- Un’indagine guidata dall’Istituto Mario Negri conferma l’evidenza: la risposta anticorpale degli individui dipende dal loro assetto genetico. Quindi i preparati Pfizer e Astrazeneca non dovevano essere obbligatori, come invece imposto da Speranza.
- Zhang Yongzhen è stato cacciato dal suo laboratorio: ora vi si è accampato davanti.
Un’indagine guidata dall’Istituto Mario Negri conferma l’evidenza: la risposta anticorpale degli individui dipende dal loro assetto genetico. Quindi i preparati Pfizer e Astrazeneca non dovevano essere obbligatori, come invece imposto da Speranza. Zhang Yongzhen è stato cacciato dal suo laboratorio: ora vi si è accampato davanti. Lo speciale contiene due articoli.La risposta ai vaccini anti Covid dipende dall’assetto genetico di ciascuno. Sono le conclusioni, facilmente intuibili, di uno studio italiano pubblicato in questi giorni su Communication medicine - gruppo editoriale Springer Nature - ma è anche l’ennesima prova che, nella pandemia, a guidare le scelte del ministero della Salute non è stata la scienza dei dati, ma la religione dell’obbligo.La medicina personalizzata, cioè tarata sulle caratteristiche del singolo, è un tema noto dagli anni Novanta, da quando cioè si è avviata la mappatura del genoma umano. Da anni, poi, si parla di medicina di precisione. Non serviva, quindi, uno studio per poter prevedere che il vaccino, non dando risposte uguali in tutti, non doveva essere obbligatorio. Inoltre, dovrebbe essere facilmente intuibile che anche gli effetti avversi possono essere differenti, come pure la loro gravità. Eppure, queste evidenze, note per ogni farmaco, sono state bellamente ignorate per i vaccini a mRna. Ebbene, a togliere ogni dubbio ci sono oggi i dati di uno studio coordinato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche di Segrate (Cnr-Itb) che, all’inizio della campagna vaccinale contro il Covid-19, ha coinvolto un gruppo di medici e ricercatori dell’Azienda ospedaliera Senese e della Fondazione Irccs Casa sollievo della sofferenza (Foggia) a cui si sono aggiunti quelli milanesi della Fondazione Irccs Istituto neurologico Carlo Besta e dell’Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.I medici hanno unito le forze per studiare le basi genetiche delle differenze nella risposta anticorpale alla vaccinazione anti-Covid-19 con il vaccino Bnt162b2 (Pfizer-Biontech). Lo studio ha, quindi, mostrato come alcuni soggetti, con determinate varianti nei geni che controllano i principali meccanismi di difesa del nostro sistema immunitario, producevano differenti quantità di anticorpi diretti contro l’antigene del coronavirus Sars-Cov2. Il gruppo, nel siero di 1.351 soggetti vaccinati contro il Covid-19, a 30 giorni di distanza dalla seconda dose, ha condotto un’analisi molto complessa perché ha associato, analizzando tutto il genoma di ciascuno, la correlazione tra milioni di varianti genetiche del Dna di ogni soggetto, con i livelli di anticorpi.Sin dall’inizio della campagna vaccinale, spiegano i ricercatori, si era osservata una differenza sostanziale nelle quantità di anticorpi prodotti. Mentre, però, genetisti e immunologi si sono subito chiesti a cosa fosse dovuta tale differenza e hanno cercato risposte, il ministro Roberto Speranza e i sui tecnici hanno solo imposto l’iniezione. «Come per la maggior parte dei farmaci», ricorda Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb, «anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale». Risultati sovrapponibili si sono ottenuti in «una ricerca simile alla nostra», continua Colombo, «ma su soggetti ai quali è stato somministrato il vaccino prodotto da Astrazeneca». Nel dettaglio, aggiunge Martina Esposito, primo autore dello studio e assegnista di ricerca presso il Cnr-Itb, dalle «analisi statistiche abbiamo scoperto che una particolare regione del genoma, sul cromosoma 6, era significativamente associata ai livelli anticorpali. In questa specifica regione», chiarisce, «sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria (Hla) - sono gli stessi che vengono valutati quando si cerca la compatibilità fra donatori di midollo osseo, ad esempio - ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi, spiegando quindi, dal punto di vista genetico, le differenze nella risposta alla vaccinazione osservate tra individui diversi».Le analisi statistiche e i modelli matematici impiegati «sono molto complessi perché complessa è l’interazione tra i geni e dei geni stessi con il vaccino», sottolinea Massimiliano Copetti, responsabile Biostatistica della Fondazione Irccs Casa sollievo della sofferenza. Questi risultati, secondo Massimo Carella, biologo genetista e vice-direttore scientifico della stessa fondazione foggiana, possono aiutare per «differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili. Questo approccio», afferma, «può essere esteso anche ad altri vaccini ideati contro altre malattie, nell’ottica di una vaccinazione di precisione supportata dalla vaccinogenomica». La forza di questo progetto di ricerca «sta nella fattiva collaborazione fra i vari partner e nel suo approccio multicentrico», rimarca Raffaella Brugnoni, ricercatore sanitario presso il dipartimento di ricerca e sviluppo clinico dell’Istituto Besta. «Si tratta di un esempio di come le diverse comunità scientifiche possano collaborare per il progresso della ricerca e del benessere comune».I ricercatori hanno già in programma di condividere i dati con altri gruppi internazionali per personalizzare l’impiego dei vaccini nelle diverse popolazioni del mondo, per campagne vaccinali più mirate, soprattutto per i soggetti più fragili, cosa molto utile, visto che la moltiplicazione delle vaccinazioni è il nuovo mantra dei sistemi sanitari e di Big Pharma. Intanto, nonostante le evidenze, chi ha avuto danni dall’anti Covid aspetta il risarcimento.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/scienza-affonda-vaccinazioni-di-massa-2668122570.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-cina-sfratta-lo-studioso-che-sequenzio-il-virus" data-post-id="2668122570" data-published-at="1714572754" data-use-pagination="False"> La Cina sfratta lo studioso che sequenziò il virus Il professore Zhang Yongzhen, che nel gennaio del 2020 pubblicò il primo genoma completo di Sars-CoV-2, è stato sfrattato dal suo laboratorio. Un’ulteriore pressione esercitata dalle autorità cinesi nei confronti dello scienziato, che disattese l’ordine di non mettere online il sequenziamento del virus. Zhang ha scritto in un post sulla piattaforma di social media cinese Weibo di essersi recato al lavoro lo scorso fine settimana, ma le guardie gli avrebbero impedito di entrare. Il professore, per protesta, si è accampato fuori dal laboratorio «seduto su un cartone appiattito sotto una pioggia battente», come ha riferito l’agenzia di stampa Associated press.La notizia è stata ripresa dai quotidiani di tutto il mondo, che hanno mostrato le immagini dello scienziato umiliato dal governo di Pechino eppure ben determinato a non cedere a ulteriori ricatti. «Non me ne andrò, non mi arrenderò, perseguo la scienza e la verità», ha scritto in un post poi cancellato. Il Centro clinico di sanità pubblica di Shanghai cerca di minimizzare l’accaduto, affermando che non si sarebbe trattato di uno sfratto ma di una chiusura diventata urgente «per motivi di sicurezza» e che a Zhang sarebbe stato proposto un laboratorio alternativo.Lo scienziato contesta la versione ufficiale, spiega che al momento dello sfratto non gli erano state sottoposte alternative e che la struttura, dove dovrebbe spostarsi assieme al suo team, non soddisfa gli standard di sicurezza per condurre la ricerca. L’attività di ricerca del professore e del suo team è stata ostacolata da quando rese nota la sequenza del nuovo coronavirus, permettendo la messa a punto di kit diagnostici in tutto il mondo.I ricercatori dello Shanghai public clinical health center, diretto dal virologo Zhang Yongzhen, decodificarono in meno di 40 ore una sequenza genomica del virus e il 5 gennaio 2020 avvisarono le autorità sanitarie cinesi che erano urgenti misure pubbliche di emergenza. «Ho capito che questo virus è strettamente correlato alla Sars, probabilmente per l’80%. Quindi, certamente, era molto pericoloso», raccontò il professore in un’intervista esclusiva al Time. Altri laboratori la decodificarono, a tutti fu proibito di divulgare informazioni ma solo lo scienziato oggi cacciato dal suo centro decise di pubblicare, l’11 gennaio, una sequenza sul sito virological.org, usato dai ricercatori.Il giorno dopo, come «punizione», le autorità cinesi chiusero temporaneamente il centro di salute pubblica dove lavoravano.Fu solo l’inizio di una serie di ritorsioni. Venne rimosso dall’incarico al Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie e gli è stato impedito di lavorare con alcuni dei suoi ex partner. Edward Holmes, suo collaboratore e virologo dell’Università di Sydney, il ricercatore che l’11 gennaio 2020 aveva materialmente pubblicato il genoma su permesso del professore, sostiene che «da quando Zhang ha sfidato le autorità c’è stata una campagna contro di lui. È stato distrutto».
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».






