2019-04-26
Sconfigge da sola 8 maschi violenti. Però sono africani: non è un’eroina
Rossella Setti, campionessa di arti marziali, difende sé stessa e il fidanzato da un branco di magrebini che li aveva aggrediti. Sarebbe un'icona femminista, se solo non imbarazzasse la sinistra sull'immigrazione.«La prima reazione? È stata tirare un destro a quello che avevo davanti». Rossella rivive il momento con calma olimpica. Eppure «davanti», come dice lei, aveva otto balordi pronti a farla a pezzi mentre il fidanzato giaceva a terra, semisvenuto per le legnate ricevute. Vista con gli occhi del branco di extracomunitari che li aveva aggrediti, Rossella a quel punto era una preda facile. E invece. Rossella Setti ha una vita piena di stimoli e interessi, come ogni ragazza sulla trentina: viaggi, cani, amicizie, amore e sport. Rossella va in palestra e pratica arti marziali miste, quelle in cui vale tutto, sia i calci sia i pugni. Anzi, Rossella è stata campionessa italiana di una disciplina che si chiama K1. Per semplificare il concetto: Rossella è stata campionessa italiana di calci e pugni. Venerdì scorso, dopo una serata trascorsa in un locale nel centro storico di Carpi, stava rincasando assieme al suo ragazzo, Mattia Polisena, quando un gruppo di immigrati ha sbarrato il loro cammino. «Sono passati subito alle mani», racconta la donna, e hanno concentrato la brutalità su Mattia, con ogni probabilità inquadrato come l'elemento forte della coppia. In pochi secondi l'uomo ha perso i sensi, quasi la vita: 70 giorni di prognosi, denti rotti, fratture al volto e lesioni molto serie a un occhio. La classica rapina animalesca ha preso una piega inaspettata quando Rossella ha avuto la sua «prima reazione». Scattando come un automa, nel riflesso di anni d'allenamenti e incontri, è partita senza sprecare una mossa. Mulinando le braccia tatuate e facendo fischiare pedate nel silenzio d'un centro storico medievale, ha dato vita a una sequenza da film: «Sono sicura di averne centrati parecchi», afferma con un mezzo sorriso davanti al reporter di Repubblica che è andato a intervistarla in palestra. Racconta di un branco di «nordafricani», nella confusione ha provato a contarli: «Credo fossero otto». Il nome di questa ragazza con l'accento da pianura Padana e il piercing al naso, però, è emerso a fatica dal circuito delle cronache locali, che hanno comprensibilmente fatto della Setti un'eroina. Una donna che, da sola, salva a suon di cazzotti la propria vita e quella del fidanzato sopraffatto dai bruti, dovrebbe essere un'epifania per le femministe rampanti. Rossella è girl power ambulante, la sublimazione di decenni di retorica sulla parità dei sessi, un sorpasso a destra con dito medio sull'autostrada delle certezze del maschio. Una come Rossella Setti dovrebbe avere la residenza sulla bacheca Facebook di Laura Boldrini, esportare il modello femminista italiano, incendiare il cuore di Monica Cirinnà, presiedere ad honorem il Me too. Però Rossella Setti ha avuto meno considerazione di quella ragazza di nome Giulia - la ricorderete, perché è stata sui giornali settimane - che fu fotografata a un corteo mentre reggeva il cartello «meglio puttana che salviniana». La trasformarono in paladina della democrazia perché il ministro dell'Interno aveva condiviso quella foto: «Così la mette alla gogna». Da lì al «siamo tutti Giulia» è stato un momento. Qualcosa non torna. Si diventa femmina alfa con pennarelli e cartoncini ma non sconfiggendo una contro otto un branco d'uomini intenzionati a menare, rubare o magari peggio? Il dubbio è che, con la grazia divina dei suoi cazzotti, Rossella non abbia abbattuto soltanto una masnada di criminali extracomunitari ma anche qualche architrave della retorica buonista. Ai custodi della quale non è rimasto che un rassegnato silenzio. La vicenda della Setti e del suo fidanzato, difatti, prova ciò che troppi italiani - molti dei quali siedono in Parlamento - si ostinano a negare. Ossia che in questo Paese due ragazzi non sono liberi di girare la sera nel centro storico di una piccola cittadina, dove l'unica preoccupazione ragionevole dovrebbe essere quella di trovar posteggio. Sfortunatamente, a minacciare questa sicurezza sono gruppuscoli di africani pregiudicati. Se desiderava veder riconosciuta la propria indomita femminilità, Rossella avrebbe dovuto usare le arti marziali per sfondare un banchetto elettorale di Fratelli d'Italia, o passare in cartoleria e fare bricolage contro il ministro dell'Interno. L'hanno anche presa a bottigliate in testa, ha quattro punti di sutura che mostra scostando i capelli chiari. «Però non sono mai andata giù». Quando la polizia è arrivata gli avanzi di galera se la sono data a gambe, ma Rossella non ha sentito la campanella e ha continuato: «Mi sono buttata di testa contro uno che stava tentando di salire in bicicletta». L'ha bloccato a terra con una presa da lotta libera, finché gli agenti non se lo sono preso. Ha 20 anni, è tunisino, pregiudicato. E le ha prese da una ragazza.