2023-01-06
Schiaffo postumo a Biden. Il leader Usa resta a casa e paga la linea filo aborto
Joe Biden (Drew Angerer/Getty Images)
Il presidente americano assente alla cerimonia per volontà dello stesso Benedetto XVI. Uno smacco simbolico, che può ridare forza all’ala ratzingeriana del clero statunitense.Anche nel momento dell’ultimo saluto al mondo, Benedetto XVI non ha rinunciato a mandare un messaggio chiarissimo all’uomo più potente del mondo: Joe Biden. Pur essendo il secondo presidente cattolico della storia americana, il leader della Casa Bianca non si è recato ieri ai funerali di Ratzinger, in linea, secondo quanto riferito dalla stessa Casa Bianca, «con i desideri del papa defunto e del Vaticano». Il che sembrerebbe suonare un po’ come uno schiaffo postumo (anche perché, come il presidente polacco Andrzej Duda, Biden avrebbe potuto teoricamente partecipare alle esequie in forma non ufficiale). Joseph Ratzinger non ha intrattenuto dei rapporti esattamente idilliaci con il Partito democratico americano. Pur essendosi sempre detto contrario a un’indebita commistione tra religione e potere politico, egli ha al contempo difeso la dimensione pubblica della fede. Una posizione che cozza con l’impostazione del cattolicesimo kennediano, oggi ancora molto in voga dalle parti dell’Asinello, che vorrebbe derubricare quella stessa fede a fattore esclusivamente privato. È in questo senso che va quindi letta la nota che Ratzinger emise ai tempi della campagna presidenziale statunitense del 2004: una nota in cui l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio dichiarò che fosse inammissibile dare la comunione ai politici cattolici esplicitamente abortisti (come era l’allora candidato dem John Kerry). La situazione non migliorò con l’avvento di Barack Obama alla Casa Bianca. Si registrarono infatti delle tensioni soprattutto in riferimento alla sezione dell’Obamacare dedicata alla copertura obbligatoria per i contraccettivi: un elemento, questo, che fece scendere in campo l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, come uno dei principali critici di quella misura. Non solo: Joe Biden ha raccontato a luglio di aver rimproverato Benedetto XVI, in occasione di un incontro con lui avuto da vicepresidente, per aver aperto un’inchiesta sulle posizioni dottrinali e pastorali controverse della Leadership Conference of Women Religious. Questa situazione generale ha rafforzato il passaggio di molti cattolici al Partito repubblicano: un processo che era già iniziato negli anni ’80 ai tempi di Giovanni Paolo II e che è proseguito durante il pontificato di Ratzinger. Da rilevare che, al netto dei dissidi con il progressismo americano, Benedetto XVI fu molto amato da parte consistente dei cattolici d’Oltreatlantico, come testimoniato dal suo viaggio apostolico negli Stati Uniti del 2008. Nel 2021, l’allora presidente della conferenza episcopale, Jose Gomez, aveva criticato Biden per le sue posizioni pro aborto e, prima di uno stop de facto arrivato dalla Santa sede, era pronto ad appoggiare un documento per negargli l’accesso all’eucarestia. D’altronde, era lo scorso agosto quando il National Catholic Register sottolineò che, nel concistoro di allora, papa Francesco aveva evitato di dare la berretta cardinalizia a Gomez, per concederla invece a Robert McElroy: vescovo di San Diego dalle vedute notevolmente progressiste. La conferenza episcopale continua tuttavia a mantenere in maggioranza una posizione essenzialmente ratzingeriana, come dimostrato dall’elezione a presidente, lo scorso novembre, di Timothy Broglio. E proprio la scomparsa di Ratzinger potrebbe ridare fiato e necessità di rappresentanza a questa ala della Chiesa americana. Nominato Ordinario militare per gli Stati Uniti da Benedetto XVI nel 2007, Broglio è noto per le sue posizioni non certo in linea con il cattolicesimo progressista statunitense, che si compatta storicamente attorno alla rivista gesuita America Magazine e alla testata Catholic National Reporter, oltre a trovare i propri punti di riferimento politici in figure come Nancy Pelosi, Kerry e lo stesso Biden. Non a caso, il cattolicesimo liberal d’Oltreatlantico, oltre a negare la dimensione pubblica della fede, batte molto sui temi dell’accoglienza migratoria e del cambiamento climatico: temi a cui oggi la Santa Sede risulta particolarmente sensibile. I critici sostengono che l’ala (semplicisticamente) definita «conservatrice» della Chiesa americana sarebbe fissata con la «culture war», risulterebbe collusa con settori politici repubblicani e ricchi finanziatori, oltre a rappresentare l’epicentro dell’opposizione a Papa Francesco. Ora, occorre qualche precisazione. Innanzitutto non si riscontra un totale allineamento con il Partito repubblicano: pur apprezzando la sua azione sui temi etici, Gomez in passato criticò Donald Trump sul fronte delle politiche migratorie. In secondo luogo, è indubbio che svariati cardinali statunitensi creati da Papa Francesco sono progressisti (dallo stesso McElroy a Joseph Tobin, passando per Wilton Gregory) e che l’ala ratzingeriana della Chiesa americana si sta pertanto riducendo nel sacro collegio. In terzo luogo, va detto che Biden sta guidando un’amministrazione decisamente pro aborto. Un elemento, questo, che lo ha rapidamente portato in rotta di collisione con gran parte della conferenza episcopale d’Oltreatlantico.E attenzione, perché il confronto non è solo sui temi etici e sulla dimensione pubblica della fede. Emergono anche dei dossier geopolitici. I ratzingeriani americani non amano affatto la controversa intesa siglata dal Vaticano con la Repubblica popolare cinese nel 2018: un’intesa, rinnovata già due volte e caldamente sponsorizzata da potenti ambienti cattolici progressisti, come la Compagnia di Gesù e la Comunità di Sant’Egidio (il cui peso nella diplomazia vaticana sta man mano crescendo in nome di un orientamento terzomondista). Ora, il cardinale Raymond Burke definì quell’accordo «inconcepibile» e anche il collega Joseph Zen -da sempre molto vicino a Benedetto XVI e presente ieri ai suoi funerali- l’ha ripetutamente avversato. Posizioni, queste, condivise dall’ex segretario di Stato americano (e possibile candidato presidenziale repubblicano) Mike Pompeo, che -in un’intervista rilasciata a maggio proprio alla Verità - ribadì il suo «no» all’accordo sino-vaticano, spendendo parole positive per Zen. D’altronde, una strenua opposizione a quell’intesa è condotta anche dalla Heritage Foundation: think tank statunitense che vanta significativi legami con il Partito repubblicano. La morte di Benedetto XVI potrebbe portare alla luce tensioni finora rimaste (relativamente) sotterranee. Tanto più che, a ottobre si aprirà il sinodo sulla sinodalità: sinodo che si dipanerà tra il 2023 e il 2024, in sostanziale coincidenza con la campagna elettorale per le prossime presidenziali americane. Un fattore che potrebbe portare a ulteriori spaccature nella conferenza episcopale statunitense e nello stesso mondo politico americano, visto che, oltre al presidente in carica, ad essere cattolico è anche uno dei possibili candidati presidenziali repubblicani: quel Ron DeSantis, che, secondo quanto risulta alla Verità, intratterrebbe solidi rapporti con Burke. Insomma, qualcosa potrebbe iniziare presto a muoversi nel mondo ratzingeriano al di là e al di qua dell’Atlantico.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)