2023-11-11
Schiaffo della Corte agli appelli italiani. Per le toghe inglesi deve morire subito
Confermato lo stop ai supporti vitali, probabilmente già da oggi Il padre della piccola: «Decisione difficile da accettare». Indi Gregory dovrà morire lunedì prossimo. Così, nel pomeriggio di ieri, ha deciso la Corte d’Appello britannica, fissando al primo giorno della prossima settimana l’estubazione della bimba inglese di otto mesi affetta da una malattia del Dna mitocondriale i cui medici, nel suo «best interest», chiedono da tempo di toglierle il respiratore; nel verdetto, i giudici hanno altresì rifiutato l’autorizzazione al ricorso e un possibile cambio di giurisdizione in favore del giudice italiano. Ieri, in serata, Simone Pillon ha ventilato l’ipotesi di un anticipo della condanna: «Sembra che vogliano staccare tutto già domani portando la bambina all'Hospice. Io non ho parole. Se così fosse non ci sarebbe più tempo per nulla...», ha scritto su X. La decisione è giunta dopo un’udienza che era iniziata alle 13 e che ha visto gli avvocati di Dean Gregory e Claire Staniforth battersi con forza su più aspetti della vicenda; anzitutto, evidenziando le contraddizioni dell’Alta Corte, che ha visto il giudice Robert Peel - che prima aveva accordato ai genitori la facoltà di portare la bambina a casa per l’attuazione del protocollo di fine-vita - cambiare idea, stabilendo che Indi deve morire al Queen's Medical Center di Nottingham, dove si trova, «o in un hospice ma, non a casa»; il tutto senza che gli stessi medici avessero da segnalare alcun aggravio del quadro clinico della piccola paziente.Senza risparmiare critiche all’operato dell’ospedale, i legali dei Gregory hanno poi richiamato all’attenzione del terzetto dei giudici d’Appello - composto da Eleanor King, Andrew Moylan e Peter Jackson - anche il tema della giurisdizione, postosi da che Indi è cittadina italiana. Argomenti che però ieri la Corte d’Appello, dopo una camera di consiglio in realtà non rapidissima e che poteva alimentar speranze, ha ritenuto non fondati. In particolare, il già citato giudice Jackson, pur riconoscendo che sul tema della giurisdizione dovrà decidere l’Alta Corte, ha definito l’intervento tentato ai sensi della Convenzione dell’Aia «non nello spirito della Convenzione». I giudici hanno inoltre affermato che i tribunali inglesi sono nella posizione migliore per valutare il «miglior interesse» di Indi Gregory, motivo per cui non sarebbe necessario un tribunale italiano. Questi i fatti, anche se da qui a lunedì mancano 48 ore che potrebbero rivelarsi preziose. L’ha confermato alla Verità l’avvocato Simone Pillon - incaricato dalla famiglia Gregory di curare gli interessi della figlia in Italia -, segnalando che intanto ci sono già attive altre due procedure. Anzitutto c’è quella che, su richiesta dei genitori della bambina, ha visto attivarsi il console italiano a Manchester, Matteo Corradini, nella sua funzione di giudice tutelare della stessa, ai sensi dell’articolo 9 comma 2 della Convenzione dell’Aia per la protezione dei minori del 1996, che riguarda «competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori».In secondo luogo, Pillon ha evidenziato come la presidenza del Consiglio abbia anch’essa attivato una procedura. Giovedì la presidenza del Consiglio, nella sua qualità di Autorità centrale prevista dalla Convenzione dell’Aja, ha scritto alla corrispondente autorità britannica e per conoscenza al primo ministro britannico e al ministero della giustizia del Regno Unito. Nella lettera, firmata da Giorgia Meloni, si richiama un altro articolo della Convenzione, il 32 paragrafo 1, lettera b. Esso che, appunto, recita che «su richiesta motivata dell’Autorità centrale o di un’altra autorità competente di uno Stato contraente con il quale il minore abbia uno stretto legame, l’Autorità centrale dello Stato contraente in cui il minore ha la sua residenza abituale e in cui si trova» potrà «chiedere all’autorità competente del suo Stato di esaminare l’opportunità di adottare misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore». Il governo Meloni, che lunedì ha concesso la cittadinanza onoraria a Indi Gregory, ha fatto insomma un altro passo in avanti per aiutarla, rivolgendosi direttamente all’esecutivo di Rishi Sunak. Non è tutto. Sul tavolo c’è anche una terza opzione. L’avvocato Pillon ha difatti raccontato che da ieri si lavora «a un nuovo percorso per cercare di salvare la bambina, rispetto al quale», oggi, «dovrebbero esserci sviluppi importanti». Di più al momento non è dato sapere al riguardo. Nel frattempo, sempre ieri, sulla vicenda della bambina inglese, si è fatta avanti - ottenendo subito il ringraziamento della famiglia Gregory - Carla Garlatti, l’Autorità nazionale italiana per l’infanzia e l’adolescenza (Aiga). L’Aiga ha infatti scritto d’urgenza all’omologa britannica, ponendo vari quesiti ispirati a quanto sta accadendo. Si sono infatti richiesti all’autorità inglese lumi «sull’equilibrio tra l’esclusione di qualsiasi accanimento terapeutico da un lato e il necessario mantenimento dei supporti vitali dall’altro» con esplicito riferimento anche al «modo in cui i diritti dei bambini sono tutelati e garantiti nel Regno Unito, anche quando soffrono di malattie gravi e incurabili». A livello legale, istituzionale e di autorità garanti lo sforzo dell’Italia è insomma ora totale per provare a salvare la vita a Indi Gregory.