2019-12-03
Scuse, date e cavilli. Il catalogo delle balle di Giuseppe Conte
Il premier in Aula prova a discolparsi sul Mes mettendo agli atti sette vizi politici. Ma la sua versione è un autogol per il governo.Giornataccia per Giuseppe Conte. Proprio nei minuti in cui cercava di arrampicarsi sugli specchi, è stato direttamente l'Eurogruppo a farlo rovinosamente precipitare a terra. In vista della riunione dei ministri delle Finanze Ue che si terrà domani, una fonte dell'Eurogruppo, ieri pomeriggio, ha fatto sapere che «i contenuti della riforma del Mes sono già stati concordati ed è meglio chiudere ora». E ancora: «Stiamo lavorando sulla legislazione sussidiaria. Il testo concordato lo scorso giugno non è più oggetto di controversie». Una lapide, più che una pietra, sul mucchietto di fogli agitati a Roma, in quegli stessi momenti, dal povero Conte, che tentava ancora di accreditare spazi di discussione e di trattativa sul mitico «pacchetto». Dunque, più Conte Mascetti che Conte Giuseppe, si potrebbe dire. Proprio come il leggendario personaggio di Amici miei, il presidente del Consiglio ha provato a giocare - prima alla Camera e poi al Senato - la carta della «supercazzola», cioè del discorso volto a confondere. Così, Conte si è dedicato a spulciare i resoconti parlamentari, per rintracciare qua e là tutte le occasioni in cui le Camere avevano in qualche modo sfiorato l'argomento Mes nell'anno e mezzo precedente. Peccato che non fosse quello il tema all'ordine del giorno: il punto non era infatti ciò che avesse o non avesse fatto il Parlamento, ma ciò che avesse o non avesse fatto lui.Ecco perché, a fine partita, oltre alla super smentita giunta dall'Eurogruppo, ci sono almeno altri sette punti debolissimi e indifendibili nella posizione del premier. 1Conte, dando semaforo verde a giugno alla riforma del Mes, è venuto meno agli impegni fissati dalle risoluzioni parlamentari che invece avrebbero dovuto vincolarlo. In particolare, rileggendo la risoluzione votata alla Camera (prime firme del leghista Riccardo Molinari e del grillino Francesco D'Uva) il 19 giugno scorso, ci sono almeno tre punti violati dal premier: l'impegno a non approvare modifiche che prevedessero «condizionalità» tali da «penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti», e che minassero «le prerogative della Commissione Ue»; l'impegno a promuovere «una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell'unione economica e monetaria, riservandosi di esprimere la valutazione finale solo all'esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto»; l'impegno «a render note alle Camere le proposte di modifica al trattato Mes, elaborate in sede Ue, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva» fino a nuova pronuncia parlamentare. Su tutto questo, Conte, sfidando la pazienza e l'intelligenza di chi ieri lo ascoltava in Parlamento, ha rivendicato di aver dato parere favorevole a quella risoluzione, e di aver ottenuto l'inserimento di un riferimento al «pacchetto» nel testo concordato dall'Eurogruppo. Peccato che le Camere gli avessero chiesto molto di più, e non certo di dare via libera senza alcuna successiva possibilità di discussione da parte del Parlamento italiano. 2Conte ha violato l'articolo 5 della legge 234 del 2012. Il comma 2 di quell'articolo recita: «Il governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia nella fase di negoziazione degli accordi tenga conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere. Nel caso in cui il governo non abbia potuto conformarsi agli atti di indirizzo, il presidente del Consiglio riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta». Di tutta evidenza, in questo caso, Conte non ha rispettato il mandato, né ha informato le Camere sulla mutata situazione. 3Conte ha sistematicamente occultato un aspetto politico decisivo. Esattamente nei giorni in cui dava - indebitamente - il suo sì, le massime autorità Ue minacciavano l'Italia di far scattare una procedura d'infrazione, di fatto puntando una pistola alla tempia dell'Italia. Perché non ha denunciato quella situazione?4Conte ha insistito su un punto che non c'è più, e cioè l'automatismo della ristrutturazione del debito dei Paesi oggetto di salvataggio. Ma quel problema è superato: ora c'è - semmai - un potere discrezionale e tecnicamente unaccountable degli organi decisionali del Mes (irresponsabili politicamente, e protetti anche giuridicamente da una sorta di immunità). 5Conte ha insistito nel negare rischi per i risparmiatori italiani. Ma - tra gli altri - Riccardo Molinari e Giorgia Meloni hanno avuto buon gioco a svelare la sua ipocrisia. Se un clamoroso deprezzamento dei titoli di Stato detenuti dalle banche manda irreversibilmente in crisi i nostri istituti di credito, saranno proprio azionisti, obbligazionisti e correntisti, in base alla vigente normativa sul bail in, a essere travolti. 6Resta il punto politico ammesso da Giovanni Tria, ospite da Lucia Annunziata: in Consiglio dei ministri non si è discusso mai, politicamente e in modo approfondito, di Mes. 7Sempre Tria, nella stessa occasione, ha ammesso di non aver informato dell'esito del negoziato i vicepremier Salvini e Di Maio. Onere che dunque ricadeva sulle spalle di Conte. Ma ognuna di queste sette ragioni è ricompresa nella maxi smentita che Conte ha incassato dall'Eurogruppo. Motivo più che sufficiente, in un contesto minimamente rispettoso dei cittadini e delle istituzioni, per salire d'urgenza al Colle e trarre le conseguenze di questa figuraccia.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)