ci occupiamo della vita delle persone, ci è più chiara l'urgenza di aumentare i diritti in presenza di un vuoto normativo». In questo caso non si tratta di gestazione per altri: aprire alle coppie lesbiche significa anche aprire alle coppie formate da maschi, per le quali l'utero in affitto è la strada obbligata per diventare genitori. A Crema, invece, il sindaco (sempre del Pd) Stefania Bonaldi ha iscritto nel registro delle nascite i figli gemelli di due gay nati in Canada da una madre surrogata. «Lo spirito che ci ha orientati a questo atto, anche sulla scorta di recenti provvedimenti di altri colleghi sindaci», ha detto la Bonaldi, «è quello di “accogliere la vita, accogliere qualsiasi vita", attribuendo a essa tutta la dignità necessaria perché si dispieghi a cominciare dal suo riconoscimento giuridico, che non è tutto, ma rappresenta una bella partenza». Già, le parole usate dai protagonisti di queste vicende sono poetiche e dolci. Piero e Francesco, i due padri torinesi gentilmente accolti da Chiara Appendino, un paio di giorni fa hanno dichiarato a Repubblica: «Per favore, non chiamiamolo utero in affitto, sia perché non si tratta solo di un utero ma di una persona che investe tutta sé stessa, sia perché non c'è alcun compenso». Purtroppo non è esattamente vero. Il compenso c'è, anche se mascherato da contributo per il mantenimento. Di fatto, le madri surrogate sono donne che mettono in vendita il proprio corpo dietro compenso. Alcune lo fanno per motivazioni ideologiche, altre - specie nell'Est Europa e in Asia - lo fanno per bisogno. Si sottopongono a cure ormonali pesanti, e anche per questo spesso devono affrontare parti gemellari, anche perché i committenti chiedono che siano impiantati due ovuli da fecondare con lo sperma di entrambi i padri. Insomma, stiamo parlando di un commercio, di uno sfruttamento. Che però viene avvolto nella coperta dei «diritti civili», e allora va bene. In realtà, persino a sinistra sono tantissime le autrici femministe (anche lesbiche) che contestano molto questa pratica. Le loro voci, tuttavia, non vengono ascoltate. I Comuni italiani, fregandosene del Parlamento, del diritto e della volontà popolare, hanno deciso di procedere, e la gestazione per altri nei fatti è sdoganata. Non riguarda soltanto gli omosessuali, come dicevamo. Nel caso dei gay la faccenda è più trasparente, perché ci sono di mezzo le questioni burocratiche sulla registrazione dei figli di due padri o due madri (l'ordinamento italiano prevede che i bambini siano affidati solo ai genitori naturali). Gli etero non hanno nemmeno bisogno del certificato, ed evitano accuratamente le battaglie politiche, preferendo fare le cose in segreto ed evitare grane. A confermarlo è il fenomeno di cui ha dato conto ieri Il Messaggero. Secondo il giornale romano, dal 2009 a oggi ci sono stati circa 250 casi di bambini nati a Kiev da coppie residenti nella Capitale, una quarantina solo quest'anno. Sono strani, questi viaggi in Ucraina. «Partono in due - coppie regolarmente sposate - tornano in tre, anzi più spesso in quattro, perché il più delle volte si tratta di parti gemellari», scrive Lorenzo De Cicco. «I documenti ucraini, validati dalla diplomazia italiana, sono formalmente puliti, nel senso che le coppie romane risultano a tutti gli effetti i “genitori naturali" dei bambini nati a Kiev. E così ai funzionari dell'anagrafe capitolina non resta che trascrivere tutto nei registri comunali». Facile rendersi conto che qualcosa non torna. È evidente che l'utero in affitto c'entri qualcosa. La Procura di Roma sta indagando da tempo, ma con cautela, perché la materia è spinosa. C'è di mezzo, spiega Il Messaggero, «l'alterazione dello stato civile, il reato contestato due anni fa a sei genitori iscritti nel registro degli indagati. Le tre coppie però non sono mai arrivate davanti al giudice. Sono andati a dibattimento, invece, i tre membri dell'organizzazione che gestiva le trasferte». Nel frattempo, il commercio continua. E visto che nessuno si premura di sanzionare i Comuni ribelli o di affrontare la questione in modo serio e determinato, è facile che, nel giro di poco tempo, l'utero in affitto diventi a tutti gli effetti tollerato. Quanto alle donne sfruttate, peggio per loro.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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