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2020-10-15
Schiaffo del giudice sportivo alla serie Asl
Getty Images
L'eventualità di trasformare la Serie A di calcio nella Serie Asl, innescando ripercussioni sportive e politiche, c'era. Ma rimane nell'iperuranio delle ipotesi archiviate. È arrivata ieri, dopo otto giorni di attesa, la decisione del giudice sportivo Gerardo Mastrandrea circa l'esito della partita Juventus - Napoli. In calendario il 4 ottobre scorso, non era stata disputata per l'assenza della squadra partenopea, bloccata dalle Asl regionali a causa della positività dei calciatori Zielinski e Elmas. Risultato: 3-0 a tavolino per i bianconeri e un punto di penalizzazione in campionato per i campani. Si tratta di una decisione di primo grado nei confronti della quale il Napoli ricorrerà alla Corte d'Appello Federale, ma per il momento il precedente giuridico ha un significato lampante: i protocolli anti-Covid stabiliti dalla Figc e dal Cts sono la linea guida di riferimento anche nei confronti della discrezionalità decisionale delle istituzioni sanitarie locali. Nel merito dei fatti, Mastandrea dice: «La nota della Asl Napoli 1 inviata venerdì (quando era già emersa la positività del napoletano Zielinski e, a distanza ravvicinata, del compagno di club Elmas, ndr) al medico sociale del Napoli dichiarava in maniera chiara e inequivocabile che la responsabilità nell'attuare i protocolli previsti dalla Figc per il contenimento dell'epidemia da Covid 19 è in capo alla società Napoli e pertanto l'Azienda sanitaria locale non ha alcuna competenza». E ancora: «I pronunciamenti descritti dalle Asl delineano un quadro che non appare affatto incompatibile con l'applicazione delle norme specifiche dell'apposito Protocollo sanitario Figc e quindi con la possibilità di disputare l'incontro di calcio programmato a Torino». Mastandrea sottolinea come la prima parte della corrispondenza tra la dirigenza del Napoli e le Asl non avesse un significato ostativo nei confronti della partenza della squadra per lo Juventus Stadium. Soltanto domenica pomeriggio, quando ormai non sarebbe stato possibile raggiungere il campo da gioco nei tempi previsti, le indicazioni delle Asl assumevano connotati prescrittivi. Ma il Napoli, si legge nella nota, avrebbe dovuto tentare di percorrere «tutte le strade astrattamente possibili» per la buona riuscita della trasferta, attenendosi alle norme Figc emanate nel mese di giugno. La decisione del giudice sportivo, pur rimanendo nell'alveo di una controversia di pallone, portava in dote cascami politici evidenti. Molti gli indizi nell'aria a certificarlo. Da un lato, gli otto giorni di tempo per ufficializzare una deliberazione che in una situazione di normalità sarebbe stata formalizzata nell'arco di 48 ore al massimo. Poi i commenti quasi sibillini del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, che auspicava una decisione figlia della «saggezza», e la parola saggezza, così generica e eterea, in un contesto simile, avrebbe potuto essere interpretabile in maniera non univoca, magari per qualcuno pure non del tutto favorevole all'applicazione tassativa delle norme. Non scordando le affermazioni del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, a ridosso delle elezioni regionali della Campania, tutte a favore del governatore rieletto Vincenzo De Luca: «Il Napoli sostiene De Luca alle Regionali, è l'uomo migliore del momento», aveva scritto sui social il numero uno della compagine calcistica partenopea. De Luca, successivamente, non aveva tardato a difendere la decisione del Napoli di non schierare la squadra nel match contro la Juve: «Ci sono stati due giocatori positivi al coronavirus. Le Asl vengono investite del problema e fanno quello che prevede la legge. Mettono in isolamento domiciliare i contatti stretti, per fare i tamponi, e assicurarsi che siano negativi. Qui interviene una complicazione: la Federcalcio ha un protocollo in deroga rispetto alle disposizioni relative ai positivi del ministero della Salute e della regione. Nasce un polverone. Il protocollo è un atto privato che non conta niente dal punto di vista sanitario. I giocatori, sul piano sanitario, sono sottoposto alle stesse regole dei cittadini italiani», aveva affermato il presidente della regione Campania, indossando l'usbergo di paladino della discrezionalità territoriale. In tempi in cui tira l'aria di un'ennesima reclusione forzata per i cittadini, con il virologo Andrea Crisanti che quasi si sfrega le mani nel vaticinare un possibile confinamento domestico per tutti in vista del Natale, si comprende come la posta in gioco, oltre che sportiva, fosse politica e sociale. La decisione assunta dal giudice sportivo di Lega Mastandrea sigla un precedente. Nel futuro, in qualunque caso, il protocollo previsto dalla Figc per la gestione del calcio in tempi di Covid sarà l'unico testo a cui attenersi. Chi farà riferimento alle aziende sanitarie locali e non schiererà la propria squadra, perderà la partita a tavolino. La discussione è destinata a tornare con ciclicità, considerato il bollettino degli atleti contagiati. Proprio sul fronte Juventus, l'altro ieri è giunta la notizia della positività di Cristiano Ronaldo, che ieri ha deciso di salire a bordo di un aereo privato e tornare in Italia dal ritiro della nazionale portoghese dove si trovava in isolamento, per trascorrere i dieci giorni di quarantena a Torino. Non è l'unico calciatore bianconero ad aver contratto il Covid. Ieri il tampone ha dato esito positivo anche al centrocampista statunitense Weston McKennie. Tutta la squadra è tornata da ieri sera in isolamento fiduciario al JHotel.
È record di nuovi casi: sono 7.332. Ma con oltre 152.000 tamponi fatti
In Italia non ci sono mai stati così tanti contagi in 24 ore. Ieri sono stati 7.332 (martedì erano stati 5.901), che portano il totale a 372.799. Il picco massimo di +6.557 nuovi casi era stato registrato il 21 marzo scorso a fronte però di un numero basso di tamponi, ossia 26.336, quindi in situazioni non paragonabili. Nell'ultimo giorno sono stati 152.196 e, in sostanza, il 5% dei «tamponati» è risultato positivo. Le vittime sono state 43, due di più rispetto a martedì, cifra che porta il totale a 36.289 dall'inizio della pandemia. Aumentano anche le persone ricoverate in ospedale: 394 in più rispetto a martedì, 5.470 in totale. Allo stesso modo crescono i pazienti in terapia intensiva: ieri erano 539, con un incremento di 25. Va però detto che, rispetto a martedì, i guariti e dimessi sono stati 2.037, con una forte crescita rispetto ai 1.428 di 24 ore prima. Migliora anche la percentuale dei positivi in rapporto ai tamponi effettuati (4,82%, contro il 5,24% di due giorni fa). Inoltre i nuovi ricoveri in terapia intensiva sono meno della metà di quelli del giorno precedente: 25 contro 62.
Attenzione alla Lombardia e in particolare ai positivi di Milano, che ieri si sono attestati a 504 sul totale di 1.844. Numero record anche per i morti di ieri: 17. Dei 1.844 nuovi positivi 189 sono «debolmente positivi» e 13 sono stati rilevati a seguito di test sierologico. I guariti o dimessi dagli ospedali sono 865, che portano il totale a 84.415, di cui 1.522 dimessi e 82.893 guariti. Secondo i dati comunicati dalla Regione Lombardia, ci sono 2 nuovi ricoveri in terapia intensiva per un totale di 64. Come ha spiegato ieri Antonio Pesenti, coordinatore dell'Unità di crisi della Regione per le terapie intensive «in Lombardia sono 150 i posti letto in terapia intensiva previsti nei vari hub destinati a ricevere i malati di Covid. Se si dovessero riempire tutti, il progetto della Regione è di riaprire l'ospedale della Fiera di Milano».
I ricoverati non in terapia intensiva sono 645, e cioè 99 in più rispetto a martedì. I tamponi effettuati sono 29.048: il tasso di positività (nuovi casi/tamponi) è del 6,3%. Proprio la massiccia attività di tracciamento, «ha permesso di individuare un numero molto alto di casi positivi» ha spiegato il direttore generale dell'assessorato al Welfare, Marco Trivelli. A fronte di queste evoluzioni, il direttore generale ha sottolineato che «insieme ai direttori generali delle Ats, Asst e Irccs delle Lombardia, e con i rappresentanti delle associazioni di categoria degli ospedali privati accreditati, stiamo lavorando per disporre un rapido incremento della disponibilità di posti letto dedicati ai pazienti Covid, in linea con quanto prevede il Piano regionale».
Inoltre «sarà ulteriormente rafforzata l'attenzione della rete dei servizi e degli interventi territoriali sui cittadini più esposti: 1.212 dei positivi odierni sono persone con meno di 50 anni. Di questi, 297 sono minorenni». Tuttavia, «il 92% dei positivi», ha aggiunto Trivelli, «manifesta pochi sintomi o addirittura nessuno».
Anche in Toscana ieri si sono registrati numeri record: 575 nuovi casi positivi al Covid-19. I nuovi casi sono il 3% in più rispetto al totale del giorno precedente. Si sale così complessivamente a 19.681 contagiati. L'età media dei 575 casi di ieri è di 42 anni circa (il 19% ha meno di 20 anni, il 27% tra 20 e 39 anni, il 29% tra 40 e 59 anni, il 21% tra 60 e 79 anni, il 4% ha 80 anni o più). I morti sono 2, età media 81 anni, entrambi di Pisa. In Veneto i contagi aumentano in maniera significativa, ma i ricoveri sono stabili, anzi in leggerissima flessione. Nella regione si registrano 657 positivi nelle ultime 24 ore e nessuna vittima. Salgono invece nettamente sia i soggetti in isolamento domiciliare, 12.834 (+1.151), sia gli attualmente positivi, 7.182 (+527).
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Riduci
Arriva l'atteso responso sulla partita di Torino: vittoria per 3-0 alla Juventus, un punto di penalizzazione ai campani non presentatisi. Intanto Cristiano Ronaldo rientra dal Portogallo con volo privato: farà la quarantena in Italia. Contagiato Weston McKennie, bianconeri in isolamento.È record di nuovi casi. Migliora la percentuale dei positivi. Allerta in Lombardia, però il 92% è asintomatico.Lo speciale contiene due articoli.L'eventualità di trasformare la Serie A di calcio nella Serie Asl, innescando ripercussioni sportive e politiche, c'era. Ma rimane nell'iperuranio delle ipotesi archiviate. È arrivata ieri, dopo otto giorni di attesa, la decisione del giudice sportivo Gerardo Mastrandrea circa l'esito della partita Juventus - Napoli. In calendario il 4 ottobre scorso, non era stata disputata per l'assenza della squadra partenopea, bloccata dalle Asl regionali a causa della positività dei calciatori Zielinski e Elmas. Risultato: 3-0 a tavolino per i bianconeri e un punto di penalizzazione in campionato per i campani. Si tratta di una decisione di primo grado nei confronti della quale il Napoli ricorrerà alla Corte d'Appello Federale, ma per il momento il precedente giuridico ha un significato lampante: i protocolli anti-Covid stabiliti dalla Figc e dal Cts sono la linea guida di riferimento anche nei confronti della discrezionalità decisionale delle istituzioni sanitarie locali. Nel merito dei fatti, Mastandrea dice: «La nota della Asl Napoli 1 inviata venerdì (quando era già emersa la positività del napoletano Zielinski e, a distanza ravvicinata, del compagno di club Elmas, ndr) al medico sociale del Napoli dichiarava in maniera chiara e inequivocabile che la responsabilità nell'attuare i protocolli previsti dalla Figc per il contenimento dell'epidemia da Covid 19 è in capo alla società Napoli e pertanto l'Azienda sanitaria locale non ha alcuna competenza». E ancora: «I pronunciamenti descritti dalle Asl delineano un quadro che non appare affatto incompatibile con l'applicazione delle norme specifiche dell'apposito Protocollo sanitario Figc e quindi con la possibilità di disputare l'incontro di calcio programmato a Torino». Mastandrea sottolinea come la prima parte della corrispondenza tra la dirigenza del Napoli e le Asl non avesse un significato ostativo nei confronti della partenza della squadra per lo Juventus Stadium. Soltanto domenica pomeriggio, quando ormai non sarebbe stato possibile raggiungere il campo da gioco nei tempi previsti, le indicazioni delle Asl assumevano connotati prescrittivi. Ma il Napoli, si legge nella nota, avrebbe dovuto tentare di percorrere «tutte le strade astrattamente possibili» per la buona riuscita della trasferta, attenendosi alle norme Figc emanate nel mese di giugno. La decisione del giudice sportivo, pur rimanendo nell'alveo di una controversia di pallone, portava in dote cascami politici evidenti. Molti gli indizi nell'aria a certificarlo. Da un lato, gli otto giorni di tempo per ufficializzare una deliberazione che in una situazione di normalità sarebbe stata formalizzata nell'arco di 48 ore al massimo. Poi i commenti quasi sibillini del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, che auspicava una decisione figlia della «saggezza», e la parola saggezza, così generica e eterea, in un contesto simile, avrebbe potuto essere interpretabile in maniera non univoca, magari per qualcuno pure non del tutto favorevole all'applicazione tassativa delle norme. Non scordando le affermazioni del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, a ridosso delle elezioni regionali della Campania, tutte a favore del governatore rieletto Vincenzo De Luca: «Il Napoli sostiene De Luca alle Regionali, è l'uomo migliore del momento», aveva scritto sui social il numero uno della compagine calcistica partenopea. De Luca, successivamente, non aveva tardato a difendere la decisione del Napoli di non schierare la squadra nel match contro la Juve: «Ci sono stati due giocatori positivi al coronavirus. Le Asl vengono investite del problema e fanno quello che prevede la legge. Mettono in isolamento domiciliare i contatti stretti, per fare i tamponi, e assicurarsi che siano negativi. Qui interviene una complicazione: la Federcalcio ha un protocollo in deroga rispetto alle disposizioni relative ai positivi del ministero della Salute e della regione. Nasce un polverone. Il protocollo è un atto privato che non conta niente dal punto di vista sanitario. I giocatori, sul piano sanitario, sono sottoposto alle stesse regole dei cittadini italiani», aveva affermato il presidente della regione Campania, indossando l'usbergo di paladino della discrezionalità territoriale. In tempi in cui tira l'aria di un'ennesima reclusione forzata per i cittadini, con il virologo Andrea Crisanti che quasi si sfrega le mani nel vaticinare un possibile confinamento domestico per tutti in vista del Natale, si comprende come la posta in gioco, oltre che sportiva, fosse politica e sociale. La decisione assunta dal giudice sportivo di Lega Mastandrea sigla un precedente. Nel futuro, in qualunque caso, il protocollo previsto dalla Figc per la gestione del calcio in tempi di Covid sarà l'unico testo a cui attenersi. Chi farà riferimento alle aziende sanitarie locali e non schiererà la propria squadra, perderà la partita a tavolino. La discussione è destinata a tornare con ciclicità, considerato il bollettino degli atleti contagiati. Proprio sul fronte Juventus, l'altro ieri è giunta la notizia della positività di Cristiano Ronaldo, che ieri ha deciso di salire a bordo di un aereo privato e tornare in Italia dal ritiro della nazionale portoghese dove si trovava in isolamento, per trascorrere i dieci giorni di quarantena a Torino. Non è l'unico calciatore bianconero ad aver contratto il Covid. Ieri il tampone ha dato esito positivo anche al centrocampista statunitense Weston McKennie. Tutta la squadra è tornata da ieri sera in isolamento fiduciario al JHotel.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/schiaffo-del-giudice-sportivo-alla-serie-asl-2648214436.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-record-di-nuovi-casi-sono-7-332-ma-con-oltre-152-000-tamponi-fatti" data-post-id="2648214436" data-published-at="1602746097" data-use-pagination="False"> È record di nuovi casi: sono 7.332. 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Migliora anche la percentuale dei positivi in rapporto ai tamponi effettuati (4,82%, contro il 5,24% di due giorni fa). Inoltre i nuovi ricoveri in terapia intensiva sono meno della metà di quelli del giorno precedente: 25 contro 62. Attenzione alla Lombardia e in particolare ai positivi di Milano, che ieri si sono attestati a 504 sul totale di 1.844. Numero record anche per i morti di ieri: 17. Dei 1.844 nuovi positivi 189 sono «debolmente positivi» e 13 sono stati rilevati a seguito di test sierologico. I guariti o dimessi dagli ospedali sono 865, che portano il totale a 84.415, di cui 1.522 dimessi e 82.893 guariti. Secondo i dati comunicati dalla Regione Lombardia, ci sono 2 nuovi ricoveri in terapia intensiva per un totale di 64. Come ha spiegato ieri Antonio Pesenti, coordinatore dell'Unità di crisi della Regione per le terapie intensive «in Lombardia sono 150 i posti letto in terapia intensiva previsti nei vari hub destinati a ricevere i malati di Covid. Se si dovessero riempire tutti, il progetto della Regione è di riaprire l'ospedale della Fiera di Milano». I ricoverati non in terapia intensiva sono 645, e cioè 99 in più rispetto a martedì. I tamponi effettuati sono 29.048: il tasso di positività (nuovi casi/tamponi) è del 6,3%. Proprio la massiccia attività di tracciamento, «ha permesso di individuare un numero molto alto di casi positivi» ha spiegato il direttore generale dell'assessorato al Welfare, Marco Trivelli. A fronte di queste evoluzioni, il direttore generale ha sottolineato che «insieme ai direttori generali delle Ats, Asst e Irccs delle Lombardia, e con i rappresentanti delle associazioni di categoria degli ospedali privati accreditati, stiamo lavorando per disporre un rapido incremento della disponibilità di posti letto dedicati ai pazienti Covid, in linea con quanto prevede il Piano regionale». Inoltre «sarà ulteriormente rafforzata l'attenzione della rete dei servizi e degli interventi territoriali sui cittadini più esposti: 1.212 dei positivi odierni sono persone con meno di 50 anni. Di questi, 297 sono minorenni». Tuttavia, «il 92% dei positivi», ha aggiunto Trivelli, «manifesta pochi sintomi o addirittura nessuno». Anche in Toscana ieri si sono registrati numeri record: 575 nuovi casi positivi al Covid-19. I nuovi casi sono il 3% in più rispetto al totale del giorno precedente. Si sale così complessivamente a 19.681 contagiati. L'età media dei 575 casi di ieri è di 42 anni circa (il 19% ha meno di 20 anni, il 27% tra 20 e 39 anni, il 29% tra 40 e 59 anni, il 21% tra 60 e 79 anni, il 4% ha 80 anni o più). I morti sono 2, età media 81 anni, entrambi di Pisa. In Veneto i contagi aumentano in maniera significativa, ma i ricoveri sono stabili, anzi in leggerissima flessione. Nella regione si registrano 657 positivi nelle ultime 24 ore e nessuna vittima. Salgono invece nettamente sia i soggetti in isolamento domiciliare, 12.834 (+1.151), sia gli attualmente positivi, 7.182 (+527).
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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